"L'ombra del giorno" di Giuseppe Piccioni. Con Riccardo Scamarcio, Benedetta Porcaroli, Lino Musella, Vincenzo Nemolato, Antonio Salines, Costantino Seghi, Valeria Bilello, Sandra Ceccarelli, Waël Sersoub e altri. Italia 2022 ★★★=
Film a due facce, da un lato realistico per come ricrea in modo più che credibile l'ambiente e i tipi umani di un'Italia che nell'arco di un quindicennio si è adeguata al fascismo, dall'altro favolistico, con uno svolgimento a tratti improbabile, dei salti temporali e delle incongruenze che contrastano con l'accuratezza dei dettagli e della descrizione della maggior parte dei personaggi. A cominciare da quello di Luciano, interpretato con grande misura ed efficacia da Riccardo Scamarcio, qui anche nelle vesti di produttore, un reduce di guerra, da cui è tornato con una ferita alla gamba che l'ha reso zoppo, e che gestisce un ristorante nella piazza centrale di Ascoli Piceno, peraltro città natale del regista, tiepido sostenitore del fascismo, come la stragrande maggioranza dei nostri connazionali di allora, il quale non si pone troppe domande e tira avanti. Siamo nei giorni della visita a Roma di Hitler nella tarda primavera del 1938 (torna in mente Una giornata particolare di Ettore Scola, un capolavoro) e alla vigilia delle leggi razziali emanate in suo gentile omaggio, e a scombussolargli la vita e indurlo a porsi domande, e financo a rischiare la propria tranquillità e incolumità, l'arrivo di una ragazza, Anna (una convincente Benedetta Porcaroli), che gli si presenta dicendosi bisognosa di un lavoro, quale che fosse. L'assume come aiuto in prova in cucina non tardando ad accorgersi che a differenza degli altri addetti non è certo una popolana, ma che è istruita, sa tenere la contabilità, è colta (e un po' troppo emancipata per l'epoca), e così diventa prima cameriera e, benché poco fascista, sua persona di fiducia. Tra i due crescono la confidenza, il confronto, e nasce anche un rapporto che va oltre a quello professionale, cosicché Anna si rivela per quella che è davvero, suscitando in Luciano il desiderio e anche il senso di dovere di proteggerla dai pericoli incombenti. Che si estendono anche al marito di lei, che compare del tutto fuori luogo nei panni di un "resistente" francese a cui non basta una falsa identità per sfuggire alla caccia dei fascisti, e che Luciano decide, per amore di Anna, di nascondere per lunghi mesi se non qualche anno (non si capisce) nei sotterranei del suo locale, benché un gerarca locale suo amico e la milizia sospettino qualcosa e mettendo quindi a rischio la propria reputazione e la sua stessa vita: Waël Sersoub, così come il suo personaggio, oltre che inconsistente e irritante, sembra capitato lì per puro caso e aggiunge qualcosa di completamente inutile alla trama complicandola e rendendo pressoché implausibile una parte della vicenda, mentre rimane valida quella che riguarda il quadro d'epoca, con personaggi ben caratterizzati dagli attori, come il gerarca di Lino Musella, il cuoco antifascista Vincenzo Nemolato, il professore di diritto obiettore di Antonio Salines, purtroppo scomparso prima dell'uscita della pellicola, il cameriere arrivista e spione di Costantino Seghi, la soubrette di regime di Valeria Bilello. Bene insomma sul versante descrittivo di quei tempi e delle psicologie degli uomini e delle donne d'allora, a cominciare dalla figura del reduce di guerra accolto al ritorno come un paria e non come il salvatore della patria come era stato portato a credere, e che nella sua ricerca di normalità e di una vita senza scosse spera di cancellare il ricordo di aver dovuto imparare a uccidere, e non certo per scelta; il cui modo di vita viene scombussolato dall'entrata in scena di una donna fuori da suoi schemi e che ne mette in discussione le (poche) certezze. Insomma, per quanto ben girato e curato, e comunque gradevole, il film lascia a desiderare sul versante della sceneggiatura e la credibilità della storia. A meno di non volerla considerare una sorta di favola. Senza lieto fine: diciamo sospeso...
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