lunedì 29 dicembre 2008

Le piogge e le orchidee di Bogor


Istana Bogor
BOGOR - Distante appena una cinquantina di chilometri dalla tentacolare Jakarta, la megalopoli in continua espansione di cui di fatto costituisce ormai una specie  di sobborgo,  Bogor coi suoi oltre 700 mila abitanti assume nei confronti della capitale il rango di una cittadina; in compenso, pur essendo situata a soli 300 metri d'altezza, gode di un clima incomparabilmente più salubre e fresco, e il fatto di detenere il record di precipitazioni annue sull'isola di Giava (una media di 322 acquazzoni vi si scatenano nel corso di un anno), un po' come la Pedemontana friulana, nota come Il Pisciatoio, o Masone, in Italia, non ne diminuiscce la gradevolezza. Saranno l'abbondanza di acque che l'attraversano, oltre a un fiume vero e proprio diversi torrenti, e le montagne che si scorgono poco lontane all'orizzonte, ma sembra di essere a una quota decisamente maggiore. Ho gradito molto la frescura dopo lo spostamento da Sumatra a Giava di ieri: il problema non è stata la traversata dello Stretto della Sonda, da Bakahueni a Merak, due ore di traghetto gradevoli, su una nave spaziosa e opportunamente ventilata, quanto il trasferimento da Merak a Bogor. L'idea era quella di evitare come la peste Jakarta e, carta stradale alla mano, in effetti la via più diretta verso Bogor è costituita da una statale, così ho cercato, nel caos di un sedicente terminal (uno spiazzo sterrato pieno di buche, pozzanghere e immondizia con ai bordi un mercato  scalcinato in cui non una sola persona spiccica una parola di inglese), un bus verso questa città e ho beccato quello più scalcagnato preso finora in Indonesia. Naturalmente sono stato smentito e la tradotta, dopo un'ora di attesa, ha imbucato puntualmente l'autostrada in direzione di Jakarta e che, attraversata una buona fetta della città, continua poi fino a Bogor. Pensavo che nella più ricca e moderna Giava velocità e qualità degli spostamenti migliorassero rispetto a Sumatra,Lotus ma la media è rimasta sui consueti 35 km/h, e questo perché il personale di bordo, oltre all'autista un bilgiettaio e un “procacciatore”, il cui ruolo è stare sul predellino e urlare a squrciagola per esaltare la qualità del mezzo e invogliare le gente a servisrene e a stiparlo fino all'inverosimile, pensa bene di utilizzare ogni uscita, pagare al casello, cercare il terminal locale (che in genere è un'intera strada della città ai cui margini si affolla una variegata umanità) e procedere nella pesca del viaggiatore in attesa, e quindi reimmettersi in autostrada. Così per ben 6 volte nei 90 chilometri scarsi che separano Merak da Jakarta. Ecco spiegata le media anche su strade più decorose. Sulla qualità meglio sorvolare, salvo lo spettacolo, a ogni fermata, della corte dei miracoli in transito nel corridoio della corriera a vendere qualsiasi mercanzia, chitarrosi stonati e propagandisti politici compresi, oltre a imbonitori che si piazzano sul bus tra una fermata e l'altra e magnificare le doti di un attrezzo da cucina, un set da toilette da viaggio o la bontà di un frutto ignoto di cui il personaggio ha un intero sacco pieno: e prosegue implacabile, finché non ha venduto quanto si era prefissato. Con estremo sollievo sono così giunto al terminal di Bogor, un altro anfratto infernale sotto un cavalcavia, da dove mi sono mosso con l'unico mezzo che abbia un senso usare in queste circostanze: un mototaxi, anche grazie al fatto che pur di arraffare un cliente, i benemeriti guidatori sono disposti a sobbarcrasi il fardello di qualsiasi bagaglio, oltre al dolce peso del trasportato. Città affollata, dunque, e discertamente incasinata, con molti abitanti della capitale in trasferta. Il primo impatto, oltre alla temperatura perfetta, è stato uno splendido tramonto dalla terrazza di un caffè alla moda, un vero posto da fighetta e puzzoni, dove mi sono intrufolato a sbafo senza essere fermato da una schiera di posteggiatori di SUV (anche qui l'emblema del cretino di successo e degli spandimerda) e lacché in divisa. Bogor, Buitenzorg in olandese, è però famosa a livello internazionale per i suoi Orchid by Ingsocgiardini botanici. Il Kebun Raya (giardino grande) è il cuore della città, qualcosa come 80 ettari nel pieno del suo centro, un'oasi di pace percorsa  da ruscelli e con svariati stagni coperti da fiori di loto e laghetti attorno al quale scorre un traffico incessante. Il parco dell'Istana Bogor, il palazzo del governatore generale Stamford Raffles (lo stesso che legò il suo nome a Singapore, cfr foto in alto a sinistra) durante l'interregno inglese, fu trasformato dal professore olandese Reinwardt in orto botanico e inaugurato dai suoi compatrioti nel 1817. Nel comprensorio oltre 15 mila specie di alberi e piante, più di 400 specie di palme e, solo nelle serre delle orchidee, 3000 varietà di questo magnifico fiore. Fu in questi giardini botanici che i ricercatori olandesi svilupparono molte delle coltivazioni tipiche delle colonie, dal tè, alla cassava, alla cannella, al tabacco, alla corteccia di china, e a tutt'oggi il Kabun Raya è uno dei più importanti centri di ricerche botaniche dell'intera Indonesia. All'interno anche un museo zoologico con una collezione della fauna di Giava, animali impagliati, farfalle, raccolte di coeotteri e altri insetti, conchiglie e perfino l'enorme scheletro di una balenottera azzurra arenatasi sulle coste dell'isola nei primi decenni del secolo scorso. Nonostante la pioggia, leggera ma incessante, vi ho trascorso una giornata intera deliziosa, allietata da un pranzo di prim'ordine in un ristorante curatissimo. Unica pecca, cartacce e immancabili contenitori e sacchetti di plastica sparsi un po' ovunque nonostante la adeguata presenza di bidoni e cestini per i rifiuti, a testimonianza di un rapporto con la natura problematico da parte degli asiatici in generale e di una sensibilità ambientale piuttosto peculiare: sembra di essere in Italia. 

Nessun commento:

Posta un commento