"Il ritratto del Duca" (The Duke) di Roger Michell. Con Jim Broadbent, Helen Mirren, Fionn Whiethead, Matthew Goode, Craig Conway, Heather Craney, Jack Bandeira, Aimée Kelly e altri. GB 2020 ★★★★
E' il film che ci vuole, con l'aria che tira, e purtroppo è l'ultimo della carriera di Roger Michell, regista sudafricano ma dallo stile quanto mai "british", famoso per aver girato Notting Hill e purtroppo deceduto nel settembre dell'anno scorso. Trae ispirazione da un fatto vero avvenuto nel 1961, il furto del ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya, acquisito per la somma allora astronomica di 140 mila sterline dal governo inglese, affinché non cadesse in mani straniere. La cosa aveva mandato fuori dai gangheri Kempton Bunton (Jim Broadbent, straordinario per bravura e simpatia) da Newcastle, tipico inglese del Nord appartenente alla working class ma dotato di una buona cultura da autodidatta, una sorta di Robin Hood in età di pensione che combatte per la giustizia sociale e questioni di principio: autodidatta, scrive drammi per la BBC che nessuno vuole produrre, e conduce una battaglia per l'abolizione dell'obbligo di pagare il canone per anziani e reduci di guerra: è una delle tante della sua vita, per questioni di sacrosanto principio. La controparte ce l'ha in famiglia: Dorothy detta Dolly, una Helen Mirren all'altezza del collega, sensata, coi piedi per terra, che sopporta le bizzarrie del marito e aiuta il bilancio famigliare facendo le pulizie presso la casa di un consigliere comunale: i duetti verbali tra i due sono semplicemente deliziosi; a completare il quadro, un figlio che fa tramacci poco chiari fuori città, e quello minore, Jack, carpentiere nautico, che è l'autore del furto, dopo averne sentito parlare in TV e dal padre, scandalizzato dal fatto che il governo abbia speso del danaro pubblico per quel quadro invece di investirlo per aiutare i più bisognosi. Dopo aver scoperto che il Goya era in casa sua, Kempton decide di coprire il figlio e chiede un riscatto alle autorità: renderà il quadro (che esse sono convinte essere stato rubato su commissione da parte di una banda di professionisti, probabilmente italiani e con preparazione militare...) se investiranno 140 mila sterline a fini sociali. Renderà il dipinto e verrà scoperto, finendo sotto processo ma, con la sua simpatia e il suo buon senso, riuscirà a conquistare la giuria (oltre ai magistrati, agli avvocati e al pubblico presente in aula) e se la caverà con poco, mentre la polizia si guarderà bene dall'approfondire le vere responsabilità del furto e, per non fare ulteriori figure di merda, eviterà di incolpare il giovane Jack. Humour tipicamente inglese, sceneggiatura perfetta e attenzione maniacale alle battute, tutti gli interpreti sono di altissimo livello, oltre ai due citati, un film scanzonato però mai banale, leggero ma non stupido. In UK sanno fare cinema, o almeno quello che piace a me e quello che ci vuole per respirare aria fresca in questi tempi difficili, di rara idiozia collettiva e di grande confusione mentale. Il film giusto al momento giusto. Thank you and Rest in Peace, dear Roger.
Nessun commento:
Posta un commento