"L'uomo che uccise Don Chisciotte" (The Man Who Killed Don Quijote) di Terry Gilliam. Con Adam Driver, Jonathan Pryce, Joana Ribeiro, Olga Kurylenko, Stellan Skarsgad, Jordi Mollá e altri. GB, Spagna 2018 ★★★★½
Terry Gilliam, l'unico membro americano dei mitici Monty Python ce l'ha fatta: dopo 20 anni di tentativi miseramente falliti (il primo dei quali documentato in Lost in La Mancha, uscito nel 2001), un record nella storia del cinema, per un motivo o per l'altro, a cominciare dai rapporti sempre conflittuali con i produttori, il suo film ispirato alle avventure dell'eroe di Cervantes ha visto finalmente la luce e il risultato, come ci si poteva aspettare da un geniaccio come lui, è una fantasmagoria surreale che opera su diversi livelli. Tobi Grisoni (Adam Driver), un talentuoso regista brillante quanto cialtrone, che si trova su un set in Spagna a girare degli spot pubblicitari con un soggetto ispirato a Don Chisciotte, si imbatte in un misterioso gitano che vende DVD piratati, tra i quali scova una copia di una sua opera giovanile di vent'anni prima, appena uscito dalla scuola di cinema, sullo stesso tema, e girata in un villaggio che si trova lì vicino, nel cuore della Mancha, che aveva per interpreti i suoi abitanti a cui aveva prospettato un radioso futuro nello sfavillante mondo dello spettacolo. Toby decide di andare sulle loro tracce per verificare cosa ne è stato delle loro vite e l'accoglienza non è esattamente delle migliori, ma finisce per imbattersi sia in Angelica, la ragazza che aveva interpretato Dulcinea e che ai tempi aveva sedotto, sia il vecchio ciabattino del paese, un grandioso Jonathan Pryce che, completamente impazzito, si è talmente immedesimato nel ruolo affidatogli allora, da essere convinto di essere lui stesso Don Chisciotte fino a riconoscere in Tobi il suo fedele scudiero Sancho Panza e riprenderlo con sé per una nuova serie di deliranti avventure che riportano la strana coppia sul set che Tobi aveva momentaneamente abbandonato e li trova coinvolti in una serie di spettacolari spot per una vodka prodotta da un magnate russo in odor di mafia. Il risultato è un gustosissima sorta di Hellzapoppin' che conferma una vena tra il visionario e il demenziale colto che mi ha ricordato due capolavori del passato come Brian di Nazareth e Brazil, entrambi opera del grande Terry Gilliam, il cui ritorno fa felice i buongustai del genere. Superfluo dire che il regista ha ancora una volta avuto una mano infallibile nello scegliere gli interpreti, stralunati quanto lui che, immedesimandosi a sua volta in Don Chisciotte, dice a modo suo quel che pensa del mondo del cinema e di ciò che gli gira attorno. Immancabile per gli intenditori.
Terry Gilliam, l'unico membro americano dei mitici Monty Python ce l'ha fatta: dopo 20 anni di tentativi miseramente falliti (il primo dei quali documentato in Lost in La Mancha, uscito nel 2001), un record nella storia del cinema, per un motivo o per l'altro, a cominciare dai rapporti sempre conflittuali con i produttori, il suo film ispirato alle avventure dell'eroe di Cervantes ha visto finalmente la luce e il risultato, come ci si poteva aspettare da un geniaccio come lui, è una fantasmagoria surreale che opera su diversi livelli. Tobi Grisoni (Adam Driver), un talentuoso regista brillante quanto cialtrone, che si trova su un set in Spagna a girare degli spot pubblicitari con un soggetto ispirato a Don Chisciotte, si imbatte in un misterioso gitano che vende DVD piratati, tra i quali scova una copia di una sua opera giovanile di vent'anni prima, appena uscito dalla scuola di cinema, sullo stesso tema, e girata in un villaggio che si trova lì vicino, nel cuore della Mancha, che aveva per interpreti i suoi abitanti a cui aveva prospettato un radioso futuro nello sfavillante mondo dello spettacolo. Toby decide di andare sulle loro tracce per verificare cosa ne è stato delle loro vite e l'accoglienza non è esattamente delle migliori, ma finisce per imbattersi sia in Angelica, la ragazza che aveva interpretato Dulcinea e che ai tempi aveva sedotto, sia il vecchio ciabattino del paese, un grandioso Jonathan Pryce che, completamente impazzito, si è talmente immedesimato nel ruolo affidatogli allora, da essere convinto di essere lui stesso Don Chisciotte fino a riconoscere in Tobi il suo fedele scudiero Sancho Panza e riprenderlo con sé per una nuova serie di deliranti avventure che riportano la strana coppia sul set che Tobi aveva momentaneamente abbandonato e li trova coinvolti in una serie di spettacolari spot per una vodka prodotta da un magnate russo in odor di mafia. Il risultato è un gustosissima sorta di Hellzapoppin' che conferma una vena tra il visionario e il demenziale colto che mi ha ricordato due capolavori del passato come Brian di Nazareth e Brazil, entrambi opera del grande Terry Gilliam, il cui ritorno fa felice i buongustai del genere. Superfluo dire che il regista ha ancora una volta avuto una mano infallibile nello scegliere gli interpreti, stralunati quanto lui che, immedesimandosi a sua volta in Don Chisciotte, dice a modo suo quel che pensa del mondo del cinema e di ciò che gli gira attorno. Immancabile per gli intenditori.
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