domenica 28 gennaio 2024

Il punto di rugiada

"Il punto di rugiada" di Marco Risi. Con Massimo De Francovich, Alessandro Fella, Eros Pagni, Luigi Diberti, Lucia Rossi, Roberto Gudese, Erika Blanc, Elena Cotta, Valerio Binasco, Ariella Reggio, Maurizio Micheli e altri. Italia 2023 ★★=

Mi dispiace proprio ma non ci siamo. Non metto in dubbio la sincerità delle intenzioni di Marco Risi, che probabilmente ha avuto in mente il rapporto avuto col suo celebre e forse ingombrante padre, di mettere a confronto due mondi diversi come quello appartenente a un passato ormai remoto e velato dalla fragile memoria degli ospiti di Villa Bianca, una casa di riposo di lusso, e due ragazzi poco più che ventenni, Carlo e Manuel, che vi si ritrovano a fare gli inservienti perché devono scontare rispettivamente un anno e un anno e mezzo ai servizi sociali. Il primo, un ragazzo ricco e viziato (Alessandro Fella: un brombolo del tutto inespressivo), condannato perché guidando ubriaco ha causato un incidente in cui è rimasta sfregiata la ex fidanzata, con cui non ha avuto più il coraggio di farsi vivo; l'altro, un simpatico "ganassa", è stato beccato con le mani nel sacco per spaccio: lo interpreta Roberto Gaudese, che a differenza del suo collega di stoffa ne ha un bel po', peccato che il suo personaggio abbia un ruolo del tutto secondario, e questo già è un difetto imperdonabile. Ci sono anche il direttore, che mal li sopporta, la bella e misteriosa infermiera Luisa (Lucia Rossi), e naturalmente gli ospiti (non bisogna chiamarli anziani: strano che la direzione non li onori del titolo di clienti, ché questo siamo ormai tutti, oltre che dei numeri), interpretati da vecchie glorie del cinema e del teatro nostrano, tra cui spiccano Eros Pagni (nei panni di un ex colonnello mai divenuto generale), Luigi Diberti (un poeta che non si ricorda quel che ha scritto) e il suo ex rivale in amore Dino, il più lucido di tutta la brigata, imopersonato da Massimo De Francovic: è lui che instaura un rapporto particolare con Carlo che col passare del tempo (il film si articola sulle quattro stagioni dell'anno, da estate a estate) diventa di confidenza e fiducia reciproca, e servirà, forse, a quest'ultimo, a guardarsi un minimo dentro e darsi una regolata. Non a caso Dino, un ex fotografo fissato coi leoni ma che non è mai stato in Africa (e che in qualche maniera, attraverso uno smartphone basico, mantiene in esercizio le sue attitudini professionali), porta il nome del padre del regista e ricorda fisicamente come anche nella dizione, ma soprattutto per il suo rapporto con la vecchiaia estrema, Mario Monicelli, che si era suicidato a 95 anni, nel 2015. Insomma il film si basa sul gioco degli opposti che in qualche modo si completano e si accettano, un po' per necessità e un po' per curiosità e umana simpatia (ne è sicuramente più dotato Manuel), si basa un una sceneggiatura flebile e al contempo grossolana, che da un lato indulge su luoghi comuni ritriti e dall'altro perde per strada i personaggi, non approfondendoli minimamente e limitandosi spesso a delle mere caricature; non bastano un paio di scene azzeccate (quella della nevicata, da cui il titolo, che è l'occasione per gli anziani di "trasgredire", per una volta, con la complicità dei due giovani inservienti) a salvare la baracca perché vengono più che compensate da altre francamente penose: ancora una volta mi chiedo se esista un film italiano degli ultimi 30 anni in cui ci venga risparmiata una scena di ballo, come se fosse l'attività precipua di un popolo di macachi tarantolati. Non bastasse, scene di incontinenza a parte, per la festa di Capodanno il film ci propina pure il trenino con tanto di lingue di suocera e cappellino di carta a cono, roba da cinepanettone che mi ha fatto sentire in imbarazzo per chi ha dovuto interpretare la scena e a fatica ho represso la tentazione di abbandonare la sala. Nonostante il tema (aleggia la morte, in arrivo per tutti, per alcuni prima e per altri poi) e l'ambientazione (tra l'altro falsa: perché dalla parlata prevalente Villa Bianca dovrebbe trovarsi in riva a un lago tra Brianza e Varesotto, mentre palesemente nessun lago lombardo vi assomigli neanche lontanamente, tant'è vero che il film ha avuto il contributo della Lazio Film Commission, e questa a un milanese come Risi non gliela perdono) e la si butti un po' in farsa, siamo lontani anni luce non solo dal celebre Cocoon, uno dei capostipiti del genere "ospizio", e da Amici miei - Atto 3°, l'ultimo della gloriosa trilogia, quello girato da Nanni Loy, ma perfino da Villa Arzilla, storica serie TV di oltre trent'anni fa che sicuramente era più ispirata di questo Punto di rugiada. Concludendo: luoghi comuni a profusione; uno degli interpreti principali improponibile; pare che nessuno degli autori abbia mai frequentato una casa di riposo, nemmeno una per ricchi, né abbia realmente avuto contatto con qualcuno che abbia meno di trent'anni; la sensazione di qualcosa senza capo né coda, palesemente posticcio. Marco Risi ha mestiere, una solida carriera alle spalle, alcuni film, specie di impegno civile e basati su fatti reali gli sono riusciti molto bene: non capisco perché si ostini con la commedia "fu" italiana, forse per confrontarsi col padre. Rassegnati, te set minga bun...

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