"La scelta di Barbara" (Barbara) di Christian Petzold. Con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Jasna Fritzi Bauer, Rainer Bock, Mark Waschke. Germania 2012 ★★★½
Sebbene abbia le cadenze di un un buon, anzi ottimo film per la TV, questo film ha il pregio di far rivivere in maniera straordinariamente verosimile quel che era la DDR negli anni immediatamente precedenti la caduta del Muro, nell'autunno del 1989. Qui siamo in un paesino sulla costa Mare del Nord, dalle parti di Rostock, e Barbara, una chirurga pediatrica, vi viene spedita dopo una richiesta di visto di espatrio, per punizione e per essere più agevolmente tenuta sotto controllo. Vì incontra Andre, il primario della struttura dove lavora, a sua volta relegato lì per essersi accollato la responsabilità di un errore fatto da una sua collega. Come da copione, tra i due nasce man mano un sentimento intenso, anche grazie alla comune sensibilità nei confronti dei giovani pazienti e alle loro vicende e nonostante le distanze che Barbara deve tenere, a costo di risultare scostante e sgradevole, sia per non tradirsi sia per non coinvolgere altri nel suo ormai imminente piano di fuga: Jörg, il suo fidanzato dell'Est, le ha fornito il danaro e i contatti per effettuarla ma alla fine la sua scelta sarà di rimanere e fare scappare al suo posto una ragazzina sfuggita a un centro di rieducazione minorile che usa metodi nazisti di cui già si era presa cura in ospedale, fuga da quella prigione a cielo aperto che era questo fulgido esempio di socialismo reale, per di più in salsa tedesca. Il regista riesce alla perfezione nel suo intento di raccontare una storia credibile e, soprattutto, una dimensione generale senza enfasi, e senza calcare la mano su atmosfere particolarmente cupe e claustrofobiche, anzi: la vicenda si svolge nel giro di pochi giorni nel pieno dell'estate del 1980, quella delle Olimpiadi di Mosca, spesso all'aperto, con cieli luminosi, panorami soleggiati e dolci, in atmosfere tranquille anche se non idilliache, perché oltre al controllo della Stasi, il tradimento e la spiata sono sempre in agguato e quindi anche la comunicazione tra le persone avviene attraverso l'uso di codici e con reticenze reciproche, il che non impedisce la nascita di legami forti. Non siamo all'altezza di "Le voci degli altri", che era stato un pugno nello stomaco e soprattutto una novità assoluta, ma il risultato è più che apprezzabile lo stesso anche perché ottenuto senza forzature, attraverso dialoghi scarni ed essenziali, senza inutili fronzoli.
Sebbene abbia le cadenze di un un buon, anzi ottimo film per la TV, questo film ha il pregio di far rivivere in maniera straordinariamente verosimile quel che era la DDR negli anni immediatamente precedenti la caduta del Muro, nell'autunno del 1989. Qui siamo in un paesino sulla costa Mare del Nord, dalle parti di Rostock, e Barbara, una chirurga pediatrica, vi viene spedita dopo una richiesta di visto di espatrio, per punizione e per essere più agevolmente tenuta sotto controllo. Vì incontra Andre, il primario della struttura dove lavora, a sua volta relegato lì per essersi accollato la responsabilità di un errore fatto da una sua collega. Come da copione, tra i due nasce man mano un sentimento intenso, anche grazie alla comune sensibilità nei confronti dei giovani pazienti e alle loro vicende e nonostante le distanze che Barbara deve tenere, a costo di risultare scostante e sgradevole, sia per non tradirsi sia per non coinvolgere altri nel suo ormai imminente piano di fuga: Jörg, il suo fidanzato dell'Est, le ha fornito il danaro e i contatti per effettuarla ma alla fine la sua scelta sarà di rimanere e fare scappare al suo posto una ragazzina sfuggita a un centro di rieducazione minorile che usa metodi nazisti di cui già si era presa cura in ospedale, fuga da quella prigione a cielo aperto che era questo fulgido esempio di socialismo reale, per di più in salsa tedesca. Il regista riesce alla perfezione nel suo intento di raccontare una storia credibile e, soprattutto, una dimensione generale senza enfasi, e senza calcare la mano su atmosfere particolarmente cupe e claustrofobiche, anzi: la vicenda si svolge nel giro di pochi giorni nel pieno dell'estate del 1980, quella delle Olimpiadi di Mosca, spesso all'aperto, con cieli luminosi, panorami soleggiati e dolci, in atmosfere tranquille anche se non idilliache, perché oltre al controllo della Stasi, il tradimento e la spiata sono sempre in agguato e quindi anche la comunicazione tra le persone avviene attraverso l'uso di codici e con reticenze reciproche, il che non impedisce la nascita di legami forti. Non siamo all'altezza di "Le voci degli altri", che era stato un pugno nello stomaco e soprattutto una novità assoluta, ma il risultato è più che apprezzabile lo stesso anche perché ottenuto senza forzature, attraverso dialoghi scarni ed essenziali, senza inutili fronzoli.
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