"Oxygène" di Alexandre Aja. Con Mélanie Laurent, Mathieu Amalric, Malik Zidi, Mark Saez, Laura Boujena. USA, Francia 2021 ★★+
A conferma che l'esposizione al vàirus che dura ormai da 15 mesi ha colpito inesorabilmente la psiche degli umani, ecco un altro claustrofobico film tra fantascienza e thriller che, come il recente Estraneo a bordo, ruota attorno alla carenza di ossigeno, in seguito a un guasto, che mette in pericolo la vita dell'equipaggio di una navicella spaziale. Qui però la protagonista è unica: la brava Mélanie Laurent, già eroina di Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, su cui regge l'intera pellicola e che ne è anche l'unico aspetto davvero positivo, laddove nell'altro film citato le interpretazioni erano di livello penoso. Come in molti film di fantascienza la confusione regna sovrana e si fatica a seguire il filo, e forse non è nemmeno essenziale: quel che importa è il conto alla rovescia in tempo reale, quando una donna si sveglia in una capsula criogenica (qualsiasi cosa questo significhi) senza avere la minima idea di dove si trovi e sprovvista di memoria. L'unico suo interlocutore è MILO, il computer e assistente di bordo che l'aiuta (ma anche l'inganna) nel tentare di scavare nella sua memoria per trovare una soluzione. Man mano scopre di chiamarsi Elizabeth Hansen e di essere una scienziata, le immagini che a tratti compaiono nella sua sia mente la riportano a scorci del passato e alla vita matrimoniale con tale Léo, ma potrebbero anche trattarsi di allucinazioni, perché parrebbe che fosse scomparso in seguito a una pandemia (ma guarda caso) che aveva colpito l'umanità. Il tempo scorre inesorabile, tra elucubrazioni della mente e sospetti di essere manipolati da MILO (inevitabile ricordarsi di HAL in 2001 Odissea nello spazio), colloqui telefonici con la terra (situata a 68 mila chilometri di distanza), fino a scoprire di fare parte di un equipaggio "dormiente" spedito a colonizzare un pianeta distante 14 anni luce dalla terra e, infine, di essere nient'altro che un clone di sé stessa, che era la genetista che aveva reso possibile il trasferimento di memoria tra esseri viventi dopo averlo sperimentato sui ratti. Spazi ristretti; ansia da soffocamento, stati allucinatori; capsule che ricordano nella forma dei telefoni cellulari; non c'è alcun dubbio che l'esperienza del Covid-19 abbia lasciato il segno nella fantasia di autori e regista, a cui però si deve la creazione di inquadrature e immagini suggestive e un uso della macchina da presa non dozzinale che fanno in parte perdonare le soluzioni cervellotiche adottate. Vedibile in streaming su Netflix, quantomeno è guardabile, ma non arriva alla sufficienza.
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