BAGAN / NYAUNG U
– L’area
su cui sorgeva Bagan si trova su un’ansa del fiume Ayayarwadhi abitata già
duemila anni fa e che attorno all’850 era sede di una città-stato pyu (una
delle prima etnie giunte nella pianura dall’altopiano tibeto-birmano): il nome
Bagan (o Pagan) entrò in uso soltanto nel corso del XIX Secolo e deriva con
ogni probabilità da Pyugan. La sua epoca di maggior splendore, di cui sono
vestigia qualcosa come gli almeno 4400 templi visibili oggi in un’area di pochi
chilometri quadrati, a spanne tra i venti e i trenta (tranquillamente
visitabile prendendo in affitto una bicicletta), ebbe inizio soltanto dopo la
conquista di Tathon da parte del re bamar (birmano) Anawratha. Le cose andarono
così: il re mon (altra etnia) di Tathon, Manuha, inviò il monaco Shin Arahan
presso Anawratha allo scopo di convertirlo al buddhismo theravada. Il monaco fu
così convincente, e tale fu l’entusiasmo con cui questi abbracciò la nuova
fede, che Anawratha chiese a Manuha di fargli avere i testi sacri e le
reliquie. Al rifiuto di questi, mosse guerra mosse guerra contro il regno mon,
nel 1057 conquistò Tathon e portò come bottino a Bagan ben 32 serie del
“Tripitaka” (le scritture buddhiste classiche), eruditi, monaci e già che c’era
anche il re Manuha. Da quel momento esplose quel furore costruttivo che portò,
nell’arco di duecento anni, tanto durò il periodo aureo della città, che
coincise con primo impero birmano, all’edificazione di questa distesa di tempi
di tutte le dimensioni che impregna la pianura circostante: Anawratha iniziò
l’opera, dando incarico ai suoi architetti di progettare edifici grandiosi a
maggior gloria del Buddha, e a quel primo periodo risalgono le opere più
spettacolari, tra cui la Swezigon Paya che si trova nella parte settentrionale
della pianura, a Nyaung U: che è anche il centro più abitato e fulcro dei
trasporti anche se più defilato, sicuramente il più dotato di strutture per i
visitatori: che non sono pochi, perché Bagan è meta di pellegrinaggio, assieme
al Monte Popa, che dista un’ora e mezzo di bus, per i buddhisti di tutto il
Sud-Est Asiatico, oltre ai cinesi, che sempre di più si danno al turismo, i
giovani anche in modo indipendente. Da notare che la popolazione di Old Bagan,
che è il fulcro della zona archeologica, pochi chilometri più a Sud, fu
trasferita a New Bagan, ancora più a Sud, nel 1990 per volontà del governo, e
ora ci abitano funzionari statali e personali degli alberghi, tra cui
l’esagerato Aureum Palace, in presunto stile-Bagan, in realtà di chiara
influenza sino-comunista, così come il Museo Archelogico e il sito palaziale,
regolarmente chuso (è lì che si sospetta finiscano i 10 dollari che si pagano
cumulativamente per la visita dell’area archeologica di Bagan, una gabella a
cui non sfugge nessun nuovo arrivato. Si distinguono un periodo antico, legato
alle influenze mon e pyu, con ambienti in penombra e finestre traforate, fin
verso il 1100, uno medio, con un ampliamento delle finestre e una propensione
alla verticalità, che va fino attorno al 1170, e uno tardo, in cui l’influenza
indiana prende il sopravvento, con una profusione di guglie e pinnacoli sempre
più elaborati e decorazioni con formelle ornamentali, fino al 1287, quando ebbe
fine il primo impero Birmano a causa dell’invasione dei mongoli di Kublai Kan.
Pare che a quel tempo il declino di Bagan fosse già iniziato perché l’ultimo
re, Narathihapati, terrorizzato dall’invasione mongola, avesse cominciato a
demolire alcuni templi per costruire fortificazioni di difesa provocando lo
spopolamento della città, ragione per cui al loro arrivo la trovarono già in
gran parte abbandonata. Se si pensa che soltanto gli edifici religiosi furono
costruiti con materiali resistenti all’usura del tempo, e che perfino i palazzi
reali della città birmane erano in legno, così come i monasteri (ancora
nell’800), non si riesce nemmeno vagamente a immaginarsi come potesse essere
Bagan al momento del suo massimo splendore, se ancora adesso la vista, specie
dall’alto e in particolare alle prime luci dell’alba o verso il tramonto, è da
togliere il fiato. Per più di un motivo, a cominciare dall’epoca in cui si
svilupparono, per proseguire con la netta influenza indiana, oltre che per il
buddismo che ne è elemento comune, Bagan la si può paragonare al sito, ancora
più esteso, di Angkor, l’antica e maestosa capitale dell’impero khmer in
Cambogia, e l’emozione che ho provato a immergermi nella magia che emanano per
me è stata simile. E del resto nell’area sono, insieme al Laos, che
rimane nel profondo del mio cuore, i Paesi che nell’area si assomigliano di
più, anche per le fattezze e il carattere di chi li abita. Sicuramente quelli
in cui mi sono trovato meglio.
Nessun commento:
Posta un commento