"Mektoub, My Love - Canto Uno" (Mektoub Is Mektoub) di Abdellatif Kechiche. Con Shain Boumedine, Ophélie Baufle, Salim Kechiouche, Lou Luttiau, Alexia Chardard e altri. Francia 2017 ★★★★
Come ben sa chi mi conosce, nemmeno i tedeschi, rimanendo in ambito europeo, riescono a darmi sui nervi per il loro modo di comportarsi, parlare, muoversi e pensare quanto i francesi, ovviamente in senso molto generale e con le dovute eccezioni; anche chi di loro è di origini maghrebine o di qualche altra landa, compresa l'Italia, perché si tratta di un modo di essere e, soprattutto rappresentarsi, che sembra acquisirsi assieme alla cittadinanza, motivo per cui ero molto perplesso di andare a vedere questo ennesimo film transalpino, specie alla luce di due recenti esperienze che mi avevano indispettito non poco; ma quando ho fatto mente locale che il regista , Abdellatif Kechiche, era lo stesso del poderoso La vita di Adèle mi sono fidato e ho fatto bene. Senza raggiungere le vette di quel film, Mektoub, My Love conferma tutte le caratteristiche magiche del cinema di questo autore, valente creatore di atmosfere, suggestioni, immagini magnetiche, che hanno la capacità di alterare la percezione del tempo perché capaci di farvi immergere lo spettatore senza che questi si renda conto della sua durata, poco meno di tre ore, per di più straordinariamente cariche di suoni, colori e parole. La storia di per sé non esiste: si tratta semplicemente di seguire il protagonista, Amin, un ragazzo sui vent'anni che vive a Parigi dove aveva cominciato a studiare medicina per poi abbandonare la facoltà e dedicarsi a tempo pieno alla sua passione per la fotografia e il cinema, che torna nel Sud del Paese, a Sète, suo luogo d'origine, per terminare una scenografia che aveva in mente e trascorre un periodo di vacanza in piena estate nel suo ambiente. Lì ritrova l'amica di infanzia Ophélie, la quale accudisce pecore e capre, che scopre avere una relazione con Toni, cugino sciupafemmine di Amin, nonostante sia fidanzata con Clément, un militare che è in servizio all'estero; con Toni conosce Charlotte e Céline, due ragazze di Nizza in vacanza, che entrano subito a far parte del "giro": in realtà Toni corteggia chiunque anche per mascherare la tresca con Ophélie, che in realtà è l'unica che gli interessi realmente, e la telecamera si muove dietro ad Amin nelle sue visite all'amica (magistrale e commovente la scena in cui si apposta nell'ovile a fotografare la nascita di due agnelli), durante i lunghi pomeriggi in spiaggia, le confidenze con lei, le battute con amici e parenti, spesso personaggi strampalati ma mai delle macchiette, le serate al ristorante di famiglie, le nottate in discoteca. Ci si cala in un universo prevalentemente franco-tunisino tutto particolare, emancipato eppure con qualche traccia tradizionalista, e comunque perfettamente integrato come spesso accade in alcune città del Midi, ma il viaggio che Kechiche riesce a far compiere attraverso gli occhi di Amin è quello nella prima giovinezza, in tutti i suoi aspetti più veri e banali, e il miracolo che compie, almeno è l'effetto che ha di me, è di incatenare lo spettatore alla poltrona benché il film abbondi in verbosità e in un parlarsi addosso tipicamente francese, in immancabili scene di ballo, pure in discoteca con relativa colonna sonora urticante, che generalmente detesto, in chiacchiericcio futile. E' un film sensuale, dove l'erotismo ha un grande ruolo pur non essendo mai sconcio: l'unica scena di nudo e leggermente spinta, ma mai fastidiosa, è quella iniziale; è un film di corpi, spesso pressoché nudi però mai volgare e guardone; è un film che ha una sua poesia e un suo perché anche se è lieve, e ci si affeziona al modo affettuoso, semplice, discreto che Amin ha nel tornare nel suo ambiente, alla sua sensibilità che esprime con sguardi, parole e gesti. Non ho idea se gli interpreti siano attori professionisti o meno, in ogni caso danno vita a personaggi autentici, credibili, vivi e considerato che sono pressoché sempre inquadrati in primo piano o sono bravi o sono semplicemente sé stessi.
