"Torno da mia madre" (Retour chez ma mère) di Eric Lavaine. Con Josiane Balasko, Aleksandra Lamy, Mathilde Seigner, Philippe Lefebvre, Jerôme Commandeur, Cécile Rebboah, Didier Flamand. Francia 2016 ★★½
Film d'intrattenimento ideale per un afoso pomeriggio estivo, con tutti i pregi e difetti della commedia transalpina: molto parlato, con una sceneggiatura poco equilibrata e dispersiva, l'impianto essenzialmente teatrale esalta le doti di una caratterista fenomenale come Josiane Balasko, antica sodale dell'indimenticato Coluche e di Miou Miou, formatasi, per l'appunto, sulla dure tavole del palcoscenico, ma "cade" nella coprotagonista, Aleksandra Lamy che, messa a duellare dialetticamente e con la mimica con un'attrice di tale presenza e intensità, finisce per fare la figura della mozzarella insipida ben più di quanto richieda il suo personaggio: un'architetta quarantenne che, persi marito e lavoro, quest'ultimo per totale superficialità e insipienza, torna all'ovile, ossia a vivere a casa della madre, in quel di Aix-en-Provence, almeno fino a quando non ha risolto i suoi problemi economici più pressanti (ci penserà la madre usando cervello e astuzia, pur di levarsela di torno). Da un lato il film affronta, almeno inizialmente, il tema della difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro di chi l'ha perso, la crisi economica in corso ma altresì le incongruenze e ineguatezze di parte della generazione "pre-millennial", né carne né pesce, ma il fulcro sta nel rapporto di Stephanie con la madre, per l'appunto una volitiva, smaliziata e "ingombrante" Josiane Balasko, la cui esistenza, vissuta finalmente a sua misura dopo essere rimasta vedova, viene di fatto stravolta dall'inopinata presenza di questa figlia inconcludente e fondamentalmente stupida, incline a credere che gli "strani" comportamenti della genitrice siano da attribuire a un Alzheimer incipiente e non al suo desiderio di gestire le proprie faccende in totale autonomia, anche perché lei sa cavarsela e Stephanie, a tutta evidenza, no. Al rapporto madre-figlia si aggiunge quello con la sorella "stronza", una brava Mathilde Seigner, e il fratello vacuo e vanesio, fatto di gelosie, invidie e ripicche meschine: la "vecchia" conosce i suoi polli e li manovra a suo piacimento neutralizzando il loro moralismo ipocrita. Alla fine il verdetto del confronto tra madre e figlia rispecchia quello tra Balasko e la povera Lamy: impietoso; quello fra sorelle e rispettive interpreti, pure; per il resto, tutto carino ma non molto di più.
Film d'intrattenimento ideale per un afoso pomeriggio estivo, con tutti i pregi e difetti della commedia transalpina: molto parlato, con una sceneggiatura poco equilibrata e dispersiva, l'impianto essenzialmente teatrale esalta le doti di una caratterista fenomenale come Josiane Balasko, antica sodale dell'indimenticato Coluche e di Miou Miou, formatasi, per l'appunto, sulla dure tavole del palcoscenico, ma "cade" nella coprotagonista, Aleksandra Lamy che, messa a duellare dialetticamente e con la mimica con un'attrice di tale presenza e intensità, finisce per fare la figura della mozzarella insipida ben più di quanto richieda il suo personaggio: un'architetta quarantenne che, persi marito e lavoro, quest'ultimo per totale superficialità e insipienza, torna all'ovile, ossia a vivere a casa della madre, in quel di Aix-en-Provence, almeno fino a quando non ha risolto i suoi problemi economici più pressanti (ci penserà la madre usando cervello e astuzia, pur di levarsela di torno). Da un lato il film affronta, almeno inizialmente, il tema della difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro di chi l'ha perso, la crisi economica in corso ma altresì le incongruenze e ineguatezze di parte della generazione "pre-millennial", né carne né pesce, ma il fulcro sta nel rapporto di Stephanie con la madre, per l'appunto una volitiva, smaliziata e "ingombrante" Josiane Balasko, la cui esistenza, vissuta finalmente a sua misura dopo essere rimasta vedova, viene di fatto stravolta dall'inopinata presenza di questa figlia inconcludente e fondamentalmente stupida, incline a credere che gli "strani" comportamenti della genitrice siano da attribuire a un Alzheimer incipiente e non al suo desiderio di gestire le proprie faccende in totale autonomia, anche perché lei sa cavarsela e Stephanie, a tutta evidenza, no. Al rapporto madre-figlia si aggiunge quello con la sorella "stronza", una brava Mathilde Seigner, e il fratello vacuo e vanesio, fatto di gelosie, invidie e ripicche meschine: la "vecchia" conosce i suoi polli e li manovra a suo piacimento neutralizzando il loro moralismo ipocrita. Alla fine il verdetto del confronto tra madre e figlia rispecchia quello tra Balasko e la povera Lamy: impietoso; quello fra sorelle e rispettive interpreti, pure; per il resto, tutto carino ma non molto di più.
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