"Un ultimo tango" (Un tango más) di German Kral. Con Juan Carlos Copes, María Nieves Rego, Alejandra Gutty, Ayelén Álvarez Miño, Juan Malizia, Pancho Martínez Pey, Pablo Verón, Johana Copes. Argentina, Germania 2015 ★★★★★
Sempre grazie alle rassegne estive che ripropongono, per chi se le fosse perse, le migliori chicche della stagione cinematografica appena trascorsa, eccone ripescata una da intenditori per chi ama il tango in sé, ma anche le storie di amori contrastati e di miserie e redenzioni che ne sono l'anima, incarnate nel racconto, per bocca dei suoi protagonisti, di una vicenda vera: il rapporto professionale, ma anche umano, tra Juan Carlos Copes e María Nieves Rego, la coppia di tangueros forse più famosa d'Argentina, unita sul palco da un sodalizio durato quasi cinquant'anni e per un primo periodo anche nella vita fuori dal palcoscenico, e comunque dalla passione per quel "pensiero triste che si balla", come lo definì non Borges, come insistono a dire i nesci, ma Enrique Santos Discépolo, probabilmente il più grande poeta del tango e, in ogni caso, il mio preferito. In un misto di documentario, musical, biopic con personaggi tuttora viventi, questa coproduzione argentino-tedesca, meritoriamente guidata da Wim Wenders e con la valida regìa di German Kral, si incentra in particolare sulla figura di Maria Nieves Rego, classe 1934 che, sigaretta sempre alla mano, ripercorre la sua storia dal primo incontro con il giovane Juan Carols Copes in una milonga di Palermo Viejo, l'Estrella de Maldonado, uno dei Clubes de Barrio diffusi ancor oggi nelle varie municipalità di Buenos Aires, che negli anni Quaranta e Cinquanta vissero il loro periodo d'oro, all'immediata sintonia, come ballerini e come amanti, al perfezionamento e agli esordi fino alla formazione, sotto la direzione di Copes, anche scenografo, di una compagnia di giovani che furoreggiò prima in patria e poi anche negli USA (Broadway) e in giro per l'Europa negli anni Ottanta sotto la direzione artistica di Astor Piazzolla nello spettacolo Tango Argentino (ebbi occasione di vederli dal vivo sia a Milano sia a Buenos Aires). Alla versione di María (che negando la sua gelosia la conferma ancor di più dando del donnaiolo inaffidabile al compagno: vale più che mai il verso "y es tan fuerte mi odio come fue mi amor", di Rencor, scritta da Julio Sosa e resa immortale da Caros Gardel, che racchiude in sé l'essenza del tango) fanno da contrappunto alcune precisazioni di Juan Carlos Copes, che pure la sposò, a Las Vegas, probabilmente con l'intento di farla stare buona, con una cerimonia "altrimenti valida", il quale la definisce tanto insuperabile come partner artistica quanto insopportabile in privato; si rese però imperdonabile quando, nel 1996, dopo una tournée mondiale di enorme successo, le dette il benservito dalla compagnia senza nemmeno guardarla negli occhi facendo cadere María in una profonda depressione da cui la donna, nata in povertà e cresciuta tra mille difficoltà, una vera combattente, riemerse quando si rese conto di quanto il pubblico l'amasse e apprezzasse di per sé, a prescindere dal partner di sempre, fino al reincontro sul palco, immortalato nel film, col cobarde traidor Juan Carlos. Una storia da conoscere, un film ben fatto, suggestivo, con inserti d'epoca e altri ricostruiti in studio, con ballerini tra cui spiccano Ayelen Álvarez Miño, che interpreta María Nieves da giovane, e l'intensa Alejandra Gutty, una stella di prima grandezza nell'universo tanguero moderno, che la impersona nei momenti di massimo fulgore. Vivamente consigliato.
Sempre grazie alle rassegne estive che ripropongono, per chi se le fosse perse, le migliori chicche della stagione cinematografica appena trascorsa, eccone ripescata una da intenditori per chi ama il tango in sé, ma anche le storie di amori contrastati e di miserie e redenzioni che ne sono l'anima, incarnate nel racconto, per bocca dei suoi protagonisti, di una vicenda vera: il rapporto professionale, ma anche umano, tra Juan Carlos Copes e María Nieves Rego, la coppia di tangueros forse più famosa d'Argentina, unita sul palco da un sodalizio durato quasi cinquant'anni e per un primo periodo anche nella vita fuori dal palcoscenico, e comunque dalla passione per quel "pensiero triste che si balla", come lo definì non Borges, come insistono a dire i nesci, ma Enrique Santos Discépolo, probabilmente il più grande poeta del tango e, in ogni caso, il mio preferito. In un misto di documentario, musical, biopic con personaggi tuttora viventi, questa coproduzione argentino-tedesca, meritoriamente guidata da Wim Wenders e con la valida regìa di German Kral, si incentra in particolare sulla figura di Maria Nieves Rego, classe 1934 che, sigaretta sempre alla mano, ripercorre la sua storia dal primo incontro con il giovane Juan Carols Copes in una milonga di Palermo Viejo, l'Estrella de Maldonado, uno dei Clubes de Barrio diffusi ancor oggi nelle varie municipalità di Buenos Aires, che negli anni Quaranta e Cinquanta vissero il loro periodo d'oro, all'immediata sintonia, come ballerini e come amanti, al perfezionamento e agli esordi fino alla formazione, sotto la direzione di Copes, anche scenografo, di una compagnia di giovani che furoreggiò prima in patria e poi anche negli USA (Broadway) e in giro per l'Europa negli anni Ottanta sotto la direzione artistica di Astor Piazzolla nello spettacolo Tango Argentino (ebbi occasione di vederli dal vivo sia a Milano sia a Buenos Aires). Alla versione di María (che negando la sua gelosia la conferma ancor di più dando del donnaiolo inaffidabile al compagno: vale più che mai il verso "y es tan fuerte mi odio come fue mi amor", di Rencor, scritta da Julio Sosa e resa immortale da Caros Gardel, che racchiude in sé l'essenza del tango) fanno da contrappunto alcune precisazioni di Juan Carlos Copes, che pure la sposò, a Las Vegas, probabilmente con l'intento di farla stare buona, con una cerimonia "altrimenti valida", il quale la definisce tanto insuperabile come partner artistica quanto insopportabile in privato; si rese però imperdonabile quando, nel 1996, dopo una tournée mondiale di enorme successo, le dette il benservito dalla compagnia senza nemmeno guardarla negli occhi facendo cadere María in una profonda depressione da cui la donna, nata in povertà e cresciuta tra mille difficoltà, una vera combattente, riemerse quando si rese conto di quanto il pubblico l'amasse e apprezzasse di per sé, a prescindere dal partner di sempre, fino al reincontro sul palco, immortalato nel film, col cobarde traidor Juan Carlos. Una storia da conoscere, un film ben fatto, suggestivo, con inserti d'epoca e altri ricostruiti in studio, con ballerini tra cui spiccano Ayelen Álvarez Miño, che interpreta María Nieves da giovane, e l'intensa Alejandra Gutty, una stella di prima grandezza nell'universo tanguero moderno, che la impersona nei momenti di massimo fulgore. Vivamente consigliato.
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