The History Boys" di Alan Bennett. Traduzione di Salvatore Cabras e Maggie Rose, regia di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani. Con Elio De Capitani, Ida Marinelli, Gabriele Calindri, Marco Cacciola, Giuseppe Amato, Marco Bonadei, Angeli Di Genio, Loris Fabiani, Andrea Germani, Andrea Macchi, Alessandro Rugnone, Vincenzo Zampa. Luci di Nando Frigerio. Produzione Teatridithalia. Al Teatro Verdi di Padova
Da vecchio frequentatore degli "Elfi", mi fa ha fatto un certo effetto assistere a un loro spettacolo in trasferta, per di più in un delizioso teatro-bomboniera come il "Verdi" di Padova, ma non volevo assolutamente perdermi De Capitani&Co alle prese con la messa in scena di questa commedia di Alan Bennett che già aveva spopolato a Milano nella stagione passata e in quella in corso, registrando una serie di "Tutto esaurito" ad opera soprattutto di un pubblico giovane. Fenomeno che ha ricordato quanto accadde trent'anni fa con "Nemico di classe", altro testo inglese che tratta della scuola e del ruolo dell'educazione, prima regia di De Capitani, uno dei primi grandi successi dell'Elfo in un periodo in cui il teatro italiano era refrattario ai testi contemporanei (vi recitavano, tra gli altri, Paolo Rossi, Clausi Bisio e Antonio Catania). Protagonisti sono otto ragazzi diplomati in una scuola superiore di provincia che sostengono dei corsi preparatori all'ammissione alle università di Cambridge Oxford, tenuti dalla rigorosa insegnante di storia Lintott (Ida Marinelli) e dall'estroso, anarcoide, geniale, omossessuale e a tratti cialtronesco Hector (un De Capitani sontuoso), ma questo non basta al gretto ma megalomane preside della scuola (un perfetto Gabriele Calindri) che ingaggia un ulteriore insegnante, il giovane cinico e ambizioso Irwin (un bravissimo Marco Cacciola) per sgrezzare i ragazzi e renderne o stile più "giornalistico" e spendibile al "supermercato del sapere": un'ammissione con borsa di studio alle due più prestigiose università del darebbe lustro alla scuola di Sheffield (tipica città industriale dell'Inghilterra del Nord, da cui proviene Bennett). Non è solo il senso dell'istruzione al centro della pièce ma anche la funzione degli educatori e le loro relazioni con gli studenti, le loro contraddizioni: una sola scena, un'aula, otto sedie, gli armadietti dello spogliatoio e la scrivania del preside sono più che sufficienti per la rappresentazione del testo. A dare ritmo a uno spettacolo intenso, brioso, ironico, pieno di battute caustiche e precise, mai banali, ma anche di citazioni e riflessioni sempre puntuali e mai noiose, ci pensa una compagnia di giovani ben assortita guidata dagli "Elfi" più anziani in carriera, che ha riscosso i convinti applausi anche dal non più giovane pubblico padovano che ha gremito la platea e i palchi del "Verdi".
Da vecchio frequentatore degli "Elfi", mi fa ha fatto un certo effetto assistere a un loro spettacolo in trasferta, per di più in un delizioso teatro-bomboniera come il "Verdi" di Padova, ma non volevo assolutamente perdermi De Capitani&Co alle prese con la messa in scena di questa commedia di Alan Bennett che già aveva spopolato a Milano nella stagione passata e in quella in corso, registrando una serie di "Tutto esaurito" ad opera soprattutto di un pubblico giovane. Fenomeno che ha ricordato quanto accadde trent'anni fa con "Nemico di classe", altro testo inglese che tratta della scuola e del ruolo dell'educazione, prima regia di De Capitani, uno dei primi grandi successi dell'Elfo in un periodo in cui il teatro italiano era refrattario ai testi contemporanei (vi recitavano, tra gli altri, Paolo Rossi, Clausi Bisio e Antonio Catania). Protagonisti sono otto ragazzi diplomati in una scuola superiore di provincia che sostengono dei corsi preparatori all'ammissione alle università di Cambridge Oxford, tenuti dalla rigorosa insegnante di storia Lintott (Ida Marinelli) e dall'estroso, anarcoide, geniale, omossessuale e a tratti cialtronesco Hector (un De Capitani sontuoso), ma questo non basta al gretto ma megalomane preside della scuola (un perfetto Gabriele Calindri) che ingaggia un ulteriore insegnante, il giovane cinico e ambizioso Irwin (un bravissimo Marco Cacciola) per sgrezzare i ragazzi e renderne o stile più "giornalistico" e spendibile al "supermercato del sapere": un'ammissione con borsa di studio alle due più prestigiose università del darebbe lustro alla scuola di Sheffield (tipica città industriale dell'Inghilterra del Nord, da cui proviene Bennett). Non è solo il senso dell'istruzione al centro della pièce ma anche la funzione degli educatori e le loro relazioni con gli studenti, le loro contraddizioni: una sola scena, un'aula, otto sedie, gli armadietti dello spogliatoio e la scrivania del preside sono più che sufficienti per la rappresentazione del testo. A dare ritmo a uno spettacolo intenso, brioso, ironico, pieno di battute caustiche e precise, mai banali, ma anche di citazioni e riflessioni sempre puntuali e mai noiose, ci pensa una compagnia di giovani ben assortita guidata dagli "Elfi" più anziani in carriera, che ha riscosso i convinti applausi anche dal non più giovane pubblico padovano che ha gremito la platea e i palchi del "Verdi".
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