“Diaz – Non pulire questo sangue” di Daniele Vicari. Con Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Jacopini, Ralph Amoussou, Fabrizio Rongione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia, Antonio Gerardi, Alessandro
Roja. Italia 2012 ★★★
Il film funziona, gli interpreti (tutti) anche, la ricostruzione dell'atmosfera che si respirava a Genova quel sabato 21 luglio 2001, e degli avvenimenti che precedettero l'assalto da parte della polizia alla scuola Diaz, no. Il film si basa sugli atti processuali e le sentenze, che portarono alla sbarra 29 poliziotti sui 300 che parteciparono al macello e vide la condanna di 27 di loro per reati in gran parte prescritti; 44 altre condanne ci furono per i successivi fatti svoltisi a Bolzaneto (parte dei feriti e arrestati dopo l'irruzione alla "Diaz" ricevettero un secondo e ancor più sadico trattamento alla caserma di Bolzaneto), ma la versione assomiglia sempre troppo a quella fornita dagli imputati che, non dimentichiamolo, furono le forze dell'ordine, se ha un senso chiamarle così. Il cielo non era terso, nel tardo pomeriggio di quel sabato sopra Genova, ma carico di fumi che si erano trasformati un nuvole nerastre, dopo che il corteo dei 300 mila, che pure decise di manifestare il giorno successivo agli incidenti che portarono alla morte di Carlo Giuliani, era stato attaccato dalla polizia, spezzato in due tronconi, il secondo dei quali brutalizzato sul lungomare di Corso Italia, verso Albaro, con l'uso anche di elicotteri che hanno continuato a volteggiare lugubri, fino all'imbrunire. Le retate dei feriti che si recavano a farsi curare nei pronto soccorso erano già cominciate, così come quelle di singoli e gruppetti che si aggiravano sperduti alla ricerca dei pullman con cui lasciare la città. Col cazzo che si girava così tranquillamente per le strade come dà a vedere il film: la sensazione di caccia all'uomo era nell'aria, palpabile. Avrebbe avuto il suo culmine alla "Diaz", dove si erano recati, indirizzati dagli organizzatori, a passare la notte coloro che non avevano trovato altro alloggio e non avevano già lasciato Genova. Ma queste premesse nel film non ci sono, e i presupposti della spedizione alla "Diaz" sembrano ridursi a una singolar tenzone tra "Black Bloc" (quasi tutti stranieri, nel film, e che alla fine si rendono conto, o almeno uno di loro, di esserne stati la causa) e polizia. Il pugno nello stomaco è forte: le scene dell'irruzione nella scuola sono efficaci, e do atto al film di aver mostrato senza reticenze e alibi una violenza cruda e cieca, che non trova alcuna giustificazione. Nemmeno nella supposta presenza dei "Black Bloc": che viene usata da chi ha orchestrato l'operazione per "caricare", ossia drogare psicologicamente ancor di più gente che in buona parte violenta lo è già per vocazione. E scelta. Perché è una violenza che nasce nell'individuo e viene sistematicamente (e non episodicamente) usata dal sistema quando occorre (ricordiamoci che un presidente "democratico" come Obama ha firmato il National Defense Authorisation Act che prevede una sorta di legge marziale e che il suo Paese, faro della libertà, possiede centri di detenzione come Guantanamo, che definire abusivi è il minimo, per di più fuori dal suolo nazionale). In questo senso "Diaz" è un caso eclatante, ma lo è ancora di più Bolzaneto, alla caserma dove i feriti e i fermati giungono in stato di detenzione, e questo il film lo dice. Giustamente il regista non ha avuto intenzione di fare un documentario sul G8 ma un film su un episodio di violenza che vi è accaduto, per non dimenticare, e questo va a merito di Daniele Vicari e di Domenico Procacci che lo ha prodotto; le perplessità nascono da cosa riuscirà a capire un ventenne d'oggi o chi vedrà la pellicola tra dieci anni su cosa è successo a Genova nell'estate di undici anni fa e perché. Non credo che la carenza dei film stia nel fatto di "non aver fatto nomi", come sostiene Vittorio Agnoletto, che fu portavoce e organizzatore del Genova Social Forum, che a sua volta, proprio a Genova e dintorni di castronerie ne disse e ne fece quanto basta, ma per il resto sono d'accordo con lui.
