mercoledì 25 gennaio 2012

Tra la magia di migliaia stupa e la storia dell'antica Bagan


BAGAN / NYAUNG U – L’area su cui sorgeva Bagan si trova su un’ansa del fiume Ayayarwadhi abitata già duemila anni fa e che attorno all’850 era sede di una città-stato pyu (una delle prima etnie giunte nella pianura dall’altopiano tibeto-birmano): il nome Bagan (o Pagan) entrò in uso soltanto nel corso del XIX Secolo e deriva con ogni probabilità da Pyugan. La sua epoca di maggior splendore, di cui sono vestigia qualcosa come gli almeno 4400 templi visibili oggi in un’area di pochi chilometri quadrati, a spanne tra i venti e i trenta (tranquillamente visitabile prendendo in affitto una bicicletta), ebbe inizio soltanto dopo la conquista di Tathon da parte del re bamar (birmano) Anawratha. Le cose andarono così: il re mon (altra etnia) di Tathon, Manuha, inviò il monaco Shin Arahan presso Anawratha allo scopo di convertirlo al buddhismo theravada. Il monaco fu così convincente, e tale fu l’entusiasmo con cui questi abbracciò la nuova fede, che Anawratha chiese a Manuha di fargli avere i testi sacri e le reliquie. Al rifiuto di questi, mosse guerra mosse guerra contro il regno mon, nel 1057 conquistò Tathon e portò come bottino a Bagan ben 32 serie del “Tripitaka” (le scritture buddhiste classiche), eruditi, monaci e già che c’era anche il re Manuha. Da quel momento esplose quel furore costruttivo che portò, nell’arco di duecento anni, tanto durò il periodo aureo della città, che coincise con primo impero birmano, all’edificazione di questa distesa di tempi di tutte le dimensioni che impregna la pianura circostante: Anawratha iniziò l’opera, dando incarico ai suoi architetti di progettare edifici grandiosi a maggior gloria del Buddha, e a quel primo periodo risalgono le opere più spettacolari, tra cui la Swezigon Paya che si trova nella parte settentrionale della pianura, a Nyaung U: che è anche il centro più abitato e fulcro dei trasporti anche se più defilato, sicuramente il più dotato di strutture per i visitatori: che non sono pochi, perché Bagan è meta di pellegrinaggio, assieme al Monte Popa, che dista un’ora e mezzo di bus, per i buddhisti di tutto il Sud-Est Asiatico, oltre ai cinesi, che sempre di più si danno al turismo, i giovani anche in modo indipendente. Da notare che la popolazione di Old Bagan, che è il fulcro della zona archeologica, pochi chilometri più a Sud, fu trasferita a New Bagan, ancora più a Sud, nel 1990 per volontà del governo, e ora ci abitano funzionari statali e personali degli alberghi, tra cui l’esagerato Aureum Palace, in presunto stile-Bagan, in realtà di chiara influenza sino-comunista, così come il Museo Archelogico e il sito palaziale, regolarmente chuso (è lì che si sospetta finiscano i 10 dollari che si pagano cumulativamente per la visita dell’area archeologica di Bagan, una gabella a cui non sfugge nessun nuovo arrivato. Si distinguono un periodo antico, legato alle influenze mon e pyu, con ambienti in penombra e finestre traforate, fin verso il 1100, uno medio, con un ampliamento delle finestre e una propensione alla verticalità, che va fino attorno al 1170, e uno tardo, in cui l’influenza indiana prende il sopravvento, con una profusione di guglie e pinnacoli sempre più elaborati e decorazioni con formelle ornamentali, fino al 1287, quando ebbe fine il primo impero Birmano a causa dell’invasione dei mongoli di Kublai Kan. Pare che a quel tempo il declino di Bagan fosse già iniziato perché l’ultimo re, Narathihapati, terrorizzato dall’invasione mongola, avesse cominciato a demolire alcuni templi per costruire fortificazioni di difesa provocando lo spopolamento della città, ragione per cui al loro arrivo la trovarono già in gran parte abbandonata. Se si pensa che soltanto gli edifici religiosi furono costruiti con materiali resistenti all’usura del tempo, e che perfino i palazzi reali della città birmane erano in legno, così come i monasteri (ancora nell’800), non si riesce nemmeno vagamente a immaginarsi come potesse essere Bagan al momento del suo massimo splendore, se ancora adesso la vista, specie dall’alto e in particolare alle prime luci dell’alba o verso il tramonto, è da togliere il fiato. Per più di un motivo, a cominciare dall’epoca in cui si svilupparono, per proseguire con la netta influenza indiana, oltre che per il buddismo che ne è elemento comune, Bagan la si può paragonare al sito, ancora più esteso, di Angkor, l’antica e maestosa capitale dell’impero khmer in Cambogia, e l’emozione che ho provato a immergermi nella magia che emanano per me è stata simile.  E del resto nell’area sono, insieme al Laos, che rimane nel profondo del mio cuore, i Paesi che nell’area si assomigliano di più, anche per le fattezze e il carattere di chi li abita. Sicuramente quelli in cui mi sono trovato meglio. 

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