Cosa piove dal cielo? (Un cuento chino) di Sebastián Borensztein. Con Ricardo Darín, Huang Sheng Huang, Muriel Santa Ana, Iván Romanelli, Javier Pinto. Argentina, Spagna 2011 ★★★½
So che è una battaglia persa, ma mi ostino a incazzarmi per l'abitudine di titolare all'italiana i film stranieri. In questo caso il semplice "Un racconto cinese" è diventata una domanda che richiama alla mente blockbuster hollywoodiani per decerebrati con protagonisti poppanti che perdono l'aereo. Comunque in questo film, che nella sua semplicità per decerebrati non è, le mucche capita che precipitino dal cielo (in maniera più verosimile di quanto si possa pensare) e cambino la vita di un 25 enne cinese che, colpito da una sciagura che ha ucciso la sua fidanzata, arriva in Argentina alla ricerca di uno zio e viene scaraventato da un taxi, su cui è stato derubato, ai piedi di Roberto De Cesare, un burbero e scontroso ferramenta affetto da misantropia che lo raccoglie, letteralmente, e lo accoglie in casa in attesa che l'ambasciata della Repubblica Popolare rintracci il parente che nel frattempo ha venduto il suo negozio di Buenos Aires per trasferirsi altrove. Il cinese non parla una parola di castigliano e la convivenza della "strana coppia" ha alcuni tratti esilaranti. La figura centrale rimane comunque Roberto, un uomo scontroso, rimasto orfano di madre dalla nascita, pieno di manie, tra cui la raccolta maniacale di oggetti assurdi da mettere in una vetrina che è una sorta di altarino alla madre mai conosciuta e di notizie inverosimili ritagliate dai giornali e archiviate scrupolosamente. Roberto si difende così dalle assurdità della vita e dai clienti imbecilli, evitando anche le avances dell'amica Maria, da sempre innamorata di lui. La scoperta che il ragazzo è a sua volta vittima di vicende assurde apre fa emergere del tutto un'umanità che Maria aveva sempre intuito: tra le assurdità, quella del padre, italiano emigrato in Argentina per sfuggire al fascismo e alla guerra che li ritrova entrambi nella nuova patria, fino a trovare la foto del figlio in guerra contro gli inglesi (Malvinas, 1982) sulla prima pagina dell'Unità che si fa mandare settimanalmente dall'Italia e morire di crepacuore. Curiosamente, una visione "camusiana", con la solidarietà tra individui che combatte e vince le assurdità dell'esistenza, appena dopo aver visto "Il primo uomo". Ricardo Darín è l'icona maschile del cinema argentino e dà corpo in maniera perfetta a tutti i personaggi, bravi anche il cinese a gli altri interpreti, atmosfera tipicamente porteña, tra Palermo Viejo, la Chacarita e l'Aeroparque Newbery e dintorni per chi conosce la Capital Federal, una pellicola semplice, serena, con tratti surrealistici, anche questi abbastanza porteñi, una piccola favola istruttiva e non banale. Aria fresca.
So che è una battaglia persa, ma mi ostino a incazzarmi per l'abitudine di titolare all'italiana i film stranieri. In questo caso il semplice "Un racconto cinese" è diventata una domanda che richiama alla mente blockbuster hollywoodiani per decerebrati con protagonisti poppanti che perdono l'aereo. Comunque in questo film, che nella sua semplicità per decerebrati non è, le mucche capita che precipitino dal cielo (in maniera più verosimile di quanto si possa pensare) e cambino la vita di un 25 enne cinese che, colpito da una sciagura che ha ucciso la sua fidanzata, arriva in Argentina alla ricerca di uno zio e viene scaraventato da un taxi, su cui è stato derubato, ai piedi di Roberto De Cesare, un burbero e scontroso ferramenta affetto da misantropia che lo raccoglie, letteralmente, e lo accoglie in casa in attesa che l'ambasciata della Repubblica Popolare rintracci il parente che nel frattempo ha venduto il suo negozio di Buenos Aires per trasferirsi altrove. Il cinese non parla una parola di castigliano e la convivenza della "strana coppia" ha alcuni tratti esilaranti. La figura centrale rimane comunque Roberto, un uomo scontroso, rimasto orfano di madre dalla nascita, pieno di manie, tra cui la raccolta maniacale di oggetti assurdi da mettere in una vetrina che è una sorta di altarino alla madre mai conosciuta e di notizie inverosimili ritagliate dai giornali e archiviate scrupolosamente. Roberto si difende così dalle assurdità della vita e dai clienti imbecilli, evitando anche le avances dell'amica Maria, da sempre innamorata di lui. La scoperta che il ragazzo è a sua volta vittima di vicende assurde apre fa emergere del tutto un'umanità che Maria aveva sempre intuito: tra le assurdità, quella del padre, italiano emigrato in Argentina per sfuggire al fascismo e alla guerra che li ritrova entrambi nella nuova patria, fino a trovare la foto del figlio in guerra contro gli inglesi (Malvinas, 1982) sulla prima pagina dell'Unità che si fa mandare settimanalmente dall'Italia e morire di crepacuore. Curiosamente, una visione "camusiana", con la solidarietà tra individui che combatte e vince le assurdità dell'esistenza, appena dopo aver visto "Il primo uomo". Ricardo Darín è l'icona maschile del cinema argentino e dà corpo in maniera perfetta a tutti i personaggi, bravi anche il cinese a gli altri interpreti, atmosfera tipicamente porteña, tra Palermo Viejo, la Chacarita e l'Aeroparque Newbery e dintorni per chi conosce la Capital Federal, una pellicola semplice, serena, con tratti surrealistici, anche questi abbastanza porteñi, una piccola favola istruttiva e non banale. Aria fresca.
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