mercoledì 31 dicembre 2008

Outlet City


Panorama Bandung di NikonrobinBANDUNG – Nota un tempo come ”la Parigi di Giava”, la capitale di Giava Ovest, quarta città dell'Indonesia coi suoi oltre due milioni di abitanti, circondata da vulcani e posta essa stessa sul declivio di una collina, a un'altezza media di 750 metri, Bandung è il cuore della cultura sundanese. Fondata solo alla fine dell'Ottocento come gaurnigione coloniale dagli olandesi, acquistò importanza in brevissimo tempo come città industriale e di commerci oltre che polo universitario di primario rilievo, ed è anche l'esempio di una tipica città indonesiana di dimensioni medio-grandi e vale solo per questo una visita, anche se di fatto non c'è quasi niente di memorabile da vedere, a parte un notevole Museo Geologico, con una sezione dedicata alla vulcanologia, un'altra alle ricerche petrolifere, oltre a raccolte di fossili, tra cui la riproduzione del teschio dell'Uomo di Giava e lo scheletro di un Thyrannosaurus Rex (con un commosso ricordo del grande, geniale Marc Bolan da parte dello scrivente; foto più sotto a sinistra), museo che ha sede nello stesso bell'edificio coloniale in cui aveva sede il Servizio Geologico Olandese. Per chi come me si interessa di politica internazionale, d'obbligo una visita al Museo della Conferenza Asia-Africa, che si tenne qui nel 1955 ed ebbe come protagonisti, tra gli altri, Sukarno, Zhou En Lai, Ho Chi Minh e Nasser, con tanto di documenti, foto e reperti d'epoca, e che si trova nel bel palazzo che la ospitò, costruito per l 'occasione. Rimane la moderna ed enorme moschea centrale, situata nell'Alun Alun (piazza principale: foto in basso a destra) i cui due minareti ricordano dei fari marittimi o anche delle torri televisive, e da cui i sofferenti latrati del muezzin si diffondono per tutta la città prima ancora che si intraveda la prima luce del giorno. Non si può nemmeno dire che Bandung sia orrenda, né squallida, né particolarmente sporca: la città ha quantomeno una forma, un senso, una sua dimensione e una identità, al di là di un traffico demenziale e dell'inesistenza di un qualsivoglia piano viabilistico, che a mio parere non è mai nemmeno stato vagamente preso in considerazione. Divisa a metà dalla ferrovia che collega Jakarta a Surabaya e passa per Yogyakarta, attraversando da latitudinalmente l'isola, la parte a T-RexSud della stazione costitusce il centro vero e proprio e raccoglie il nucleo per così dire storico: qualche palazzo d'epoca coloniale lo si scorge ancora; la parte a Nord, in cui si trovano i quartieri residenziali e benestanti, alcuni dei quali chiusi da sbarre e con tanto di gabbiotti per la sorveglianza all'ingresso, si inerpica sulla collina di Dago, dalla cui cima si gode un vista panoramica spettacolate sulla città e sui vulcani che la circondano: il Tanghkuban Prahu (barca rovesciata) a Nord, il Patuha e il Guntur a Sud. Città industriale, dicevo, e commerciale: le due zone urbane sono divise anche per settore merceologico. Nella parte alta domina il tessile, e la strada principale, Jalan Chiubaduyut, è conosciuta come la Strada dei jeans, caratterizzata da orribili statue di gesso, a comiciare da quella di Rambo; in quella bassa, con epicentro Jalan Chihampelas, è il delirio della scarpa tarocca, (sepatu il termine indonesiano per calzatura, con una reminiscenza iberica). Prezzi ridicoli, come del resto la qualità: a parte che per un occidentale di corporatura appena normale trovare una misura o un numero adatto è impresa praticamente impossibile. Quello che ci si chiede, è come e a chi si possa vendere la spaventosa quantità di merce esposta, ma è evidente che l'offerta segue la domanda, e se le finiture lasciano a desiderare, è altresì vero che la gente compra e si veste e dunque evidentemente ha soldi da spendere, se affolla centri commerciali, negozi e gli onnipresenti Outlet, che spuntano ovunque. Outlet: insegna che unisce la città alta con quella bassa, parola feticcio di Bantung come l'espressione hub a Singapore. Bantung è anche sede dell'Istituto di Tecnologia, fondato nel 1920. Fu la prima università olandese aperta agli indonesiano, e dal 1920 al 1925 vi studiò Sukarno, che fu tra i fondatori della Bandung Study Society, i cui membri avrebbero dato vita al Partito Nazionalista Indonesiano,  promotore dell'indipendenza del Paese. I suoi studenti hanno sempre mantenuto viva la tradizione di attivismo politico, dalla pubblicazione nel 1978 del Libro bianco della lotta studentesca, in cui si denunciava la corruzione agli alti livelli della pubblica amministrazione, alle manifestazioni quotidiane di centomila studenti del 1998, che portarono alle dimissioni di Suharto. Oggi stesso ho assistito a un corteo di protesta, peraltro civilissimo (non si trattava di estremisti islamici), contro i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza dei giorni scorsi. Un'ultima notazione: non si capisce perché anche un Paese prevalentemente islamico festeggi la fine dell'anno cristiano con tanto fervore. Tra l'altro in questo periodo, come da noi, ci sono le ferie scolastiche invernali: e nella sostanziale assenza di stagioni che caratterizza le zone equatoriali non se ne vede il motivo, se non uno scimmiottamento del tanto criticato (ma invidiato Alun Alune scopiazzato) Occidente. Così l'intero Paese è in movimento, in particolare sono in fuga dalla città gli abitanti di Jakarta, e ogni meta va bene compresa Bandung, se non altro perché più fresca della capitale. Che poi la vacanza consista nello stare chusi in albergo, è un altro paio di maniche. Sembra di essere in Russia: nessuno in giro, rari gli escursionisti  sui vulcani e senza lavoro le guide, il turista indigeno-tipo staziona con amici o membri della famiglia assiso su una sediola in polietilene davanti alla camera d'albergo, con vista sul patio, porta rigorosamente spalancata su un suk in miniatura in cui è stata trasformata la stanza, televisione accesa su una qualche sit-comedy e thermos col tè a portata di mano. D'obbligo la tenuta in braghette corte e maglietta arrotolata sopra l'ombelico per gli uomini e sandali di plastica variopinta e trasparente del genere muco per le donne. Il montare dell' attesa della mezzanotte lo si nota, e soprattutto sente, per il crescente entusiasmo con cui scoppiano mortaretti e si suonano, col trascorerre dei giorni e in un crescendo rossiniano nelle ultime ore, le trombette di cartone multicolore in vedita a montagne in tutti gli angoli delle strade: rimane da scoprire se qui ci sia qualche piatto tradizionale per l'occasione e con quale liquido si proceda ai brindisi si rito. Colgo l'occasione per rallegrami per la fine del  fottuto bisesto con gli eventuali lettori e ringraziare in anticipo per la sveglia che mi sarà senz'altro data domattina alle 6 dai messaggi di auguri che immancabilmente mi  verranno spediti a quell'ora non tenendo conto della differenza di fuso orario. Ma i fumi dell'alcol fanno di questi scherzi e io, che sarò incredibilmente sobrio, apprezzerò perché sarà il momento di rimettersi nuovamente in moto e montare sul treno: prossima tappa Yogyakarta, la capitale culturale di Giava, dove  in quanto a bellezze e cose da vedere si va a colpo sicuro!

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