"La casa sul mare" (La villa) di Robert Guédiguain. Con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meyland, Anaïs Demoustier, Jacques Boudet, Robinson Stévenin, Yann Trégouët e altri. Francia 2017 ★★★★
Cinema politico e antropologico al tempo stesso, quello del marsigliese Guédiguain, che de sempre rivolge la sua attenzione a ciò che è rimasto, col cambiare dei tempi e la sua metamorfosi, della classe operaia e della sua radicata coscienza, e dei riflessi che questa aveva nei comportamenti tanto collettivi quanto interfamigliari e individuali di chi ne faceva o anche ne fa tuttora parte, in seguito alla metamorfosi avvenuta non soltanto nel mondo del lavoro in senso stretto col trionfo della globalizzazione e dell'economia finanziaria che le sta dietro. Lo fa con un film che ha tempi, modi, personaggi e perfino luoghi della tragedia greca, considerata l'ambientazione prettamente mediterranea nella piccola baia di Méjean, a forma di anfiteatro, da cui si ha una vista spettacolare sulla città di Marsiglia, che le sta di fronte. Un minuscolo borgo di pescatori dove negli anni Sessanta e Settanta nel tempo libero un gruppo di operai ha costruito nel tempo libero delle ville in cui trascorrerre serenamente una vita comunitaria: una specie di enclave comunista. Tra questi, uno degli ultimi rimasti, il vecchio proprietario dell'unica trattoria del luogo, che per menù ha solo pasta e ciò che si produce in loco, ossia lo scarso pescato, a prezzi rigorosamente popolari, a cui viene un ictus che lo lascia paralizzato e in stato quasi vegetativo. Per assisterlo e sistemare questioni ereditarie si riuniscono i tre figli: Armand, l'unico rimasto che si occupa del ristorante; Joseph, un ex operaio diventato dirigente e poi conferenziere, depresso e in piena crisi di mezza età, con una compagna molto più giovane, e Angèle, una attrice teatrale diventata famosa e con una ferita inguaribile che l'ha allontanata dal padre: la morte, accidentale, della figlia che gli aveva affidato. La vicenda si svolge nell'arco di poche giornate di un inverno soleggiato, che vede i tre fratelli decidere il da farsi in un luogo ormai senza vita, dove gli ultimi residenti se ne stanno andando perché gli affitti sono diventati insostenibili e i proprietari, o meglio i loro eredi, preferiscono dare in locazione gli appartamenti a settimane o, al più, a stagione: il borgo della solidarietà operaia è ormai diventato soltanto un luogo pittoresco tra le calanques da sfruttare turisticamente. Anche il giovane medico che ha in cura il vecchio e i cui genitori vivono ancora lì sta per emigrare a Londra, rimane soltanto un pescatore dall'aspetto infantile e sognante, da sempre innamorato di Angèle. Ciò che accade nei pochi giorni di convivenza li porta tutti ad affrontare i propri fantasmi, sia presenti sia passati, e la scomparsa di due anziani vicini, nonché il ritrovamento casuale di tre giovanissimi ragazzini siriani sfuggiti a un naufragio come anche alle retate dei militari per rimpatriarne i superstiti stravolge i loro programmi cambiando loro completamente prospettiva, e non aggiungo altro perché il mio consiglio è quello di andare a vederlo e scoprirlo da soli. Cinema pulito, rigoroso, coerente però mai pedante e capace di dire le cose dure con leggerezza, Guédiguain guida senza alcuna difficoltà un gruppo di attori a cui si affida da sempre, tra cui sua moglie Ariane Ascaride. Si esce dalla con qualcosa in più, sia da un punto di vista emozionale sia da quello della comprensione.
Cinema politico e antropologico al tempo stesso, quello del marsigliese Guédiguain, che de sempre rivolge la sua attenzione a ciò che è rimasto, col cambiare dei tempi e la sua metamorfosi, della classe operaia e della sua radicata coscienza, e dei riflessi che questa aveva nei comportamenti tanto collettivi quanto interfamigliari e individuali di chi ne faceva o anche ne fa tuttora parte, in seguito alla metamorfosi avvenuta non soltanto nel mondo del lavoro in senso stretto col trionfo della globalizzazione e dell'economia finanziaria che le sta dietro. Lo fa con un film che ha tempi, modi, personaggi e perfino luoghi della tragedia greca, considerata l'ambientazione prettamente mediterranea nella piccola baia di Méjean, a forma di anfiteatro, da cui si ha una vista spettacolare sulla città di Marsiglia, che le sta di fronte. Un minuscolo borgo di pescatori dove negli anni Sessanta e Settanta nel tempo libero un gruppo di operai ha costruito nel tempo libero delle ville in cui trascorrerre serenamente una vita comunitaria: una specie di enclave comunista. Tra questi, uno degli ultimi rimasti, il vecchio proprietario dell'unica trattoria del luogo, che per menù ha solo pasta e ciò che si produce in loco, ossia lo scarso pescato, a prezzi rigorosamente popolari, a cui viene un ictus che lo lascia paralizzato e in stato quasi vegetativo. Per assisterlo e sistemare questioni ereditarie si riuniscono i tre figli: Armand, l'unico rimasto che si occupa del ristorante; Joseph, un ex operaio diventato dirigente e poi conferenziere, depresso e in piena crisi di mezza età, con una compagna molto più giovane, e Angèle, una attrice teatrale diventata famosa e con una ferita inguaribile che l'ha allontanata dal padre: la morte, accidentale, della figlia che gli aveva affidato. La vicenda si svolge nell'arco di poche giornate di un inverno soleggiato, che vede i tre fratelli decidere il da farsi in un luogo ormai senza vita, dove gli ultimi residenti se ne stanno andando perché gli affitti sono diventati insostenibili e i proprietari, o meglio i loro eredi, preferiscono dare in locazione gli appartamenti a settimane o, al più, a stagione: il borgo della solidarietà operaia è ormai diventato soltanto un luogo pittoresco tra le calanques da sfruttare turisticamente. Anche il giovane medico che ha in cura il vecchio e i cui genitori vivono ancora lì sta per emigrare a Londra, rimane soltanto un pescatore dall'aspetto infantile e sognante, da sempre innamorato di Angèle. Ciò che accade nei pochi giorni di convivenza li porta tutti ad affrontare i propri fantasmi, sia presenti sia passati, e la scomparsa di due anziani vicini, nonché il ritrovamento casuale di tre giovanissimi ragazzini siriani sfuggiti a un naufragio come anche alle retate dei militari per rimpatriarne i superstiti stravolge i loro programmi cambiando loro completamente prospettiva, e non aggiungo altro perché il mio consiglio è quello di andare a vederlo e scoprirlo da soli. Cinema pulito, rigoroso, coerente però mai pedante e capace di dire le cose dure con leggerezza, Guédiguain guida senza alcuna difficoltà un gruppo di attori a cui si affida da sempre, tra cui sua moglie Ariane Ascaride. Si esce dalla con qualcosa in più, sia da un punto di vista emozionale sia da quello della comprensione.
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