"Insospettabili sospetti" (Going in Style) di Zach Braff. Con Alan Arkin, Michael Cain
e, Morgan Freeman, Ann Margret, Joey King, Matt Dilllon, John Ortiz e altri. USA 2017 ★★½
Remake fortemente attualizzato di Vivere alla grande (1979) di Martin Brest, di cui conserva il titolo nella versione originale (e, al solito, non in quella italiana) e i nomi dei tre protagonisti, Willie, Joe e Al, non ne conserva la verve e il retrogusto amarognolo, però come il precedente si basa sulla performance di tre mostri sacri, tutti ottuagenari, che da soli tengono in piedi il film nonostante la sceneggiatura piuttosto lacunosa e l'eccessiva dose di miele a rivestire di patina buonista quel po' di critica al sistema che pure c'è. Siamo nel borrough del Queens, il più vasto e il secondo per popolazione di quelli che formano New York, e l'azienda siderurgica dove i nostri tre eroi hanno trascorso la loro vita lavorativa delocalizza produzione e sede societaria in Vietnam e smette di corrispondere loro la pensione (cose che capitano nella Grande America) e la banca cui si appoggiava l'impresa, in mancanza di accrediti, pensa bene di congelare il conto, da cui peraltro si sono volatilizzati i risparmi per un investimento a rischio, e di pignorare la casa a Joe, a cui viene l'idea di organizzare una rapina in banca per vendicarsi. Giusto un "prelievo" di quanto avrebbero dovuto ricevere in base alla rispettiva aspettativa di vita: ciò che avanzava, l'avrebbero versato in beneficenza. L'idea gli viene perché lui stesso è testimone di una rapina nella stessa banca il giorno stesso in cui si era reso conto, nel corso di un colloquio con il medesimo odioso funzionario che a suo tempo l'aveva convinto della bontà dell'investimento andato in fumo, di essere a sua volta stato rapinato. Per realizzare l'intento, il terzetto ha bisogno di un contatto nella malavita per ricevere i rudimenti di base del mestiere e Joe lo trova in un rapinatore di banche, che opera con la copertura di un negozio per animali, attraverso il genero "degenere". La parte dell'allenamento alla rapina è spassosa, come quella della tresca che nasce tra Al, il più scorbutico dei tre, e un'inserviente del "discount" dove effettuano le prove di rapina (una Ann Margret molto autoironica), mentre altre sono decisamente troppo melense. Il lieto fine è d'obbligo (non lo era nell'originale, ma erano altri tempi) e comunque il film si fa vedere, più per la simpatia degli interpreti che per la storiella, e la valutazione è buonista pure essa, in linea con il film e in considerazione che attorno a Ferragosto le sale non offrono molte altre alternative.
e, Morgan Freeman, Ann Margret, Joey King, Matt Dilllon, John Ortiz e altri. USA 2017 ★★½
Remake fortemente attualizzato di Vivere alla grande (1979) di Martin Brest, di cui conserva il titolo nella versione originale (e, al solito, non in quella italiana) e i nomi dei tre protagonisti, Willie, Joe e Al, non ne conserva la verve e il retrogusto amarognolo, però come il precedente si basa sulla performance di tre mostri sacri, tutti ottuagenari, che da soli tengono in piedi il film nonostante la sceneggiatura piuttosto lacunosa e l'eccessiva dose di miele a rivestire di patina buonista quel po' di critica al sistema che pure c'è. Siamo nel borrough del Queens, il più vasto e il secondo per popolazione di quelli che formano New York, e l'azienda siderurgica dove i nostri tre eroi hanno trascorso la loro vita lavorativa delocalizza produzione e sede societaria in Vietnam e smette di corrispondere loro la pensione (cose che capitano nella Grande America) e la banca cui si appoggiava l'impresa, in mancanza di accrediti, pensa bene di congelare il conto, da cui peraltro si sono volatilizzati i risparmi per un investimento a rischio, e di pignorare la casa a Joe, a cui viene l'idea di organizzare una rapina in banca per vendicarsi. Giusto un "prelievo" di quanto avrebbero dovuto ricevere in base alla rispettiva aspettativa di vita: ciò che avanzava, l'avrebbero versato in beneficenza. L'idea gli viene perché lui stesso è testimone di una rapina nella stessa banca il giorno stesso in cui si era reso conto, nel corso di un colloquio con il medesimo odioso funzionario che a suo tempo l'aveva convinto della bontà dell'investimento andato in fumo, di essere a sua volta stato rapinato. Per realizzare l'intento, il terzetto ha bisogno di un contatto nella malavita per ricevere i rudimenti di base del mestiere e Joe lo trova in un rapinatore di banche, che opera con la copertura di un negozio per animali, attraverso il genero "degenere". La parte dell'allenamento alla rapina è spassosa, come quella della tresca che nasce tra Al, il più scorbutico dei tre, e un'inserviente del "discount" dove effettuano le prove di rapina (una Ann Margret molto autoironica), mentre altre sono decisamente troppo melense. Il lieto fine è d'obbligo (non lo era nell'originale, ma erano altri tempi) e comunque il film si fa vedere, più per la simpatia degli interpreti che per la storiella, e la valutazione è buonista pure essa, in linea con il film e in considerazione che attorno a Ferragosto le sale non offrono molte altre alternative.
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