"Le ricette della signora Toku" di Naomi Kawase. Con Kirin Kiki, Masatoshi Nagase, Kyara Uchida, Miyoko Asada, Estuko Ichihara. Giappone 2015 ★★★½
Film triste ma bello": questo il mio commento a caldo alla domanda all'amica, grande appassionata del Sol Levante e appena reduce dalla lettura di "Giorni giapponesi" di Folco Maraini, dopo aver recuperato anche questo "rimasuglio" della passata stagione in una sala pressoché deserta un paio di giorni fa. Regista di successo in patria, Naomi Kawase racconta con delicatezza ed eleganza una storia in realtà assai dura tratta da un best seller locale a cui, pur non avendolo letto, percepisco che dev'essere rimasta assai fedele: Sentaro, un uomo silenzioso e solitario, gestisce una piccola rivendita di dorayaki, un tipico dolce giapponese composto da due dischi di pan cake ripieni di anko, una particolare marmellata di fagioli rossi, senza entusiasmo (si scorprirà in seguito perché obbligato per un antico e pesante debito contratto con il proprietario del locale) e con pochi clienti, soprattutto studentesse di un liceo del quartiere, tra le quali una sola, disadattata pure lei, entra in rapporto con lui fino al giorno in cui a rispondere a un avviso di ricerca di personale temporaneo non si presenta Toku, un'anziana signora che vive in uno stato di particolare e felice sintonia con la natura (la vicenda inizia nella stagione della spettacolare fioritura dei ciliegi, che ha qualcosa di rituale e magico in Giappone), per la quale, avendo avuto un grave problema alle mani, ora quasi deformate, sarebbe un sogno poter preparare di persona la sua marmellata per farcire i dolcetti e magari avere l'onore di servirli, accontentandosi anche di un terzo della paga proposta. Inizialmente controvoglia Sentaro l'assume, anche su sollecitazione della giovane studentessa, ma quando assaggia la salsa anko preparata dalla vecchina si convince della bontà della scelta, entra man mano in confidenza con Toku e il suoi dorayaki cominciano ad andare a ruba. A guastare la festa la moglie del proprietario del negozietto, che lo richiama ai suoi doveri di fedeltà al padrone nonché creditore e, dando ascolto alle voci di persone malevole, gli impone di licenziarla. Toku, che nel frattempo ha intuito tutto, se ne va da sola, in silenzio, lasciando una lettera a Sentaro in cui gli racconta il suo segreto e rivela come, pur non conoscendone i dettagli, ha intuito il suo, pur nascosto dal mutismo di lui. Non rivelo altri dettagli per non pregiudicare la "sorpresa", in realtà in qualche modo intuibile a sua volta. Quel che rimane da dire è che si racconta dell'incontro tra due infelicità, anzi tre comprendendo la ragazza, tutti in qualche modo "ingabbiati" in situazioni che per motivi diversi li discriminano dal prossimo e dalla "normalità": il rapporto di tra Toku e Sentaro ricostituendo quello tra madre e figlio che entrambi non hanno avuto nella realtà, che porta al riscatto di Sentaro, come quello con la giovane, che trova in loro due quell'atmosfera e calore famigliari che non ha con la madre e con le coetanee. Bravi e credibili gli interpreti principali, all'altezza la regìa.
Film triste ma bello": questo il mio commento a caldo alla domanda all'amica, grande appassionata del Sol Levante e appena reduce dalla lettura di "Giorni giapponesi" di Folco Maraini, dopo aver recuperato anche questo "rimasuglio" della passata stagione in una sala pressoché deserta un paio di giorni fa. Regista di successo in patria, Naomi Kawase racconta con delicatezza ed eleganza una storia in realtà assai dura tratta da un best seller locale a cui, pur non avendolo letto, percepisco che dev'essere rimasta assai fedele: Sentaro, un uomo silenzioso e solitario, gestisce una piccola rivendita di dorayaki, un tipico dolce giapponese composto da due dischi di pan cake ripieni di anko, una particolare marmellata di fagioli rossi, senza entusiasmo (si scorprirà in seguito perché obbligato per un antico e pesante debito contratto con il proprietario del locale) e con pochi clienti, soprattutto studentesse di un liceo del quartiere, tra le quali una sola, disadattata pure lei, entra in rapporto con lui fino al giorno in cui a rispondere a un avviso di ricerca di personale temporaneo non si presenta Toku, un'anziana signora che vive in uno stato di particolare e felice sintonia con la natura (la vicenda inizia nella stagione della spettacolare fioritura dei ciliegi, che ha qualcosa di rituale e magico in Giappone), per la quale, avendo avuto un grave problema alle mani, ora quasi deformate, sarebbe un sogno poter preparare di persona la sua marmellata per farcire i dolcetti e magari avere l'onore di servirli, accontentandosi anche di un terzo della paga proposta. Inizialmente controvoglia Sentaro l'assume, anche su sollecitazione della giovane studentessa, ma quando assaggia la salsa anko preparata dalla vecchina si convince della bontà della scelta, entra man mano in confidenza con Toku e il suoi dorayaki cominciano ad andare a ruba. A guastare la festa la moglie del proprietario del negozietto, che lo richiama ai suoi doveri di fedeltà al padrone nonché creditore e, dando ascolto alle voci di persone malevole, gli impone di licenziarla. Toku, che nel frattempo ha intuito tutto, se ne va da sola, in silenzio, lasciando una lettera a Sentaro in cui gli racconta il suo segreto e rivela come, pur non conoscendone i dettagli, ha intuito il suo, pur nascosto dal mutismo di lui. Non rivelo altri dettagli per non pregiudicare la "sorpresa", in realtà in qualche modo intuibile a sua volta. Quel che rimane da dire è che si racconta dell'incontro tra due infelicità, anzi tre comprendendo la ragazza, tutti in qualche modo "ingabbiati" in situazioni che per motivi diversi li discriminano dal prossimo e dalla "normalità": il rapporto di tra Toku e Sentaro ricostituendo quello tra madre e figlio che entrambi non hanno avuto nella realtà, che porta al riscatto di Sentaro, come quello con la giovane, che trova in loro due quell'atmosfera e calore famigliari che non ha con la madre e con le coetanee. Bravi e credibili gli interpreti principali, all'altezza la regìa.
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