lunedì 30 aprile 2018

L'amore secondo Isabelle

"L'amore secondo Isabelle" (Un beau soleil intérieur) di Claire Denis. Con Juliette Binoche, Xavier Beauvois, Nicolas Duvachelle, Philippe Katerine, Josiane Balasko, Alex Descas, Laurent Grévil, Sandrine Dumas, Gérard Depardieu. Francia 2017 
Ero stato facile profeta, nel finale dell'ultimo post, e sono stato giustamente punito per non aver voluto imparare dall'esperienza, meritandomi di aver assistito a un film stupido, verboso, inconcludente e irritante come pochi altri per cui abbia pagato il biglietto di ingresso in sala: il cinema francese al suo peggio, tra onanismo intellettuale e sociologismo da bouduoir, lo studio dei rapporti tra donna e uomo visti dalla prospettiva del buco della serratura di uno studio di estetista, però di "gran classe", o meglio del milieu artistico della capitale più spocchiosa e autoreferenziale che esista sul pianeta: Parigi. L'ambiente è quello delle sue gallerie d'arte à la page, e il pippone sulle fregole di una cinquantenne "artista", si presume pittrice astratta, separata dal marito, l'Isabelle del titolo italiano, interpretata da Juliette Binoche, un'attrice altrimenti di buona caratura e per questo ancora più colpevole per essersi prestata a questa atroce farsa, all'eterna ricerca di une relazione che la soddisfi ma che in realtà non si capisce cosa cazzo voglia, soprattutto perché si sia separata dal marito, con cui però continua ad avere rapporti sessuali mentre passa da una storia all'altra, e con cui pure ha una figlia di dieci anni in comune, affidata ad entrambi ma di cui lei non si occupa mai: la ragazzina la vediamo soltanto una volta, per strada e in macchina con padre, mentre nel letto di Isabelle transitano tre uomini uno peggio dell'altro. Fossero almeno belli e prestanti: nemmeno quello. Il primo è un banchiere di una volgarità infinita con cui ha imbastito una relazione da tempo e che la tratta come una puttana; il secondo è un attore solipsista che in comune con lei ha il non avere le idee chiare di dove andare a sbattere e la considera una deficiente; il terzo è un rozzone cuccato mentre era imbriaga a una festa da ballo durante una trasferta in mezzo ai villici in un paesotto di provincia col suo giro di galleristi di riferimento, una banda di puzzoni petulanti pieni di boria che si danno arie di superiorità e cianciano in continuazione del nulla; in mezzo, sesso che dovrebbe essere rassicurante con il marito ex ma non del tutto, perché anche quello non le va bene. Per non farsi mancare nulla, e nemmeno a chi guarda finisce col mettersi nelle mani di un veggente, a quanto pare in crisi sentimentale pure lui, il che consente a un malinconico Gérard Depardieu in versione Mago Othelma della Rive Gauche di  esibirsi in un avvilente monolologo di banalità. Fossi una donna, sarei imbestialito per un film che dipinge in questa maniera la crisi di mezza età di una donna che sembra dover comunque dipendere da un maschio per dare un senso alla sua vita, e che sembra scritto e diretto da un misogino impenitente, invece la responsabile di questa pellicola sconfortante, recitata peraltro in maniera dozzinale dagli interpreti, è una donna, Claire Denis; ma il vero responsabile è chi ha prodotto questa vaccata invereconda. Se decidete di andare a vederlo, lo fate a vostro rischio e pericolo; io vi avevo avvertito. 

1 commento:

  1. sono stata ieri sera, condvido quanto scrivi e per me si stratta di una cagata pazzesca !(per citare Fantozzi)Saluti Rita

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