Dice Beppe Grillo ai partiti che, se non ci fosse il Movimento 5 Stelle, si beccherebbero i fascisti, come il "Front National" dei Le Pen, il "Fidesz" ungherese o la variante neonazista in salsa tztaztiki di "Alba dorata". E che in Italia è, al contrario, accaduto un piccolo miracolo perché, di fronte alla crisi economica e alle voragini lasciate dalla partitocrazia i cittadini vogliono più democrazia e partecipazione: vero, ma è sbagliato l'assunto iniziale, perché i fascisti in Italia al potere ci sono già. Anzi: come dimostra la storia degli ultimi 67 anni, non se ne sono mai andati. S'erano nascosti, camuffati, riformati, ma sono sempre rimasti lì, pronti a tornare allo scoperto. E' lo Stato, nelle sue strutture, che è rimasto fascista: autoritario, invasivo, immanente; e uguali a quelli del "Ventennio" gli interessi che di fatto è preposto a tutelare, dal capitalismo sovvenzionato alla burocrazia onnipotente, alle corporazioni al Vaticano: anche con la violenza, se occorre. Non è quindi un paradosso che proprio l'Italia, che il fascismo lo ha inventato ed esportato nel mondo, sia un laboratorio di democrazia diretta mentre nel resto d'Europa prendono vigore nazionalismo e rigurgiti di ultradestra: ne è la conseguenza. Fascisti neri, rossi, mafiosi, massoni e preti hanno dominato in Italia da un secolo a questa parte, con rari momenti di tregua. E' il Paese stesso a essere intrinsecamente fascista. L'attuale capo dello Stato ne è il simbolo, con le sue intemerate contro l'"antipolitica" e proprio contro Grillo. E' con questo che dobbiamo fare i conti. Basterà il Movimento 5 Stelle? Non credo. Ma se non altro testimonia che nel Paese scorre ancora della linfa vitale. Non amo Grillo: come Dario Fo è un guitto (in senso positivo), e come tale un egolatra; un generoso arruffone, confusionario, semplificatore ma ha comunque il merito, forse perché è un artista, di vedere avanti, porre problemi e beccare regolarmente in castagna la partitocrazia imbalsamata e corrotta e di dare spazio e fare da megafono a dei giovani che vogliono darsi da fare. Così come gli do atto, forse proprio perché proviene dal mondo della televisione e la conosce bene, di segnalarne gli effetti devastanti sugli italiani e il loro modo di formarsi un'opinione, e condivido l'avvertimento che dà ai candidati a "5 Stelle" di non farsene fagocitare, raccomandando di non partecipare agli osceni talk show televisivi: già solo il fatto che i pennaioli asserviti li chiamino "salotti" dovrebbe essere un motivo sufficiente per chiunque voglia seriamente occuparsi della cosa pubblica di starne alla larga e sputtanare quelli che ci vanno. Fosse anche "Servizio pubblico", e mi spiace per Sandro Ruotolo e Marco Travaglio, che pure hanno tutta la mia stima. Ma non Santoro.
Nessun commento:
Posta un commento