"Un giorno speciale" di Francesca Comencini. Con Giulia Valentini, Filippo Scicchitano. Italia 2012 ★ ½ Una delusione. Un tema importante, la condizione dei ragazzi di inizio Millennio, costretti a vendere la loro dignità o direttamente a prostituirsi per ottenere un lavoro, ridotto a una serie interminabile di stereotipi, dai padri assenti alle madri invasive e ossessive che proiettano i loro desideri frustrati sulle figlie; il mito del successo; lo squallore del mondo paratelevisivo: il tutto in un film che più romano non si può, anche se i due protagonisti, Gina e Marco, vengono dalle estreme periferie. Romano e romanesco nel senso deteriore del termine, perché il disagio giovanile e la ricerca di un impiego vengono inquadrati esclusivamente nel mondo che gravita parassitariamente attorno al potere politico che incombe sulla capitale, l'unica dimensione che la regista, che pure è una Comencini, sembra conoscere e prendere in considerazione. La ragazza è un'aspirante attrice che va in visita a un deputato per ottenerne l'appoggio in vista della carriera, in sostanza a prostituirsi, spinta dalla madre manicurista in un centro commerciale; lui un autista di auto a noleggio al primo giorno di lavoro. L'"onorevole" è oberato da impegni imprevisti (una votazione alla Camera a cui è "comandato" a partecipare pur col male alle ginocchia che lo tormenta, ma che non gli impedirà di sollazzarsi con Gina), per cui Marco, in attesa dell'appuntamento che viene continuamente rinviato, scorrazza la ragazza prima in un centro commerciale poi in un bowling di periferia, infine in giro per la solita Roma da cartolina, Piazza Di Spagna, Via Condotti, il Foro. Scoppia l'amore (forse) e una qualche reazione, l'unico momento di vita della pellicola, perché anche per quanto riguarda i due protagonisti il luogo comune impazza: lei pressoché anoressica, zeppe da 15 centimetri, maniaca del piercing e dei cazzi di tatuaggi; lui un brombolone ignorante ma dal cuore tenero; lei raccomandata dal poco onorevole parlamentare probabilmente forzitaliota, lui dal prete. Insomma una banalità dietro l'altra, e Roma, quella Roma, quella della RAI, di Cinecittà, l'unica che sembra esistere per il cinema nostrano, Caput non più Mundi ma Italiae, come sempre e per sempre, amen. Robetta: una pellicola da Moccia di pseudosinistra che fa cascare le palle. A me ha fatto venire la malinconia e passare la voglia di fare un giro nella capitale che avevo in programma per il mese prossimo. Unica consolazione che il film sia una produzione relativamente low cost. Troppo alto comunque considerato il risultato.
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