"Belfast" di Kenneth Branagh. Con Jude Hill, Cailtrona Balfe, Ciàran Hinds, Judy Dench, Jamie Doman, Colin Morgan, Conor MacNeill, Lara McDonnel e altri. GB 2021 ★★★+
Un omaggio sentimentale e, diciamolo, ruffiano quanto basta, quello che Kenneth Branagh fa alla città in cui è nato e ha vissuto fino ai 9 anni, compiuti nel 1969, quando i Troubles, iniziati l'anno precedente con epicentro Londonderry, si spostarono nella capitale nordirlandese. Con il conflitto sullo sfondo, il regista e attore (in questa occasione anche nella veste di sceneggiatore e produttore) va al ricordo di quell'estate, che segnò anche lo sbarco dell'uomo sulla Luna, rivissuta con gli occhi di un bambino, Buddy, lo stupefacente Jude Hill, il protagonista principale di questo film in buona parte autobiografico, il quale vive col fratello maggiore e la madre (Cailtrona Balfe) in una strada dove convivono pacificamente protestanti (come Branagh) e cattolici, accomunati dall'appartenenza alla classe lavoratrice, in un tempo in cui questa aveva il sopravvento su quella a una confessione religiosa, mentre il padre lavora come carpentiere in Inghilterra e rientra ogni due settimane a trovare la famiglia e gli anziani genitori nonché amatissimi nonni di Buddy (gli impareggiabili Judy Dench e Ciàran Hinds). Mentre la situazione si inasprisce, con gli estremisti lealisti che intendono ripulire la strada dai cattolici e chiedono dedizione alla causa ai correligionari, nella mente del padre di Buddy si affaccia l'idea di emigrare per portare al sicuro la famiglia oltre che per risolvere i problemi economici che l'affliggono (anche a causa della sua propensione alle scommesse ippiche): per casa circolano dépliant allettanti su Sydney o Vancouver ma né la moglie, né i figli, soprattutto Buddy, vogliono saperne di allontanarsi da quella strada che è il loro mondo, dagli amici (nel caso del bambino il suo primo amore: Katherine, la prima della classe, cattolica) e, soprattutto, dai nonni; infine arriverà l'offerta da parte degli attuali datori di lavoro di trasferirsi in Inghilterra, che mettono a disposizione un alloggio gratuito e un lavoro sicuro e ben retribuito, accettata a malincuore dalla famiglia di Buddy mentre la situazione si fa man mano più pericolosa e incerta. Il film racconta la vita quotidiana di quel rione in quei mesi "sospesi" e le vicende infantili si incrociano con quelle degli adulti; i ricordi di Buddy sono resi in un bianco e nero di grande impatto, grazie alla superba fotografia di Haris Zambarloukos salvo quando si tratta di situazioni che hanno a che vedere con lo spettacolo (cinema, teatro o musica) e si rifanno al percorso formativo dello stesso Branagh, e in tal caso sono resi a colori. Nonostante gli eventi drammatici che segnarono l'epoca il tono è divertito, affettuoso, sdrammatizzante, in linea col carattere irlandese che accomuna le due parti in causa, e le immagini sono supportate dalla colonna sonora affidata in tutto a Van Morrison, nativo di Belfast e di famiglia protestante pure lui, che pur a tratti soverchiante da sola vale il prezzo del biglietto. Un amarcord allegro, tutto sommato, per niente retorico e sincero nonostante il gigionismo innato di Branagh.
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