Come ben sa chi mi conosce, nemmeno i tedeschi, rimanendo in ambito europeo, riescono a darmi sui nervi per il loro modo di comportarsi, parlare, muoversi e pensare quanto i francesi, ovviamente in senso molto generale e con le dovute eccezioni; anche chi di loro è di origini maghrebine o di qualche altra landa, compresa l'Italia, perché si tratta di un modo di essere e, soprattutto rappresentarsi, che sembra acquisirsi assieme alla cittadinanza, motivo per cui ero molto perplesso di andare a vedere questo ennesimo film transalpino, specie alla luce di due recenti esperienze che mi avevano indispettito non poco; ma quando ho fatto mente locale che il regista , Abdellatif Kechiche, era lo stesso del poderoso La vita di Adèle mi sono fidato e ho fatto bene. Senza raggiungere le vette di quel film, Mektoub, My Love conferma tutte le caratteristiche magiche del cinema di questo autore, valente creatore di atmosfere, suggestioni, immagini magnetiche, che hanno la capacità di alterare la percezione del tempo perché capaci di farvi immergere lo spettatore senza che questi si renda conto della sua durata, poco meno di tre ore, per di più straordinariamente cariche di suoni, colori e parole. La storia di per sé non esiste: si tratta semplicemente di seguire il protagonista, Amin, un ragazzo sui vent'anni che vive a Parigi dove aveva cominciato a studiare medicina per poi abbandonare la facoltà e dedicarsi a tempo pieno alla sua passione per la fotografia e il cinema, che torna nel Sud del Paese, a Sète, suo luogo d'origine, per terminare una scenografia che aveva in mente e trascorre un periodo di vacanza in piena estate nel suo ambiente. Lì ritrova l'amica di infanzia Ophélie, la quale accudisce pecore e capre, che scopre avere una relazione con Toni, cugino sciupafemmine di Amin, nonostante sia fidanzata con Clément, un militare che è in servizio all'estero; con Toni conosce Charlotte e Céline, due ragazze di Nizza in vacanza, che entrano subito a far parte del "giro": in realtà Toni corteggia chiunque anche per mascherare la tresca con Ophélie, che in realtà è l'unica che gli interessi realmente, e la telecamera si muove dietro ad Amin nelle sue visite all'amica (magistrale e commovente la scena in cui si apposta nell'ovile a fotografare la nascita di due agnelli), durante i lunghi pomeriggi in spiaggia, le confidenze con lei, le battute con amici e parenti, spesso personaggi strampalati ma mai delle macchiette, le serate al ristorante di famiglie, le nottate in discoteca. Ci si cala in un universo prevalentemente franco-tunisino tutto particolare, emancipato eppure con qualche traccia tradizionalista, e comunque perfettamente integrato come spesso accade in alcune città del Midi, ma il viaggio che Kechiche riesce a far compiere attraverso gli occhi di Amin è quello nella prima giovinezza, in tutti i suoi aspetti più veri e banali, e il miracolo che compie, almeno è l'effetto che ha di me, è di incatenare lo spettatore alla poltrona benché il film abbondi in verbosità e in un parlarsi addosso tipicamente francese, in immancabili scene di ballo, pure in discoteca con relativa colonna sonora urticante, che generalmente detesto, in chiacchiericcio futile. E' un film sensuale, dove l'erotismo ha un grande ruolo pur non essendo mai sconcio: l'unica scena di nudo e leggermente spinta, ma mai fastidiosa, è quella iniziale; è un film di corpi, spesso pressoché nudi però mai volgare e guardone; è un film che ha una sua poesia e un suo perché anche se è lieve, e ci si affeziona al modo affettuoso, semplice, discreto che Amin ha nel tornare nel suo ambiente, alla sua sensibilità che esprime con sguardi, parole e gesti. Non ho idea se gli interpreti siano attori professionisti o meno, in ogni caso danno vita a personaggi autentici, credibili, vivi e considerato che sono pressoché sempre inquadrati in primo piano o sono bravi o sono semplicemente sé stessi.
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