"Quasi nemici - L'importante è avere ragione" (Le brio) di Yvan Attal. Con Daniel Auteuil, Camélia Jordana, Yasin Houicha, Nozha Khouadra, Yvonne Gradelet, Nicolas Vaude. Francia 2017 ★★★+
Non sono un grande estimatore delle commedie francesi, e mi irritano la tendenza alla logorrea, al parlarsi addosso nonché l'indulgenza al luogo comune dei nostri cugini d'oltralpe, ma qualche volta ammetto che riescono a essere brillanti, come in questo caso in cui al centro del film c'è proprio l'importanza della parola. In realtà il film è francese soltanto in parte: il regista è israeliano; la protagonista femminile e buona parte delle figure di contorno sono d'origini maghrebine; lo stesso Auteuil, a mio parere un mostro sacro e comunque di per sé una garanzia, un pied noir nato in Algeria; ma l'ambientazione è parigina, tra la facoltà di diritto dell'Università Paris-2 dove insegna Pierre Mazard (Auteuil, impeccabile), e la benlieue dove torna, dopo averne frequentato i corsi, Neïla Salah (Camélia Jordana: brava), mentre le problematiche, che vanno dall'integrazione al politicamente corretto e ai suoi paradossi, sono attuali e comuni a tutta l'Europa. Ma al centro c'è la parola, o meglio il suo uso non solo appropriato ma contundente: un'arma, attraverso l'arte della retorica, per avere, come dice il sottotitolo, ragione, al di là di ciò che è vero oppure falso. Il primo incontro tra i due è esplosivo: il professore prende di mira la giovane matricola perché arriva con qualche minuto di ritardo, oltre che vestita inadeguatamente, alla prima lezione in un'aula già affollata, con una serie di battute fulminanti che confermano sia negli studenti sia tra i colleghi la sua fama di razzista, misogino e reazionario, per cui il preside di facoltà vede come unica via d'uscita il fatto che Mazard, per non rischiare provvedimenti disciplinari o perfino il posto, faccia da tutor proprio a Neïla per prepararla a una prestigioso certame di retorica per studenti che un membro della facoltà non vince da tempo immemorabile. E così inizia la frequentazione tra i due che, come da copione, non potrebbero essere più diversi (almeno a un primo sguardo, mentre per altri in definitiva si assomigliano), in uno scoppiettante scambio di battute ed esperienze, e il testo che il burbero docente prenderà come riferimento è il celebre opuscolo L'arte di avere ragione di Arthur Schopenhauer, oltre a una gamma di citazioni che vannno da Aristotele a Cicerone ad altri grandi maestri. Ognuno impara qualcosa dall'altro, specialmente l'allieva; anche, se non soprattutto, quando scoprirà che il tutoraggio da parte del professore non era per nulla disinteressato, ma saprà ricompensarlo, dandogli peraltro una lezione di dialettica memorabile. Alla fine ciò che avrà imparato dall'urtante maestro, compreso l'insegnamento che l'abito fa il monaco, eccome, le sarà utile quando salirà i gradini dell'avvocatura come anche nella sua vita personale. Film scoppiettante e piacevole, ha confermato una verità che ho imparato dall'esperienza: i migliori insegnanti sono quelli capaci di stimolare delle reazioni, anche a costo di sfidarti e di costringerti a metterti in gioco perché lo stesso fanno anche loro; sinceri, duri e magari scontrosi ma alla fine giusti e corretti, e non quelli "piacioni", sempre indulgenti, in cerca di approvazione e, alla fine, pavidi, conformisti e tanto noiosi.
Non sono un grande estimatore delle commedie francesi, e mi irritano la tendenza alla logorrea, al parlarsi addosso nonché l'indulgenza al luogo comune dei nostri cugini d'oltralpe, ma qualche volta ammetto che riescono a essere brillanti, come in questo caso in cui al centro del film c'è proprio l'importanza della parola. In realtà il film è francese soltanto in parte: il regista è israeliano; la protagonista femminile e buona parte delle figure di contorno sono d'origini maghrebine; lo stesso Auteuil, a mio parere un mostro sacro e comunque di per sé una garanzia, un pied noir nato in Algeria; ma l'ambientazione è parigina, tra la facoltà di diritto dell'Università Paris-2 dove insegna Pierre Mazard (Auteuil, impeccabile), e la benlieue dove torna, dopo averne frequentato i corsi, Neïla Salah (Camélia Jordana: brava), mentre le problematiche, che vanno dall'integrazione al politicamente corretto e ai suoi paradossi, sono attuali e comuni a tutta l'Europa. Ma al centro c'è la parola, o meglio il suo uso non solo appropriato ma contundente: un'arma, attraverso l'arte della retorica, per avere, come dice il sottotitolo, ragione, al di là di ciò che è vero oppure falso. Il primo incontro tra i due è esplosivo: il professore prende di mira la giovane matricola perché arriva con qualche minuto di ritardo, oltre che vestita inadeguatamente, alla prima lezione in un'aula già affollata, con una serie di battute fulminanti che confermano sia negli studenti sia tra i colleghi la sua fama di razzista, misogino e reazionario, per cui il preside di facoltà vede come unica via d'uscita il fatto che Mazard, per non rischiare provvedimenti disciplinari o perfino il posto, faccia da tutor proprio a Neïla per prepararla a una prestigioso certame di retorica per studenti che un membro della facoltà non vince da tempo immemorabile. E così inizia la frequentazione tra i due che, come da copione, non potrebbero essere più diversi (almeno a un primo sguardo, mentre per altri in definitiva si assomigliano), in uno scoppiettante scambio di battute ed esperienze, e il testo che il burbero docente prenderà come riferimento è il celebre opuscolo L'arte di avere ragione di Arthur Schopenhauer, oltre a una gamma di citazioni che vannno da Aristotele a Cicerone ad altri grandi maestri. Ognuno impara qualcosa dall'altro, specialmente l'allieva; anche, se non soprattutto, quando scoprirà che il tutoraggio da parte del professore non era per nulla disinteressato, ma saprà ricompensarlo, dandogli peraltro una lezione di dialettica memorabile. Alla fine ciò che avrà imparato dall'urtante maestro, compreso l'insegnamento che l'abito fa il monaco, eccome, le sarà utile quando salirà i gradini dell'avvocatura come anche nella sua vita personale. Film scoppiettante e piacevole, ha confermato una verità che ho imparato dall'esperienza: i migliori insegnanti sono quelli capaci di stimolare delle reazioni, anche a costo di sfidarti e di costringerti a metterti in gioco perché lo stesso fanno anche loro; sinceri, duri e magari scontrosi ma alla fine giusti e corretti, e non quelli "piacioni", sempre indulgenti, in cerca di approvazione e, alla fine, pavidi, conformisti e tanto noiosi.
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