"Il male non esiste" (Sheitan vojud nadarad) di Mohammad Rasoulov. Con Ehsan Mirhosseini, Shaghayegh Shoorian, Kaveh Ahangar, Alireza Zareparast Salar Khamseh, Darya Moghbeli, Mahtab Servati, Baran Rasoulof, Mohammad Valizadegan, Shahi Jila. Germania, Repubblica Ceca, Iran, 2020 ★★★★★
Vincitore dell'Orso d'Oro alla 70ª edizione del festival di Berlino del 2020, premio che il regista iraniano non ha potuto ritirare di persona in quanto trattenuto in patria per essere considerato un oppositore del regine teocratico, esce nelle sale italiane soltanto ora uno dei migliori film visti nella presente stagione, tale non solo per il tema che affronta, la pena di morte a seconda della prospettiva di chi è incaricato di eseguirla, ma anche della corresponsabilità con uno Stato oppressore da un lato e il valore testimoniale del rifiuto di eseguire un ordine, pagandone le conseguenze, per rimanere fedele ai propri principi morali. E' proprio per renderli complici che il regime degli ayatollah, così come quelli più tirannici succedutisi nella storia di un'umanità che non ha mai finito di corrompersi abbastanza e di rifiutarsi di trarre insegnamento dalle bestialità del passato, come testimoniano le vicende di queste settimane, costringe i soldati di leva a eseguire le condanne alla pena capitale, ricompensandoli magari con qualche giorno di licenza. Come succede al militare che ne ha ottenuti tre per recarsi dalla famiglie della fidanzata per chiederla in sposa nel giorno del suo compleanno, salvo scoprire che la ragazza, suo fratello e i genitori sono sconvolti perché un loro amico, intellettuale avverso al regime, è da poco stato giustiziato. Un altro disgraziato si rifiuta di eseguire la sentenza e gli riesce una rocambolesca fuga dall'istituto di pena con l'aiuto della sua ragazza e, forse, riuscirà e scamparla. Altri due episodi (ognuno dura circa 35 minuti girati con maestria, in un crescendo inesorabile, di rara efficacia sia visiva sia per i dialoghi) vedono un secondino, un uomo mite, premuroso con la propria moglie e la figlia, marito e padre esemplare, che rientra al lavoro e procede a impiccagioni seriali come se si trovasse ad avvitare un bullone a una catena di montaggio e un medico che vive in una sorta di esilio interno in una località sperduta per tenersi alla larga dai guai che riceve la visita di una nipote che vive in Germania: è un malato terminale e vuole comunicarle una verità che sconvolgerà la vita della ragazza. Il regista non giudica, propone dei dubbi e deciderà lo spettatore, se vuole farlo, a seconda dei suoi principi etici. Un film esemplare per chiarezza, fluidità del racconto, ritmo, coinvolgimento, a cui è impossibile restare indifferenti e che obbliga a ragionare e a prendere una posizione. Come se non bastassero trama e la pulizia dei quattro episodi che compongono questo maestrale mosaico della condizione umana, interpreti perfetti e anche un sottofondo musicale perfettamente adeguato. Assolutamente consigliato.
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