"Neve nera" (Nieve negra) di Martín Hodara. Con Leonardo Sbaraglia, Laia Costa, Ricardo Darín, Dolores Fonzi, Federico Luppi, Andrés Herrera, Mikel Iglesias e altri. Argentina, Spagna 2017 ★★★★
Coproduzione spagnola per un film che più argentino non potrebbe essere, dall'ambientazione invernale in una vallata innevata della Patagonia andina, al regista e sceneggiatore, di cui ricordo la direzione dell'ottimo noir La Señal, negletto in Italia, e la collaborazione a Nove regine, alla maggior parte degli interpreti, tra cui spiccano Ricardo Darín (protagonista anche dei due film sopracitati) e Leonardo Sbaraglia, nella parte rispettivamente Salvador e Marcos, due fratelli che con Sabrina (Dolore Fonzi, in una breve ma intensa scena), la sorella finita in una clinica psichiatrica, condividono la tragedia (e il segreto) della morte, trent'anni prima, di Juan, il fratello minore, rimasto "misteriosamente" ucciso durante una battuta di caccia. Marcos, che vive da tempo in Spagna, rientra in patria accompagnata dalla giovane moglie Laura, incinta (la catalana Laia Costa), per seppellire il padre, scomparso all'improvviso, ma soprattutto allettato dall'offerta di una compagnia mineraria canadese di acquistare a un prezzo esorbitante, 9 milioni di dollari, i terreni che appartengono alla famiglia: un cifra che garantirebbe un futuro anche se divisa per tre. Fuori gioco Sabrina, la sorella impazzita, rimane da convincere Salvador il quale, ritenuto dal padre responsabile dell'uccisione di Juan (morto per una fucilata alle spalle, e non perché sepolto da una valanga come l'avvocato amico di famiglia aveva provveduto a far diventare la verità ufficiale), si è chiuso in sé stesso, vivendo isolato in un capanno in mezzo ai boschi, inselvatichito, rancoroso, occupandosi di caccia. Marcos e Laura si recano da lui con la scusa di seppellire le ceneri del capofamiglia, che aveva lasciato disposto di essere interrato vicino al Juan nel bosco, e man mano, grazie all'inserimento di una serie di flash back ben calibrati, emerge la verità su come davvero sono andate le cose nel passato, soprattutto che la morte di Juan non fu per niente un "incidente" bensì freddamente voluta per mantenere un sordido segreto. I due fratelli questo lo sanno, ma sarà Laura a scoprirne le prove ma sceglierà di perpetrare il segreto, ponendo le basi per un'altra famiglia futura fondata sull'interesse più bieco e sul non detto. Il film ha le tinte e le cadenze del noir ma il cuore della tragedia greca, capace di sondare gli aspetti più torbidi e ambigui dell'animo umano e mostrare ancora una volta l'ineluttabilità del destino. Una fotografia suggestiva si accompagna a un sottofondo musicale che contribuisce a rendere ancora più inquietante una pellicola che, in soli 90', è in grado di raccontare molto più di quel che appare; in più non mancano i colpi di scena che rendono la vicenda non soltanto più avvincente, ma addirittura ancora più credibile. Un film che merita e una conferma per regista e interpreti, nessuno escluso.
Coproduzione spagnola per un film che più argentino non potrebbe essere, dall'ambientazione invernale in una vallata innevata della Patagonia andina, al regista e sceneggiatore, di cui ricordo la direzione dell'ottimo noir La Señal, negletto in Italia, e la collaborazione a Nove regine, alla maggior parte degli interpreti, tra cui spiccano Ricardo Darín (protagonista anche dei due film sopracitati) e Leonardo Sbaraglia, nella parte rispettivamente Salvador e Marcos, due fratelli che con Sabrina (Dolore Fonzi, in una breve ma intensa scena), la sorella finita in una clinica psichiatrica, condividono la tragedia (e il segreto) della morte, trent'anni prima, di Juan, il fratello minore, rimasto "misteriosamente" ucciso durante una battuta di caccia. Marcos, che vive da tempo in Spagna, rientra in patria accompagnata dalla giovane moglie Laura, incinta (la catalana Laia Costa), per seppellire il padre, scomparso all'improvviso, ma soprattutto allettato dall'offerta di una compagnia mineraria canadese di acquistare a un prezzo esorbitante, 9 milioni di dollari, i terreni che appartengono alla famiglia: un cifra che garantirebbe un futuro anche se divisa per tre. Fuori gioco Sabrina, la sorella impazzita, rimane da convincere Salvador il quale, ritenuto dal padre responsabile dell'uccisione di Juan (morto per una fucilata alle spalle, e non perché sepolto da una valanga come l'avvocato amico di famiglia aveva provveduto a far diventare la verità ufficiale), si è chiuso in sé stesso, vivendo isolato in un capanno in mezzo ai boschi, inselvatichito, rancoroso, occupandosi di caccia. Marcos e Laura si recano da lui con la scusa di seppellire le ceneri del capofamiglia, che aveva lasciato disposto di essere interrato vicino al Juan nel bosco, e man mano, grazie all'inserimento di una serie di flash back ben calibrati, emerge la verità su come davvero sono andate le cose nel passato, soprattutto che la morte di Juan non fu per niente un "incidente" bensì freddamente voluta per mantenere un sordido segreto. I due fratelli questo lo sanno, ma sarà Laura a scoprirne le prove ma sceglierà di perpetrare il segreto, ponendo le basi per un'altra famiglia futura fondata sull'interesse più bieco e sul non detto. Il film ha le tinte e le cadenze del noir ma il cuore della tragedia greca, capace di sondare gli aspetti più torbidi e ambigui dell'animo umano e mostrare ancora una volta l'ineluttabilità del destino. Una fotografia suggestiva si accompagna a un sottofondo musicale che contribuisce a rendere ancora più inquietante una pellicola che, in soli 90', è in grado di raccontare molto più di quel che appare; in più non mancano i colpi di scena che rendono la vicenda non soltanto più avvincente, ma addirittura ancora più credibile. Un film che merita e una conferma per regista e interpreti, nessuno escluso.
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