martedì 17 aprile 2018

Qualcuno volò sul nido del cuculo


"Qualcuno volò sul nido del cuculo" di Dale Wasserman (dal romanzo di Ken Kasey). Traduzione di Giovanni Lombardo Radice, adattamento di Maurizio De Giovanni. Regia di Alessandro Gassman. Con Daniele Russo, Elisabetta  Valgoi, Mauro Marino, Giacomo Rosselli, Emanuele Maria Basso, Alfredo Angelici, Daniele Marino, Gilberto Gliozzi, Gaia Benassi, Davide Dolores, Antimo Casertano, Gabriele Granito. Produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini. Al Teatro Elfo/Puccini di Milano fino al 15 aprile; stasera e domani al Teatro Pax di Cinisello Balsamo (MI); dal 24 aprile al 6 maggio al Teatro Carignano di Torino; dall'8 al 13 maggio al Teatro della Corte di Genova. 
Ci voleva coraggio a proporre a teatro un testo (tratto a sua volta da un romanzo) reso famoso da un film diventato presto un classico, e ancora di più facendo uso, come Alessandro Gassman nel suo potente allestimento, di alcune tecniche cinematografiche tra cui proiezioni di suggestive immagini a dare colore a un'ambientazione altrimenti grigia come si confà a un ospedale psichiatrico (quello di Aversa, per la cronaca) e di una colonna sonora puntuale ed efficace a sottolineare i momenti cruciali (unico rilievo: il volume forse un po' alto: vero anche che mi trovavo a ridosso delle casse acustiche) ed è stato giustamente premiato dal pubblico: non è un caso che giri l'Italia da ben quattro anni collezionando tutto esaurito in serie a ogni latitudine della Penisola. Approdato nuovamente a Milano, questa volta ospite dell'Elfo proprio nella settimana in cui è scomparso Miloš Forman, il grande regista ceco che aveva portato la pièce sullo schermo, l'allestimento ha un valore aggiunto nella "napoletanità" sia dello scrittore, uno dei più validi contemporanei, che ha curato l'adattamento, Maurizio De Giovanni, sia della compagnia: la grande tradizione teatrale partenopea esalta quella coralità che il cinema non può offrire, e personalmente non ho dubbi nel preferire questa versione viva, vibrante, alla portata di tutti ma anche raffinata a quella cinematografica, pur rasentando quella di Forman il capolavoro, e le quasi tre ore di spettacolo non sono troppe, e anzi consentono a regista e interpreti di comunicare appieno, alternando momenti di divertimento con altri di riflessione profonda, leggerezza e durezza, gioia e dolore, azione e stasi, di far evocare tutti i possibili stati d'animo suscitati da una storia che più che la pazzia in sé racconta come la definizione stessa venga utilizzata per emarginare qualsiasi forma di devianza e comunque come la cosiddetta cura della malattia mentale sconfini nella crudeltà e nella mancanza di umanità. In questa versione il McMurphy di Jack Nicholson diventa il Dario Danise interpretato da un mobilissimo ed espressivo Daniele Russo, un mariuolo, uno scugnizzo invecchiato con poca voglia di lavorare che vive di espedienti e che si finge pazzo per evitare il carcere: mal gliene incoglie, perché finisce nel famigerato manicomio di Aversa, nell'estate del 1982, quella della storica vittoria dell'Italia ai Mondiali di calcio in Spagna, che diventano uno snodo della vicenda perché per avere il permesso di seguirli in TV Dario riesce a smuovere una comunità di degenti, ognuno coi propri tic e problemi mentali, altrimenti vittime della Istituzione Totale impersonificata qui da Suor Lucia  (Elisabetta Valgoi, qui efficace almeno quanto Louise Fletcher nel film). Terzo interprete che cito è il gigantesco Gilberto Gliozzi, il Grande Capo della versione cinematografica che si finge sordomuto perché ha paura di affrontare una realtà esterna che ritiene perfino più temibile di quella del manicomio, e qui diventa Ramon Machado, un sudamericano sbarcato in Italia dal Continente Desaparecido e che libererà dalla gabbia che è diventato il suo corpo Dario, che nel frattempo ha subito un intervento definitivo che lo ha reso un vegetale per contenere e punire il suo spirito ribelle che aveva finito per coinvolgere e far prendere coscienza agli altri "pazienti" che, a differenza sua, erano stati ricoverati per propria espressa volontà, e le sue intemperanze che hanno attentato all'Ordine Costituito. Bravissimi i tre attori che ho nominato ma all'altezza e affiatata l'intera compagnia, che dà vita a uno spettacolo memorabile, dai tempi perfetti, capace di intrattenere e al contempo far riflettere il pubblico, in ogni caso a coinvolgerlo in ciò che accade sul palcoscenico. 

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