venerdì 3 gennaio 2020

Sorry We Missed You

"Sorry We Missed You" di Ken Loach. Con Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor, Ross Brewster, Charlie Richmond e altri. GB, Francia, Belgio 2019 ★★★★½
Coerente, lucido, implacabile, alla bell'età di 84 anni Ken Loach mette nuovamente il dito nella piaga con chirurgica precisione, e stavolta nel mirino c'è ancora una volta la precarietà, fatta passare per indipendenza, auto organizzazione e libertà: "sii l'imprenditore di te stesso" è la vergognosa fandonia che viene spacciata dai nuovi padroni (non tanto e non solo i grandi gruppi multinazionali bensì i padroncini a cui queste subappaltano la produzione e i servizi) a lavoratori a cui è stata tolta qualsiasi tutela e addossato il rischio di attività non proprie: caso tipico quello di Ritchie, un quarantenne sposato con Abby, e con due figli adolescenti, che ha fatto mille lavori nel campo dell'edilizia e che si mette, si fa per dire, in proprio nel campo delle consegne di pacchi: al fine di lavorare con una ditta (non per, sottolinea il coordinatore, che per mentalità è peggio di un negriero, a cui l'unica cosa che importa è tenere a distanza i "collaboratori") e fare il corriere, si indebita per comprare un furgone costringendo la moglie a vendere la sua utilitaria per pagare l'anticipo obbligandola a prendere l'autobus per il suo lavoro: fare visite a domicilio  in giro per Newcastle ad anziani e disabili per conto di una ditta di servizi sociali. Loach dedica le riprese in esterno seguendo i due nelle loro massacranti giornate di lavoro, una media di 14 ore al giorno, quelle di Ritchie contingentate dalla pistola, una sorta di telefono-computer-tracciatore che dopo due minuti di inattività lo sollecita tramite dei beep a rimettersi in pista per la prossima consegna: nemmeno il tempo per pisciare, tanto che il primo consiglio che gli danno i colleghi è portarsi dietro una bottiglietta per provvedere mentre sta guidando, alternandole con quelle in interni in cui racconta la realtà famigliare con le sue crisi all'interno della propria abitazione: quello di poter accendere un mutuo per acuistare una casa di proprietà è il sogno della coppia, quello che spinge Ritchie a tentare "il grande salto"", sogno che stava per realizzarsi ma che era già stato infranto una volta dieci anni prima e andato in fumo con la crisi finanziaria del 2008, ma come se non bastassero la traversie sul lavoro, la stanchezza che mina anche il rapporto di una coppia altrimenti molto affiatata, ci si mettono anche i problemi con i figli, in particolare Seba, quindicenne liceale graffitaro ribelle e con un buon talento artistico, ma anche con la più piccola Liza Jane, che soffre moltissimo il venir meno della serenità di una famiglia fin lì sempre molto unita. Non serve raccontare la trama: la storia che il film racconta, più che verosimile è vera, anche per merito degli interpreti, che pure quando sono parzialmente professionisti come Hitchen, nel ruolo di Ritchie, hanno un solido passato di working class alle spalle, e il film va visto. Non è per nulla consolatorio, non lascia molte speranze, dice le cose come stanno: qualcosa che oggi è più che mai necessario. Ed è bene che sia così. Lunga vita a Ken Loach: avercene, come lui.

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