"Gli amanti passeggeri" (Los amantes pasajeros) di Pedro Almodóvar. Con Antonio de la Torre, Hugo Silva, Miguel Anguel Silvestre, Javier Cámara, Lola Dueñas, Cecília Roth, José María Yazpic, Carlos Areces, Raúl Arevalo, Guillermo Toledo e altri. ★★★½
Un Airbus a340 della compagnia Peninsula, con a bordo un equipaggio improbabile di sex addicted omo e bisessuali, alcolizzati e drogati, in rotta da Madrid a Città del Messico, rimane in avaria un'ora e mezzo dopo il decollo da Barajas perché gli addetti dell'aeroporto, in tutt'altre faccende affaccendati (un cameo con Penelope Cruz e Antonio Banderas), hanno dimenticato di togliere uno dei "tacchi" che fermano gli pneumatici e che è stato inghiottito da un carrello, bloccandolo. Quando il personale di bordo se ne accorge, e il velivolo è costretto a tornare indietro e poi volteggiare per ore e ore in cerchio sopra il cielo di Toledo in attesa che si liberi una pista per l'atterraggio d'emergenza, decide di sedare i passeggeri della classe economica (e le hostess etero) e di intrattenere quelli della "business" con un ogni sorta di mezzo, a partire da fiumi di "Agua de Valencia" con aggiunta di mescalina che tolgono loro ogni freno inibitore passando per una sorta di esilarante vaudeville ad opera degli Stewart mentre la trasgressione regna sovrana e si svelano le pulsioni e i segreti dei vari personaggi: dalla veggente che "sente" la morte, e anche l'imminente perdita della propria verginità, ingaggiata per una trasferta in Messico, a una maîtresse d'alto bordo che tiene in pugno, ricattandoli, i potenti di Spagna, al killer ingaggiato per eliminarla che finisce per innamorarsi di lei, al finanziere ricercato e in fuga, a un attore dongiovanni impenitente, a una coppia di sposi tossicomani, per finire in una sorta di sabba liberatorio ad alta gradazione di sesso. Un delirio generalizzato zeppo di battute demenziali e ad alto tasso di scorrettezza politica e di genere, fino allo happy end dell'atterraggio sulla pista ricoperta di schiuma di un fantomatico aeroporto de "La Mancha", costruito grazie a una speculazione in mezzo al nulla e completamente deserto. A prima vista una pochade, che fa pensare a un regista che ha perduto l'ispirazione e che gira film soltanto per routine o autofinanziarsi, come il Woody Allen delle trasferte turistiche a Londra, Barcellona, Parigi e Roma, ma trattandosi di quel geniaccio di Almodóvar, ancora troppo vitale per essere affetto da senilità come da tempo lo è il regista newyorkese, non è difficile intravedervi la metafora della situazione in cui si trova la Spagna (e con lei gli altri Paesi dell'Europa mediterranea, a cominciare dal nostro), in preda a una crisi finanziaria di cui non ha alcun controllo. Non a caso la compagnia a cui appartiene l'aereo si chiama Peninsula e mi ha fatto immediatamente venire in mente "La zattera di pietra" di Saramago, che immaginava una Penisola Iberica che, strappatasi la cerniera che la unisce all'Europa attraverso i Pirenei, veleggia alla deriva verso quel Nuovo Mondo che essa stessa aveva scoperto per trovarvi una nuova collocazione più consona; nella classe turistica anestetizzata non si fatica a immaginare il riferimento alle classi lavoratrici che si dibattono tra precariato e disoccupazione, tenute sotto controllo per evitare le rivolte di piazza, mentre la classe dirigente, che ha intrallazzato, rubato e fallito su tutto il fronte, anche personale, si diverte con quel che le rimane, che è sempre troppo. Intanto, mentre la Peninsula è sospesa nell'aria, in panne, a rischio di precipitare da un momento all'altro per mancanza di carburante (e alternative) e attende istruzioni che tardano ad arrivare, nella cabina e in prima classe si scatena una sorta di rito orgiastico, amorale e sfrenato, che si ricollega alle energie che si erano sprigionate ai tempi della movida seguita alla caduta del regime di Franco ormai quaranta anni fa. In mancanza d'altro, per il momento, almeno ci si rifà con lo sberleffo, di cui Pedro rimane un maestro e con un inno alla disubbidienza, nella speranza che prima o poi la classe turistica esca dallo stato narcotico e si ribelli.
