"Est - Dittatura Last Minute" di Antonio Pisu. Con Matteo Gatta, Lodo Guenzi, Jacopo Costantini, Paolo Rossi Pisu, Ioana Flora, Ana Ciontea, Liviu Cheloiu e altri. Italia 2020 ★★★+
Il tema della scoperta del mondo a Est dei nostri confini, al di là di quella che fino al 1989 era la Cortina di Ferro, non è nuovo nel cinema italiano degli anni più recenti, e ha a che fare da un lato con il provincialismo e la profonda ignoranza di materie come storia e geografia, dall'altra con la stupefazione davanti a una realtà, quella della gente normale, che comunque era differente sia da quella che veniva raccontata dalla propaganda comunista da un lato, sia da quella rinfacciata dai suoi avversari e che comunque aveva molto a che fare con quello che eravamo anche noi solo qualche decennio prima. Ciò che è diverso in quello che è stato definito l'ennesimo road movie su questo tema, è il basarsi su una vicenda vera, una vacanza organizzata nell'ottobre del 1989 da tre amici ventiquattrenni di Cesena prima dell'imminente crollo del Muro e di tutte le frontiere inter-europee, una classica "zingarata" con la scusa di fare qualche commercio nei mercatini che si tenevano nei Paesi dell'allora Patto di Varsavia in piena crisi economica e di regime: molti ricorderanno delle facili conquiste di cui si favoleggiava negli anni Settanta e Ottanta portandosi dietro in valigia collant, biancheria intima, profumi, sigarette americane, caffè, dischi, congegni elettronici e quant'altro risultava introvabile da quelle parti. Questo genere di turismo, quasi esclusivamente maschile, era peraltro tipico di quelle regioni governate dal PCI, in testa Emilia Romagna e Toscana, e non a caso: avanguardie ne furono prima i funzionari medio-piccoli dei Partitone e del mondo delle cooperative, a cui si aggiunsero in seguito imprenditori e veri e propri avventurieri (ce n'è uno anche in Est, a cui i tre ragazzi si rivolgono in un momenti di difficoltà) che vi gravitavano attorno (senza le entrature dell'apparato non si combinava niente, a Est, come ben sapevano gli Agnelli fin dai tempi del vecchio Senatore e poi di Valletta, prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale). Una vacanza, dunque, documentata dai filmati originali girati dai tre personaggi con una videocamera, che vengono inseriti in questa pellicola gradevole, prodotta con pochi mezzi ma tanta buona volontà e sincerità, da rasentare in qualche caso l'ingenuità. I tre hanno come prima meta Budapest, salvo scoprire che di fatto i confini con l'Austria, già abbattuti nell'estate (l'Ungheria era il corridoio attraverso cui i tedeschi dell'Est raggiungevano la Repubblica Federale), hanno già cambiato la faccia del Paese (peraltro storicamente avverso a tutto ciò che viene dalla Russia) e la gente poco propensa a farsi ammaliare dalle mercanzie che si erano portati dietro. Nella capitale magiara però incontrano un esule rumeno che, sentendoli progettare di proseguire verso Bucarest, li prega di recare con sé una valigia da consegnare alla sua famiglia rimasta là: il film, che non vado a raccontare, gira attorno a questa valigia, prima gettata via per paura del suo possibile contenuto, e poi ritrovata e portata ai destinatari, ed è il modo di capire davvero come vivevano i rumeni, le loro aspettative e le loro angosce in quel periodo degli ultimi, pericolosissimi colpi di coda di un regime, criminale e paranoico, quello di Ceausescu e della sua consorte, protetto dalla famigerata Securitate, l'ultimo a resistere alle presa d'atto della realtà da parte di Gorbaciov per primo e degli alleati dell'ex URSS. Considerata la scarsezza del budget e il semidilettantismo degli interpreti, il risultato è senz'altro sopra le aspettative e il film godibile, interessante e non banale.
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