"Ride" di Valerio Mastandera. Con Chiara Martegiani, Arturo Marchetti, Renato Carpentieri, Stefano Dionisi, Milena Vukotic, Lino Musella e altri. Italia 2018 ★★★½
Ero pressoché certo che l'esordio alla regia di Valerio Mastandrea non mi avrebbe deluso e sono felice di aver avuto ragione, per la stima che ho dell'attore e della persona, che mai dice e fa cose banali e che apprezzo per il senso della misura e la discrezione con cui si muove in un ambiente in cui l'esibizionismo è la regola. Passo felpato, ironia, empatia autentica nei confronti dei personaggi di una realtà periferica rispetto alla capitale come Nettuno, in preda ai postumi di un evento traumatico che li ha coinvolti e sconvolti: la morte di un giovane operaio per un incidente sul lavoro, a cui ciascuno dei parenti, amici o semplici conoscenti, reagisce a modo suo, e il regista, giustamente, sottolinea che ha il pieno diritto di farlo, senza adeguarsi a degli schemi prefissati e convenzionali. L'occhio si concentra soprattutto su Carolina, la moglie che, invece di sciogliersi in lacrime, come pur vorrebbe, non ne è capace e, per l'appunto, le scappa perfino da ridere (da qui il titolo del film), specialmente di fronte a episodi involontariamente comici che le accadono durante le visite di condoglianza che riceve nel giorno che precede i funerali, che d'altra parte diventano l'occasione, per il padre pensionato da cui la vittima aveva ricevuto, per così dire, in eredità il posto in fabbrica, e i suoi coetanei ed ex compagni di lotte sindacali, di rispolverare megafoni e bandiere rosse e rinverdire i fasti del passato; per il figlioletto di una decina d'anni, di fare le prove per un'immaginario reportage dell'evento assieme al suo amichetto del cuore, entrambi abbagliati da una futuro come inviati di telegiornali; per il fratello della vittima, diventato un piccolo delinquente in rotta con la famiglia, di vendicarsi del padre che lo considera "morto", rinfacciandogli la responsabilità di aver imposto come modello sé stesso e il suo mito di un lavoro pagato poco e pure a rischio, a cui lui si è ribellato e l'altro no. A Carolina crolla un mondo addosso e deve fare i conti con una vita completamente diversa da quella che sembrava avviata su dei binari sicuri; in più, il suo spaesamento è particolarmente pesante per il fatto che viene da "fuori", da Rimini (come del resto la brava Chiara Martegiani che la interpreta), considerata quantomeno esotica se non straniera dal chiuso e particolare ambiente del litorale romano (e qui è inevitabile sentire il richiamo del rimpianto Caligari), eppure la donna, esile e all'apparenza fragile, ha una lucidità e una forza d'animo esemplari. Mastandrea tocca con delicatezza un tema come il vuoto che produce in chi resta la scomparsa improvvisa di una persona dalla presenza forte, scontata; i meccanismi che l'evento imprevisto innesta mentre la vita, come deve, va avanti, oltre che, va da sé, ma senza enfatizzare, il dramma delle morti bianche; lo fa con attenzione, misura, un tocco di ironia e un velo di tristezza, confezionando una pellicola particolare, inconsueta, priva di enfasi ma coinvolgente. Un bravo a Mastandrea e ai colleghi attori che lo hanno accompagnato in questa avventura.
Ero pressoché certo che l'esordio alla regia di Valerio Mastandrea non mi avrebbe deluso e sono felice di aver avuto ragione, per la stima che ho dell'attore e della persona, che mai dice e fa cose banali e che apprezzo per il senso della misura e la discrezione con cui si muove in un ambiente in cui l'esibizionismo è la regola. Passo felpato, ironia, empatia autentica nei confronti dei personaggi di una realtà periferica rispetto alla capitale come Nettuno, in preda ai postumi di un evento traumatico che li ha coinvolti e sconvolti: la morte di un giovane operaio per un incidente sul lavoro, a cui ciascuno dei parenti, amici o semplici conoscenti, reagisce a modo suo, e il regista, giustamente, sottolinea che ha il pieno diritto di farlo, senza adeguarsi a degli schemi prefissati e convenzionali. L'occhio si concentra soprattutto su Carolina, la moglie che, invece di sciogliersi in lacrime, come pur vorrebbe, non ne è capace e, per l'appunto, le scappa perfino da ridere (da qui il titolo del film), specialmente di fronte a episodi involontariamente comici che le accadono durante le visite di condoglianza che riceve nel giorno che precede i funerali, che d'altra parte diventano l'occasione, per il padre pensionato da cui la vittima aveva ricevuto, per così dire, in eredità il posto in fabbrica, e i suoi coetanei ed ex compagni di lotte sindacali, di rispolverare megafoni e bandiere rosse e rinverdire i fasti del passato; per il figlioletto di una decina d'anni, di fare le prove per un'immaginario reportage dell'evento assieme al suo amichetto del cuore, entrambi abbagliati da una futuro come inviati di telegiornali; per il fratello della vittima, diventato un piccolo delinquente in rotta con la famiglia, di vendicarsi del padre che lo considera "morto", rinfacciandogli la responsabilità di aver imposto come modello sé stesso e il suo mito di un lavoro pagato poco e pure a rischio, a cui lui si è ribellato e l'altro no. A Carolina crolla un mondo addosso e deve fare i conti con una vita completamente diversa da quella che sembrava avviata su dei binari sicuri; in più, il suo spaesamento è particolarmente pesante per il fatto che viene da "fuori", da Rimini (come del resto la brava Chiara Martegiani che la interpreta), considerata quantomeno esotica se non straniera dal chiuso e particolare ambiente del litorale romano (e qui è inevitabile sentire il richiamo del rimpianto Caligari), eppure la donna, esile e all'apparenza fragile, ha una lucidità e una forza d'animo esemplari. Mastandrea tocca con delicatezza un tema come il vuoto che produce in chi resta la scomparsa improvvisa di una persona dalla presenza forte, scontata; i meccanismi che l'evento imprevisto innesta mentre la vita, come deve, va avanti, oltre che, va da sé, ma senza enfatizzare, il dramma delle morti bianche; lo fa con attenzione, misura, un tocco di ironia e un velo di tristezza, confezionando una pellicola particolare, inconsueta, priva di enfasi ma coinvolgente. Un bravo a Mastandrea e ai colleghi attori che lo hanno accompagnato in questa avventura.
Nessun commento:
Posta un commento