Un Airbus a340 della compagnia Peninsula, con a bordo un equipaggio improbabile di sex addicted omo e bisessuali, alcolizzati e drogati, in rotta da Madrid a Città del Messico, rimane in avaria un'ora e mezzo dopo il decollo da Barajas perché gli addetti dell'aeroporto, in tutt'altre faccende affaccendati (un cameo con Penelope Cruz e Antonio Banderas), hanno dimenticato di togliere uno dei "tacchi" che fermano gli pneumatici e che è stato inghiottito da un carrello, bloccandolo. Quando il personale di bordo se ne accorge, e il velivolo è costretto a tornare indietro e poi volteggiare per ore e ore in cerchio sopra il cielo di Toledo in attesa che si liberi una pista per l'atterraggio d'emergenza, decide di sedare i passeggeri della classe economica (e le hostess etero) e di intrattenere quelli della "business" con un ogni sorta di mezzo, a partire da fiumi di "Agua de Valencia" con aggiunta di mescalina che tolgono loro ogni freno inibitore passando per una sorta di esilarante vaudeville ad opera degli Stewart mentre la trasgressione regna sovrana e si svelano le pulsioni e i segreti dei vari personaggi: dalla veggente che "sente" la morte, e anche l'imminente perdita della propria verginità, ingaggiata per una trasferta in Messico, a una maîtresse d'alto bordo che tiene in pugno, ricattandoli, i potenti di Spagna, al killer ingaggiato per eliminarla che finisce per innamorarsi di lei, al finanziere ricercato e in fuga, a un attore dongiovanni impenitente, a una coppia di sposi tossicomani, per finire in una sorta di sabba liberatorio ad alta gradazione di sesso. Un delirio generalizzato zeppo di battute demenziali e ad alto tasso di scorrettezza politica e di genere, fino allo happy end dell'atterraggio sulla pista ricoperta di schiuma di un fantomatico aeroporto de "La Mancha", costruito grazie a una speculazione in mezzo al nulla e completamente deserto. A prima vista una pochade, che fa pensare a un regista che ha perduto l'ispirazione e che gira film soltanto per routine o autofinanziarsi, come il Woody Allen delle trasferte turistiche a Londra, Barcellona, Parigi e Roma, ma trattandosi di quel geniaccio di Almodóvar, ancora troppo vitale per essere affetto da senilità come da tempo lo è il regista newyorkese, non è difficile intravedervi la metafora della situazione in cui si trova la Spagna (e con lei gli altri Paesi dell'Europa mediterranea, a cominciare dal nostro), in preda a una crisi finanziaria di cui non ha alcun controllo. Non a caso la compagnia a cui appartiene l'aereo si chiama Peninsula e mi ha fatto immediatamente venire in mente "La zattera di pietra" di Saramago, che immaginava una Penisola Iberica che, strappatasi la cerniera che la unisce all'Europa attraverso i Pirenei, veleggia alla deriva verso quel Nuovo Mondo che essa stessa aveva scoperto per trovarvi una nuova collocazione più consona; nella classe turistica anestetizzata non si fatica a immaginare il riferimento alle classi lavoratrici che si dibattono tra precariato e disoccupazione, tenute sotto controllo per evitare le rivolte di piazza, mentre la classe dirigente, che ha intrallazzato, rubato e fallito su tutto il fronte, anche personale, si diverte con quel che le rimane, che è sempre troppo. Intanto, mentre la Peninsula è sospesa nell'aria, in panne, a rischio di precipitare da un momento all'altro per mancanza di carburante (e alternative) e attende istruzioni che tardano ad arrivare, nella cabina e in prima classe si scatena una sorta di rito orgiastico, amorale e sfrenato, che si ricollega alle energie che si erano sprigionate ai tempi della movida seguita alla caduta del regime di Franco ormai quaranta anni fa. In mancanza d'altro, per il momento, almeno ci si rifà con lo sberleffo, di cui Pedro rimane un maestro e con un inno alla disubbidienza, nella speranza che prima o poi la classe turistica esca dallo stato narcotico e si ribelli.
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