"Il nipote di Rameau" di Denis Diderot. Adattamento di Edoardo Erba e Silvio Orlando. Con Silvio Orlando, Amerigo Fontani e Maria Laura Rondanini. Clavicembalista Simone Gulli. Scene di Giancarlo Basili, costumi di Giovanna Buzzi. Regia di Silvio Orlando. Produzione Cardellino srl. Al Teatro Sociale di Gemona (UD)
Questa briosa, acuta, intelligente, godibile e sempre attualissima satira in forma di dialogo, poco o niente rappresentata negli ultimi decenni, è stata meritoriamente ripresa da uno dei nostri più bravi e versatili attori, Silvio Orlando, e portata in giro per l'Italia, dai palcoscenici delle grandi città a quelli dei centri minori e spesso dimenticati. E infatti è al Teatro Sociale di Gemona, in provincia di Udine, che ieri sera ho assistito a questo gustoso spettacolo messo in scena da questa minicompagnia di tre attori più clavicembalista, con Silvio Orlando, per l'occasione anche regista, nella parte di Jean-François Rameau, nipote debosciato del celebre compositore, musico fallito, ruffiano di professione, immorale e scroccone, che duella verbalmente con l'alter ego dello stesso filosofo durante un incontro che si svolge al "Café de la Regence" ma potrebbe tenersi anche oggi in una qualsiasi trattoria vicina al Pantheon a Roma frequentata da parlamentari e portaborse, o nei pressi di qualsiasi altro luogo del potere. Non occorre alcuna strizzata d'occhio all'attualità per vedervi, con due secoli e mezzo di anticipo, la descrizione perfetta del "servo libero", di cui abbiamo esempi lampanti in personaggi come Bruno Vespa, Giuliano Ferrara, Augusto Minzolini detto Minzolingua, tanto per citarne alcuni, a cui fa seguito la vasta schera di adulatori, profittatori, scrocconi, voltagabbana, opportunisti a vario titolo che questo Paese a vocazione servile ha sempre prodotto in abbondanza in tutte le epoche. La differenza è che il "nipote di Rameau", pur facendosi beffe della dignità, che a suo dire non mangia, argomenta la propria vocazione di leccaculo con un sano richiamo all'edonismo e non invocando morali inesistenti, e lo fa con arguzia e ragionamenti tali da mettere in difficoltà perfino un filosofo eticamente solido e sottile nel ragionamento come Diderot. Si possono dire cose importanti in modo efficace anche in poco tempo (80' la durata dello spettacolo) con scarsi mezzi e in spazi ristretti: un grazie a Silvio Orlando e ai suoi colleghi e collaboratori.
Questa briosa, acuta, intelligente, godibile e sempre attualissima satira in forma di dialogo, poco o niente rappresentata negli ultimi decenni, è stata meritoriamente ripresa da uno dei nostri più bravi e versatili attori, Silvio Orlando, e portata in giro per l'Italia, dai palcoscenici delle grandi città a quelli dei centri minori e spesso dimenticati. E infatti è al Teatro Sociale di Gemona, in provincia di Udine, che ieri sera ho assistito a questo gustoso spettacolo messo in scena da questa minicompagnia di tre attori più clavicembalista, con Silvio Orlando, per l'occasione anche regista, nella parte di Jean-François Rameau, nipote debosciato del celebre compositore, musico fallito, ruffiano di professione, immorale e scroccone, che duella verbalmente con l'alter ego dello stesso filosofo durante un incontro che si svolge al "Café de la Regence" ma potrebbe tenersi anche oggi in una qualsiasi trattoria vicina al Pantheon a Roma frequentata da parlamentari e portaborse, o nei pressi di qualsiasi altro luogo del potere. Non occorre alcuna strizzata d'occhio all'attualità per vedervi, con due secoli e mezzo di anticipo, la descrizione perfetta del "servo libero", di cui abbiamo esempi lampanti in personaggi come Bruno Vespa, Giuliano Ferrara, Augusto Minzolini detto Minzolingua, tanto per citarne alcuni, a cui fa seguito la vasta schera di adulatori, profittatori, scrocconi, voltagabbana, opportunisti a vario titolo che questo Paese a vocazione servile ha sempre prodotto in abbondanza in tutte le epoche. La differenza è che il "nipote di Rameau", pur facendosi beffe della dignità, che a suo dire non mangia, argomenta la propria vocazione di leccaculo con un sano richiamo all'edonismo e non invocando morali inesistenti, e lo fa con arguzia e ragionamenti tali da mettere in difficoltà perfino un filosofo eticamente solido e sottile nel ragionamento come Diderot. Si possono dire cose importanti in modo efficace anche in poco tempo (80' la durata dello spettacolo) con scarsi mezzi e in spazi ristretti: un grazie a Silvio Orlando e ai suoi colleghi e collaboratori.
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