"Lontano da qui" (The Kindergarten Teacher) di Sara Colangelo. Con Maggie Gyllenhaal, Parker Sevak, Gael García Bernal, Anna Baryshnikov, Rosa Salazar, Michael Chernus e altri. USA 2018 ★★★★
Remake dell'omonimo film dello scrittore, sceneggiatore e regista israeliano Navad Lapid, presentato nel 2014 al Festival di Cannes, il secondo lungometraggio dell'italoamericana Sara Colangelo, premiato per la miglior regia all'ultimo Sundance Film Festival, l'equivalente dell'Oscar per il cinema indipendente, è un gioiellino in perfetto equilibrio tra speranza e disillusione, ruolo nella vita e aspirazioni personali che traspaiono dalla storia di una maestra d'asilo quarantenne appassionata di poesia, di cui frequenta un corso a Manhattan, una via di fuga dal lavoro quotidiano e da una famiglia che non la soddisfa più: i figli sono ormai cresciuti e non ne ha più il controllo; il marito non riesce a colmare le sue aspirazioni, la quale scopre, tra i suoi giovanissimi allievi, un talento naturale per la poesia: Jimmy, di cinque anni, di ascendenze indo-pakistane. Appassionata lei stessa della materia, alterna le proprie giornate tra il lavoro e la famiglia a Staten Island e un corso di poesia a Manhattan, e prende particolarmente a cuore il piccolo, che improvvisa liriche sbalorditive quando entra in una specie di trance compositiva prendendo a camminare avanti e indietro, per preservarne e svilupparne le inclinazioni a dispetto dell'ambiente esterno, sia famigliare (la madre vive in Florida; il padre, un imprenditore di successo nella vita notturna, sostanzialmente assente è poco propenso alla sua vena letteraria), sia del mondo odierno dominato dal piattume socialmediatico, sostanziale incomunicabilità e indifferenza che non sanno dare valore alla poesia, figurarsi a riconoscerla. La donna, Lisa Spinelli, una grandiosa Maggie Gyllenhaal, invece sì: dapprima "ruba" le poesie di Jimmy e le recita al suo corso, impressionando il suo insegnante; poi si dedica a promuoverlo e a incoraggiarlo, andando però molto oltre ai suoi compiti professionali, e il suo crescente impegno in tal senso, da missione di vita diventa una vera e propria ossessione che sconfina nel patologico, col paradosso che, per sottrarre il bambino-prodigio al rischio che una realtà mediocre tarpi le ali alla sua ispirazione, a sua volta lo fagociti lei stessa, ma il finale, anche se non cruento, sarà a sorpresa. Una vicenda raccontata in modo armonico, senza mai forzare i toni, quasi sommessamente e però insinuante, che instilla un che di inquietudine e fa riflettere e vedere le cose in modo non scontato, ben scritta e girata e che in ogni caso deve molto alla scelta degli interpreti e in particolare a una prestazione superba della Gyllenhaal.
Remake dell'omonimo film dello scrittore, sceneggiatore e regista israeliano Navad Lapid, presentato nel 2014 al Festival di Cannes, il secondo lungometraggio dell'italoamericana Sara Colangelo, premiato per la miglior regia all'ultimo Sundance Film Festival, l'equivalente dell'Oscar per il cinema indipendente, è un gioiellino in perfetto equilibrio tra speranza e disillusione, ruolo nella vita e aspirazioni personali che traspaiono dalla storia di una maestra d'asilo quarantenne appassionata di poesia, di cui frequenta un corso a Manhattan, una via di fuga dal lavoro quotidiano e da una famiglia che non la soddisfa più: i figli sono ormai cresciuti e non ne ha più il controllo; il marito non riesce a colmare le sue aspirazioni, la quale scopre, tra i suoi giovanissimi allievi, un talento naturale per la poesia: Jimmy, di cinque anni, di ascendenze indo-pakistane. Appassionata lei stessa della materia, alterna le proprie giornate tra il lavoro e la famiglia a Staten Island e un corso di poesia a Manhattan, e prende particolarmente a cuore il piccolo, che improvvisa liriche sbalorditive quando entra in una specie di trance compositiva prendendo a camminare avanti e indietro, per preservarne e svilupparne le inclinazioni a dispetto dell'ambiente esterno, sia famigliare (la madre vive in Florida; il padre, un imprenditore di successo nella vita notturna, sostanzialmente assente è poco propenso alla sua vena letteraria), sia del mondo odierno dominato dal piattume socialmediatico, sostanziale incomunicabilità e indifferenza che non sanno dare valore alla poesia, figurarsi a riconoscerla. La donna, Lisa Spinelli, una grandiosa Maggie Gyllenhaal, invece sì: dapprima "ruba" le poesie di Jimmy e le recita al suo corso, impressionando il suo insegnante; poi si dedica a promuoverlo e a incoraggiarlo, andando però molto oltre ai suoi compiti professionali, e il suo crescente impegno in tal senso, da missione di vita diventa una vera e propria ossessione che sconfina nel patologico, col paradosso che, per sottrarre il bambino-prodigio al rischio che una realtà mediocre tarpi le ali alla sua ispirazione, a sua volta lo fagociti lei stessa, ma il finale, anche se non cruento, sarà a sorpresa. Una vicenda raccontata in modo armonico, senza mai forzare i toni, quasi sommessamente e però insinuante, che instilla un che di inquietudine e fa riflettere e vedere le cose in modo non scontato, ben scritta e girata e che in ogni caso deve molto alla scelta degli interpreti e in particolare a una prestazione superba della Gyllenhaal.
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