"Escobar" (Escobar: Paradise Lost) di Andrea Di Stefano. Con Benicio del Toro, Josh Hutcherson, Claudia Traisac, Brady Corbet, Carlos Bardem. Francia, Spagna, Belgio 2014 ★★★★-
Esce in Italia con due anni di ritardo il film d'esordio alla regìa di Andrea Di Stefano, attore e sceneggiatore romano, e non si capisce perché trattandosi di un nostro connazionale e di un film più che discreto che ha avuto un buon successo all'estero, in un genere, quello del thriller d'azione (ma anche biografico), abbastanza inconsueto dalle nostre parti. Con molti elementi tratti da fatti reali, Di Stefano ha approntato una sceneggiatura robusta e calibrata apposta per le larghe spalle di Benicio del Toro che, dopo aver interpretato da par suo Che Guevara, si cimenta questa volta con un'altra icona latinoamericana, dando volto e corpo alla figura controversa di Pablo Escobar Gavíria, reputato il più grande e pericoloso narcotrafficante di tutti i tempi ma altresì amato da buona parte dei colombiani per la sua vicinanza al popolo e gli investimenti in opere sociali e caritatevoli. La vicenda inizia col sogno di Nick, un ragazzo canadese che, assieme al fratello Dylan scopre sulla costa pacifica colombiana un angolo di paradiso (come da titolo originale), di allestire una piccola scuola di surf, ma i due incappano in un gruppo di locali che pretendono di estorcere loro un pizzo per avviare l'attività. I ragazzi rifiutano e nel frattempo Nick conosce Maria, la nipote più amata di Pablo Escobar che a sua volta lavora alla costruzione di un ospedale finanziato dallo zio:; i due si innamorano perdutamente, si fidanzano e Nick viene presentato allo zio che lo prende in simpatia, lo assume per lavorare nella propria hacienda e lo considera come un figlio. Quello che Nick non sa, e preferisce non sapere, è che i sicari di Escobar hanno eliminato il gruppo di banditelli locali che avevano infastidito lui e il fratello nell'attività che intendevano mettere in piedi. Siamo nel periodo, all'inizio degli anni Novanta, in cui Escobar diventa di fatto il padrone della Colombia, tanto onnipotente da far assassinare anche il ministro della Giustizia: ricercato per ogni dove, instaura una trattativa col governo e decide di consegnarsi. Poco prima di farlo, decide di nascondere in vari bunker predisposti in grotte di cui ha acquisito la proprietà il suo immenso patrimonio, e in questa operazione impiega soltanto persone di cui ha una fiducia cieca, tra cui Nick. La paranoia del personaggio, convinto di lavorare esclusivamente per il bene e la sicurezza della sua famiglia e della comunità, è tale che decide di eliminare anche buona parte della cerchia dei suoi più stretti collaboratori, tra cui lo stessoNick. Che a sua volta non è il personaggio angelico che pensa di essere, perché ha differenza del fratello Dylan era ben cosciente chi fosse il "patrón" a cui aveva giurato fedeltà. Non scendo nei dettagli, ma la storia finisce con una matanza che si svolge appena prima che Escopbar si consegni alla polizia, in un campo di calcio e acclamato dalla folla a Medellín, la sua città (e quella del relativo "cartello" tristemente famoso). Ben girato, il thriller si avvolge, tra flash back e forward, in un crescendo mozzafiato capace di coinvolgere lo spettatore. Ambientazione perfetta, magistrale interpretazione di Del Toro e degna di nota anche l'esordiente Claudia Treisac nella parte della nipote María, mentre Josh Hutcherson ha l'espressività e la personalità di una scamorza, e del resto anche il suo personaggio, un gringo troppo stupido e culturalmente ipodotato per capire dove si trova, è un nano di fronte a Escobar, e così questo coglioncello reduce, mi dicono, dalla serie Hunger Games, rispetto all'attore portoricano. Un esordio notevole: mi auguro presto un bis da parte di Di Stefano.
Esce in Italia con due anni di ritardo il film d'esordio alla regìa di Andrea Di Stefano, attore e sceneggiatore romano, e non si capisce perché trattandosi di un nostro connazionale e di un film più che discreto che ha avuto un buon successo all'estero, in un genere, quello del thriller d'azione (ma anche biografico), abbastanza inconsueto dalle nostre parti. Con molti elementi tratti da fatti reali, Di Stefano ha approntato una sceneggiatura robusta e calibrata apposta per le larghe spalle di Benicio del Toro che, dopo aver interpretato da par suo Che Guevara, si cimenta questa volta con un'altra icona latinoamericana, dando volto e corpo alla figura controversa di Pablo Escobar Gavíria, reputato il più grande e pericoloso narcotrafficante di tutti i tempi ma altresì amato da buona parte dei colombiani per la sua vicinanza al popolo e gli investimenti in opere sociali e caritatevoli. La vicenda inizia col sogno di Nick, un ragazzo canadese che, assieme al fratello Dylan scopre sulla costa pacifica colombiana un angolo di paradiso (come da titolo originale), di allestire una piccola scuola di surf, ma i due incappano in un gruppo di locali che pretendono di estorcere loro un pizzo per avviare l'attività. I ragazzi rifiutano e nel frattempo Nick conosce Maria, la nipote più amata di Pablo Escobar che a sua volta lavora alla costruzione di un ospedale finanziato dallo zio:; i due si innamorano perdutamente, si fidanzano e Nick viene presentato allo zio che lo prende in simpatia, lo assume per lavorare nella propria hacienda e lo considera come un figlio. Quello che Nick non sa, e preferisce non sapere, è che i sicari di Escobar hanno eliminato il gruppo di banditelli locali che avevano infastidito lui e il fratello nell'attività che intendevano mettere in piedi. Siamo nel periodo, all'inizio degli anni Novanta, in cui Escobar diventa di fatto il padrone della Colombia, tanto onnipotente da far assassinare anche il ministro della Giustizia: ricercato per ogni dove, instaura una trattativa col governo e decide di consegnarsi. Poco prima di farlo, decide di nascondere in vari bunker predisposti in grotte di cui ha acquisito la proprietà il suo immenso patrimonio, e in questa operazione impiega soltanto persone di cui ha una fiducia cieca, tra cui Nick. La paranoia del personaggio, convinto di lavorare esclusivamente per il bene e la sicurezza della sua famiglia e della comunità, è tale che decide di eliminare anche buona parte della cerchia dei suoi più stretti collaboratori, tra cui lo stessoNick. Che a sua volta non è il personaggio angelico che pensa di essere, perché ha differenza del fratello Dylan era ben cosciente chi fosse il "patrón" a cui aveva giurato fedeltà. Non scendo nei dettagli, ma la storia finisce con una matanza che si svolge appena prima che Escopbar si consegni alla polizia, in un campo di calcio e acclamato dalla folla a Medellín, la sua città (e quella del relativo "cartello" tristemente famoso). Ben girato, il thriller si avvolge, tra flash back e forward, in un crescendo mozzafiato capace di coinvolgere lo spettatore. Ambientazione perfetta, magistrale interpretazione di Del Toro e degna di nota anche l'esordiente Claudia Treisac nella parte della nipote María, mentre Josh Hutcherson ha l'espressività e la personalità di una scamorza, e del resto anche il suo personaggio, un gringo troppo stupido e culturalmente ipodotato per capire dove si trova, è un nano di fronte a Escobar, e così questo coglioncello reduce, mi dicono, dalla serie Hunger Games, rispetto all'attore portoricano. Un esordio notevole: mi auguro presto un bis da parte di Di Stefano.
Nessun commento:
Posta un commento