L'Ava Bridge all'alba
BAGAN/NYAUNG U – Quando si tratta di
un’alternativa praticabile, ho sempre privilegiato il trasporto via acqua, in
particolare quello fluviale. Quest’ultimo, meno praticato di un tempo, è un
modo senza uguali per entrare in contatto con i diversi aspetti della realtà di
un Paese e di una popolazione, più che mai in Birmania, che è n mosaico di
etnie. Sempre che non si vada in crociera ma si prendano i mezzi che usa
abitualmente la gente del posto. Reno, Danubio, Rio de la Plata e Paraná,
Orinoco, Nilo e, in Asia, Mekong: in attesa di affrontare un giorno il Rio
delle Amazzoni e il Volga non potevo lasciarmi sfuggire di discendere
l’Ayeyarwadhi nel tratto, lungo a occhio tra i 150 e i 180 chilometri, tra
Mandalay e Bagan. O meglio: l’area su cui sorgeva l’antica Bagan, capitale del
primo e più splendido impero birmano, che vide il re Anawratha farsi paladino
del buddhismo theravada introducendolo nel Paese al posto di quello mahayana e del credo
induista: siamo nel XI secolo D.C., e da allora è la religione del Myanmar. Il
battello, chiamati slow boat a differenza di quello per turisti che
effettua lo stesso percorso tutti i giorni in direttissima in metà tempo e con
tutti i comfort, alla non modica cifra di 40 dollari, parte da Mandalay due volte
a settimana, la domenica e il mercoledì, per risalire da Bagan il giorno
successivo. Al costo di 10 dollari (per gli stranieri), in 15 ore circa, ma non
c’è paragone. La partenza è alle 5.30 ma bisogna essere al molo tre quarti d’ora
prima, quando apre la biglietteria, e a quell’ora fa decisamente freddo. Che diventa più pungente quando vengono mollati gli ormeggi, perché si sta sul ponte e all’aperto: gli
ospiti stranieri col privilegio (dubbio) di una sedia di plastica, sul ponte
superiore e a ridosso del parapetto. Non è un caso che alla prima fermata, dopo
un’oretta di viaggio, all’altezza di Sagaing, dove tra la nebbia dell’alba si intravedono le centinaia di
stupa dorati che sembrano spuntare come funghi sulle colline circostanti,
salgano delle donne che vendono coperte di pile, e fanno buoni affari.
L’alternativa è individuare la cucina di bordo, che non può mancare, e che ho
immediatamente localizzato, ed essere tra i primi clienti per una sapida chicken
noodle soup con generosa aggiunta di balachaung, condimento a base
di peperoncino, tamarindo e gamberetti essiccati per renderla ancora più
caliente. Accompagnata da un boccale di tè al latte dolce, alla maniera
indiana. Sul battello c’è di tutto: chi si sposta col motorino o la bicicletta
da una parte all’altra del fiume, chi è andato nel capoluogo a fare provviste
di prodotti che non troverebbe facilmente nel villaggio, chi trasporta da una
tappa all’altra riso, che poi viene scaricato per essere sostituito dalle
banane, e a un certo punto da fiori, con una logica che c’è ma sfugge.
Commercianti, quindi, ma anche contadini, la maggioranza; ciarliere donne che
salgono a proporre frutta e cibarie varie, dai pezzi di pollo arrostito ai samosa fritti e ripieni di
verdure (la Cina è vicina ma l’India anche), alle pannocchie bollite o passate
al barbecue; gli immancabili monaci. E una sparuta gallina. Una decina le tappe prima di arrivare a
destinazione, dopo “sole” 14 ore, con una di anticipo sull’orario previsto.
Sarà che ieri era domenica e che forse c’era meno movimento, ma mi aspettavo
più affollamento e più frenesia, e così anche sul fiume. Piuttosto scarsi i
battelli in circolazione: qualche chiatta che trasportava legname o carburante,
qualche pescatore, qualche traghetto privato tra una sponda e l’altra che, ad
ogni buon conto in nessun punto distano meno di 500 metri anche durante la
stagione secca che è per l’appunto in corso. Scarsa l’attività anche lungo le
rive, anche perché i villaggi sorgono sempre a distanza di sicurezza da esse:
perfino a Mandalay i lungofiume (e tutti i moli) si trovano in periferia, così
come a Yangon, anche se vi si trova lo Strand e una serie di uffici coloniali,
non sono certo il cuore del centro: immagino che sia così a causa delle regolari esondazioni che hanno luogo
durante la stagione delle piogge (a differenza che nella Terra dei Cachi, dove si costruisce, abusivamente o con autorizzazione pubblica, negli alvei dei fiumi, salvo frignare e chiedere risarcimenti quando le case vengono spazzate via). In questa placidità ho notato una grande differenza col
Mekong che scorre praticamente in parallelo poche centinaia di chilometri a
Est, e che ho disceso nella parte sia laotiana (dove nel primo tratto scorre
tra le montagne), sia cambogiana (quella più simile a qui), sia in quella
vietnamita, dove l’animazione lungo le rive è infinitamente maggiore, ma anche
la quiete dell’Ayeyarwadhi ha i suoi pregi: è una dimensione diversa, con un
ritmo che ti entra dentro e ti dà un senso di pace. Nemmeno gli “stagionali”
che “cavano” e commerciano sabbia sulle isole che si formano in mezzo al fiume
durante la stagione secca, e che vi si trasferiscono costruendo piccoli
villaggi di bambù che abbandonano con l’arrivo del monsone, si fanno prendere
dalla frenesia, e fanno bene. Peccato che non ci sia modo, almeno per gli
stranieri, di proseguire oltre, ma anche per i locali i trasporti sono
estremamente carenti. Evidentemente dare alle persone la possibilità di
muoversi non rientra tra le priorità di chi governa il Paese. Salvo trasferirle
da una località all’altra, come racconterò più avanti facendo l’esempio proprio
di Bagan.
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A leggerti mi fai venire sempre più la voglia di ammirare di persona quei posti pieni di fascino che ci presenti in questi magnifici post.
RispondiEliminaGrazie!
grazie marco,nei tuoi racconti mi fai rivivere con gioia i momenti passati nel 2001,durante il nostro viaggio nel paese delle 1000 pagode d'oro , ed ancora oggi ritengo il più affascinante paese del sud est asiatico che io abbia mai visitato max m.
RispondiEliminaChe foto, però! Quella sopra un'atmosfera quasi sognante; questa sotto, un'esplosione di colore (e di vita...)
RispondiEliminami piace leggere tutti questi resoconti , ma molte volte ci sono troppe contraddizioni tipo sopra che il battello per gli stranieri velo a 40 dollari tutti i giorni in direttissima , probabilmente questo è un discorso chiuso da parentisi che vanno intuite e non interrotto da una virgola che lo mette in contrapposizione con la continuità del discorso. (scusa queste precisazioni sai io sono ancora all'antica)
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