giovedì 12 gennaio 2023

Oggi le comiche


Dopo una campagna elettorale balneare oscena quanto truffaldina, tra gli starnazzamenti dell'attuale capo/a di governo e la riproposizione di una fantomatica Agenda Draghi nel penoso tentativo di contrastarla da parte del sedicente secondo e terzo polo (in realtà il sesto), ossia il PD e i suoi derivati (il duo Renzi&Calenda), ecco sulla scena del teatrino politico italiano il più appassionante degli avanspettacoli: il congresso pidiota. In un Paese vagamente serio un partito nelle condizioni di quello di Enrico Letta lo avrebbe già convocato il giorno dopo le elezioni e tenuto a stretto giro di posta o si sarebbe sciolto in seguito all'ennesima sconfitta elettorale che però questa volta, a differenza di quelle dei dieci anni precedenti, non ha consentito ai centrosinistrati di rimanere al governo, facendo affidamento sul ricorso a un nuovo miracoloso intervento dall'alto in nome di una qualche emergenza da affrontare con un governo, possibilmente "tecnico", di unita nazionale. E invece no: eccoli ad azzuffarsi sulle date delle cosiddette primarie, disquisire sulle interpretazioni dello statuto, sull'opportunità di "allargare la platea", già estesa ai non iscritti, basta che sgancino un paio di euro per poter votare, e consentire o meno la partecipazione on line. Di tutto si parla tranne che di idee (inesistenti), progetti, programmi. Come sempre, del resto. E poi i quattro autocandidati alla sua guida: espressione del nulla, se non del potere della cadrega, di cui tre, provenienti dalla stessa regione, l'Emilia Romagna, un tempo feudo del fu PCI. Il gran favorito è Stefano Bonaccini, già renziano e sponsor dell'autonomia più spinta in concorrenza coi leghisti, che ne è presidente, cui segue a ruota quella che ne è la vice, da lui scelta, Elly Schlein, la quale dovrebbe essere la sua principale avversaria e la cui grande novità consisterebbe nel non avere avuto la tessera del PD fino al momento di presentarsi come candidata alla segreteria, il che non le ha impedito di entrare in parlamento nelle sue liste. Nel momento in cui l'ha presa, ha votato a favore dell'ennesimo invio di armi all'Ucraina in barba alle posizioni pseudopacifiste nonché ecologiste sciorinate in precedenza: l'ennesimo caso di figurina, à la Suomahoro, messa lì per dare una riverniciatina alle insegne ormai scrostate della "ditta" e adeguarla alle esigenze di un "mercato più giovane e informato", coi risultati che sono sotto gli occhi. La terza concorrente di questa ridicola farsa è la piacentina Paola De Micheli, già ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel governo Conte II, quello detto giallorosa, celebre per le sue innumerevoli gaffe e per la dedizione alle Grandi Opere a cominciare dal TAV; quarto e buon ultimo, e anche l'unico ad avere un minimo di caratura e credibilità politica e quindi perdente in partenza, come del resto durante tutta la sua carriera, Gianni Cuperlo. Ho sempre tifato ardentemente perché il PD si dissolva definitivamente, perfino auspicato allo scopo la vittoria di Renzi, ma nemmeno lui è riuscito nell'intento. Su coraggio: vediamo all'opera quest'altra compagnia di giro e chissà che questa volta non sia quella buona e ce la facciano a sparire finalmente dalla circolazione.

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