Il film funziona, gli interpreti (tutti) anche, la ricostruzione dell'atmosfera che si respirava a Genova quel sabato 21 luglio 2001, e degli avvenimenti che precedettero l'assalto da parte della polizia alla scuola Diaz, no. Il film si basa sugli atti processuali e le sentenze, che portarono alla sbarra 29 poliziotti sui 300 che parteciparono al macello e vide la condanna di 27 di loro per reati in gran parte prescritti; 44 altre condanne ci furono per i successivi fatti svoltisi a Bolzaneto (parte dei feriti e arrestati dopo l'irruzione alla "Diaz" ricevettero un secondo e ancor più sadico trattamento alla caserma di Bolzaneto), ma la versione assomiglia sempre troppo a quella fornita dagli imputati che, non dimentichiamolo, furono le forze dell'ordine, se ha un senso chiamarle così. Il cielo non era terso, nel tardo pomeriggio di quel sabato sopra Genova, ma carico di fumi che si erano trasformati un nuvole nerastre, dopo che il corteo dei 300 mila, che pure decise di manifestare il giorno successivo agli incidenti che portarono alla morte di Carlo Giuliani, era stato attaccato dalla polizia, spezzato in due tronconi, il secondo dei quali brutalizzato sul lungomare di Corso Italia, verso Albaro, con l'uso anche di elicotteri che hanno continuato a volteggiare lugubri, fino all'imbrunire. Le retate dei feriti che si recavano a farsi curare nei pronto soccorso erano già cominciate, così come quelle di singoli e gruppetti che si aggiravano sperduti alla ricerca dei pullman con cui lasciare la città. Col cazzo che si girava così tranquillamente per le strade come dà a vedere il film: la sensazione di caccia all'uomo era nell'aria, palpabile. Avrebbe avuto il suo culmine alla "Diaz", dove si erano recati, indirizzati dagli organizzatori, a passare la notte coloro che non avevano trovato altro alloggio e non avevano già lasciato Genova. Ma queste premesse nel film non ci sono, e i presupposti della spedizione alla "Diaz" sembrano ridursi a una singolar tenzone tra "Black Bloc" (quasi tutti stranieri, nel film, e che alla fine si rendono conto, o almeno uno di loro, di esserne stati la causa) e polizia. Il pugno nello stomaco è forte: le scene dell'irruzione nella scuola sono efficaci, e do atto al film di aver mostrato senza reticenze e alibi una violenza cruda e cieca, che non trova alcuna giustificazione. Nemmeno nella supposta presenza dei "Black Bloc": che viene usata da chi ha orchestrato l'operazione per "caricare", ossia drogare psicologicamente ancor di più gente che in buona parte violenta lo è già per vocazione. E scelta. Perché è una violenza che nasce nell'individuo e viene sistematicamente (e non episodicamente) usata dal sistema quando occorre (ricordiamoci che un presidente "democratico" come Obama ha firmato il National Defense Authorisation Act che prevede una sorta di legge marziale e che il suo Paese, faro della libertà, possiede centri di detenzione come Guantanamo, che definire abusivi è il minimo, per di più fuori dal suolo nazionale). In questo senso "Diaz" è un caso eclatante, ma lo è ancora di più Bolzaneto, alla caserma dove i feriti e i fermati giungono in stato di detenzione, e questo il film lo dice. Giustamente il regista non ha avuto intenzione di fare un documentario sul G8 ma un film su un episodio di violenza che vi è accaduto, per non dimenticare, e questo va a merito di Daniele Vicari e di Domenico Procacci che lo ha prodotto; le perplessità nascono da cosa riuscirà a capire un ventenne d'oggi o chi vedrà la pellicola tra dieci anni su cosa è successo a Genova nell'estate di undici anni fa e perché. Non credo che la carenza dei film stia nel fatto di "non aver fatto nomi", come sostiene Vittorio Agnoletto, che fu portavoce e organizzatore del Genova Social Forum, che a sua volta, proprio a Genova e dintorni di castronerie ne disse e ne fece quanto basta, ma per il resto sono d'accordo con lui.
Ottimo pezzo, approvo completamente quello che dici.
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