Giusto ieri, ragionando con una mia cara amica sullo stato di gnàgnera generalizzata che mi affligge da qualche tempo, soprattutto quando lascio filtrare le notizie che arrivano dal mondo esterno, in particolare quelle sconfortanti di natura politica, romana e no, nazionale o internazionale che sia, negavo che si trattasse di noia, perché per quanto tendenzialmente irrequieto e incline all'ipercinetismo, se niente e nessuno viene a rompermi i coglioni ho una capacità istintiva di adattarmi a situazioni in cui non ci sia assolutamente niente da fare e approfittarne per schiacciare una pennica ristoratrice, o meglio ancora raggiungere quello stato di dormiveglia e sogno attivo caratterizzato da pensieri e immagini teleguidate che lo distingue da ciò che si definisce meditazione. Anzi: ciò che più mi manca è quella disposizione d'animo che mi prende non appena sbarco su una qualche isola o anche in alcuni tratti di costa della Dalmazia, e che mi spinge a cercare uno spazio a bordo mare in cui raggiungere, senza alcuno sforzo, semplicemente lasciandomi andare, quello stato che gli antichi filosofi greci chiamavano atarassia, che è leggermente diversa da quello zen delle filosofie orientali, perché vi si aggiunge una sensazione di pienezza e di voluttà di stampo epicureo: i dalmati usano l'espressione evocativa di fjaka, con un termine che ha chiare ascendenze latine, e una definizione esemplare l'ho trovata sul sito dell'Ente del Turismo della Croazia, scritta peraltro in ottimo italiano e ve la propongo qui di seguito. A illustrarla, in alto, l'immagine dell'animale che forse più di ogni altro ne è l'interprete esemplare.
Alla fjaka la gente di Dalmazia ha dedicato e continua a dedicare i propri versi. Talvolta non si tratta di semplici versi, ma di vere e proprie odi. Anche chi sa riconoscere la fjaka, oppure è caduto egli stesso nella rete del suo ritmo ipnotico, non è in grado di spiegare esattamente di che cosa si tratti. Ciascuno ha una propria definizione di fjaka che, a ben vedere, non definisce né spiega alcunché. Eppure, tutti sono d’accordo su una cosa: la fjaka è uno stato della mente. C’è anche chi la equipara alla pigrizia, ma la fjaka non è né pigrizia, né spossatezza. La fjaka è fondamentalmente riposo. Quando il sole, il mare e l’afa pomeridiana s’incontrano sommando i loro effetti, ecco che si creano le condizioni ideali per una buona fjaka.
Ma che cos’è la fjaka e come riconoscerla?
La fjaka come sinonimo di pigrizia
Come abbiamo già detto, tanti equiparano la fjaka alla pigrizia. Di primo (e secondo) acchito, capirete che la linea di confine tra i due concetti è molto labile. Al terzo o quarto tentativo, vi renderete conto che non si tratta della stessa cosa. Chi meglio conosce il fenomeno della fjaka, vi dirà che si tratta di uno stato elevato della mente e del corpo cui anela l’umanità tutta. Chi, invece, è pigro, è pigro e basta!
È possibile impararla, la fjaka?
Difficile, perché la fjaka è una cosa individuale. L’intensità di ogni singola fjaka non è sempre la stessa. La fjaka è uno stato a cui si arriva empiricamente, è un’esperienza personale, magari con un piccolo aiuto di chi, dall’alto della sua esperienza, può impartire in ogni momento qualche utile consiglio. I nemici giurati della fjaka diranno che la fjaka non può essere appresa perché non c’è nulla da insegnare. Noi diremmo, invece, che la fjaka non si può imparare, ma si può invece “carpire”.
C’è chi dice che fjaka e stanchezza siano la stessa cosa
Noi propendiamo a equipararla alla lentezza, piuttosto che alla stanchezza. Quando ti prende la fjaka, sei costretto a rallentare. Se fossi al volante della tua auto, è come se davanti a te si parasse una strada lunga e rettilinea la cui fine si perde nella foschia, e tu scali le marce, metti in folle e aspetti che l’auto, esaurita la spinta iniziale, si fermi. Insomma, ti adegui al detto locale che corrisponde, pressappoco, all’italiano “Il trotto dell’asino dura poco”. Insomma, una volta che ti prende la fjaka, impari ad apprezzare il ritmo lento della vita.
Come spiegare la fjaka dal punto di vista scientifico?
In un certo senso, la fjaka è un espediente inventato dalla gente di Dalmazia per sopravvivere. Avete certamente notato come la fjaka sia assente nei paesi dal clima più freddo. La fjaka, e fenomeni simili, sono frequenti in tutto il Mediterraneo, dove le temperature estive raggiungono i 40 °C. In Spagna diventa siesta, in Italia pisolino, pennichella …
E dunque, se desiderate riposarvi, venite in Dalmazia e fatevi prendere dalla fjaka, perché soltanto quando vi avrà catturati, capirete che cosa vuol dire riposarsi per davvero. “Che fretta c’è?”, dirà chi sa cosa vuol dire farsi prendere dalla fjaka.
Sono un esperto di fjaka. Quando me lo posso permettere, purtroppo.
RispondiEliminaEvito le persone moleste (da te nomate sgraziatamente rompicoglioni), non le sopporto pazientemente come scritto da qualche parte. Se capita di incontrarle (a volte il destino è beffardo) le sfuggo. Qusto è un motivo per cui evito certi luoghi.