sabato 6 aprile 2013

Il ventaglio



“Il ventaglio” di Carlo Goldoni. Regia di Damiano Michieletto, scende di Paolo Fantin, costumi di Carla Teti, luci di Alessandro Carletti. Con Alessandro Albertin, Daniele Bonaiuti, Katiuscia Bonato, Giulia Briata, Nicola Ciaffoni, Emanuele Fortunati, Matteo Fresch, Gian Marco Maffei, Manuela Massimi, Giuseppe Nitti, Silvia Paoli, Pierdomenico Simone Produzione Teatro Stabile del Veneto, Teatri e Umanesimo Latino SpA. Al Teatro "Elfo/Puccini di Milano fino al 14 aprile
E’ un Goldoni dei giorni nostri quello proposto da Damiano Michieletto per lo Stabile del Veneto con l’allestimento di questo “Ventaglio” che aveva riscosso grande successo “in patria” qualche mese fa e fino alla prossima settimana in trasferta a Milano e che ha visto ieri sera la sala Shakespeare piena soltanto a metà ed è un peccato, perché lo spettacolo è frizzante, originale, divertente, energetico e la compagnia di giovani attori molto valida e affiatata. E ce ne vuole di fiato ed energia per stare al ritmo di questa commedia incalzante che ruota attorno a un oggetto di poco conto, un ventaglio, attualizzato in un microventilatore a pile, che passa vorticosamente di mano creando equivoci a tutto spiano e scatenando litigi, scenate, corteggiamenti e inganni tra i vari personaggi, tutti legati da contorte trame d’amore che si complicano per mano di una sorta di un dispettoso Cupido, il bravissimo GIuseppe Nitti, che, non visto dagli altri, dirige la sarabanda. Essenziale la scena, dominata da un’enorme lavagna quadrettata su cui campeggiano i nomi dei protagonisti della vicenda che con pennarelli multicolori vi scrivono le frasi salienti della commedia e rappresentano graficamente il groviglio di rapporti che li lega. A renderla colorata i vestiti dei protagonisti, un miscuglio di popolani, borghesi e nobili decaduti, ognuno con i propri tic, luci al neon fredde ed efficaci, ma soprattutto il brio dei giovani interpreti, con una nota di merito particolare per Silvia Paoli nei panni di Giannina e di Alessandro Albertin in quelli del Conte, non a caso usciti, come  l’altrettanto giovane regista, dalla Scuola Paolo Grassi di Milano, assoluta fucina di talenti. Non stona per nulla la colonna sonora rock che va da un martellante Lou Reed di sottofondo ad Amy Weinhouse con “Cupid”, così come i brevi monologhi autobiografici sulle delusioni amorose sperimentate sulla propria pelle, “fuori contesto” ma pertinenti, perché è l’amore coi suoi intrecci e i suoi giochi di specchi il tema centrale di questa arguta e sempre godibilissima commedia dai tempi teatrali perfetti.

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