"The Silent Man" (Mark Felt: The Man Who Broght Down The White House) di Peter Landesman. Con Liam Neeson, Diane Lane, Kate Welsh, Maika Monroe, Marton Csokas, Ike Barinholtz a altri. USA 2017 ★★★½
Scritto e diretto da un giornalista investigativo passato al cinema e basato sull'autobiografia di Mark Felt, vicedirettore del FBI alla morte di Edgar Hoover nel 1972, di cui fece immediatamente distruggere i dossier personali che l'onnipotente e paranoico capo supremo faceva fare su chiunque fosse suscettibile di essere un potenziale sospetto, The Silent Man, oltre che ben girato, anche se in forma più documentaristica che di film d'azione, è particolarmente interessante perché racconta la storia del Watergate vista dalla parte di Gola Profonda, ché questi era Felt, come rivelò nel 2005 a Vanity Fair, pochi anni prima di morire, ossia colui che passò le notizie segrete sul coinvolgimento di Nixon nello scandalo e poi alle sue dimissioni a Carl Bernstein e Bob Woodward, i due eroi di Tutti gli uomini del presidente, i giornalisti del Washington Post che lo fecero scoppiare: da un punto di vista cronologico, il film inizia quando finisce il recente e ottimo The Post. Meno appassionante e movimentato, necessariamente più parlato, ricostruisce con molta credibilità l'atmosfera che regnava all'interno del Bureau, della cui autonomia rispetto al potere politico Felt era un paladino, oltre a essere un sincero democratico, accerchiato dalla ragnatela tessuta da Nixon e dai suoi accoliti per impedire che indagasse sui malaffari della Casa Bianca, che aveva creato un vero e proprio sistema di camere stagne per impedire che gli intrallazzi in cui erano implicati Tricky Dicky e soci fossero collegabili tar loro. Pur essendo il delfino e il successore designato di Hoover, Nixon nominò capo del FBI il procuratore generale Pat Grey, altro "uomo del presidente", ma nessuno osò estromettere Mark Felt perché era colui che ne conosceva tutti i segreti e i meccanismi di funzionamento. La pellicola ne illustra i modi, gli aspetti privati (dove era molto meno flemmatico che sul lavoro), gli scrupoli, i dubbi laceranti e al contempo il rigore morale, senza però diventare mai agiografica: claustrofobica e per la maggior parte girata in interni, nelle stanze dell'agenzia, salvo qualche scorcio sugli altri palazzi del potere disseminati a Washington e nelle caffetterie delle stazioni di servizio da dove Gola Profonda telefonava ai suoi referenti nella stampa o nei parcheggi seminterrati dove li incontrava; la ricostruzione dell'ambientazione è molto accurata così come quella dei rapporti di potere tra agenzie governative tra loro e con la Presidenza. Impeccabile e convincente l'interpretazione di Liam Neeson e bravi tutti i comprimari: un film interessante e ben fatto.
Scritto e diretto da un giornalista investigativo passato al cinema e basato sull'autobiografia di Mark Felt, vicedirettore del FBI alla morte di Edgar Hoover nel 1972, di cui fece immediatamente distruggere i dossier personali che l'onnipotente e paranoico capo supremo faceva fare su chiunque fosse suscettibile di essere un potenziale sospetto, The Silent Man, oltre che ben girato, anche se in forma più documentaristica che di film d'azione, è particolarmente interessante perché racconta la storia del Watergate vista dalla parte di Gola Profonda, ché questi era Felt, come rivelò nel 2005 a Vanity Fair, pochi anni prima di morire, ossia colui che passò le notizie segrete sul coinvolgimento di Nixon nello scandalo e poi alle sue dimissioni a Carl Bernstein e Bob Woodward, i due eroi di Tutti gli uomini del presidente, i giornalisti del Washington Post che lo fecero scoppiare: da un punto di vista cronologico, il film inizia quando finisce il recente e ottimo The Post. Meno appassionante e movimentato, necessariamente più parlato, ricostruisce con molta credibilità l'atmosfera che regnava all'interno del Bureau, della cui autonomia rispetto al potere politico Felt era un paladino, oltre a essere un sincero democratico, accerchiato dalla ragnatela tessuta da Nixon e dai suoi accoliti per impedire che indagasse sui malaffari della Casa Bianca, che aveva creato un vero e proprio sistema di camere stagne per impedire che gli intrallazzi in cui erano implicati Tricky Dicky e soci fossero collegabili tar loro. Pur essendo il delfino e il successore designato di Hoover, Nixon nominò capo del FBI il procuratore generale Pat Grey, altro "uomo del presidente", ma nessuno osò estromettere Mark Felt perché era colui che ne conosceva tutti i segreti e i meccanismi di funzionamento. La pellicola ne illustra i modi, gli aspetti privati (dove era molto meno flemmatico che sul lavoro), gli scrupoli, i dubbi laceranti e al contempo il rigore morale, senza però diventare mai agiografica: claustrofobica e per la maggior parte girata in interni, nelle stanze dell'agenzia, salvo qualche scorcio sugli altri palazzi del potere disseminati a Washington e nelle caffetterie delle stazioni di servizio da dove Gola Profonda telefonava ai suoi referenti nella stampa o nei parcheggi seminterrati dove li incontrava; la ricostruzione dell'ambientazione è molto accurata così come quella dei rapporti di potere tra agenzie governative tra loro e con la Presidenza. Impeccabile e convincente l'interpretazione di Liam Neeson e bravi tutti i comprimari: un film interessante e ben fatto.
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