lunedì 9 gennaio 2023

Godland - Nella terra di Dio

"Godland - Nella terra di Dio" (Vanskabte Land) di Hlynur Palmason. Con Elliott Crosset Hove, Ingvar Eggert Sigurosson, Victoria Carmen Sonne, Jacon Lohmann, Ida Mekkin Hlynsdóttir, Waage Sandø Hilmar Gudjónsson, Ingvar Pórdarson e altri. Danimarca, Islanda, Francia Svezia 2022 ★★1/2

Per quanto possa farmi egoisticamente piacere distinguermi dalle masse plaudenti, non è che goda a fare l'eterno bastian contrario, ma mi è difficile unirmi ai peana che hanno accolto questo terzo film di Hlynur Palmason, che ho affrontato senza alcuna prevenzione come testimonia il gradimento del precedente A White, White Day, rispetto al questo Godland mi pare meno riuscito, anche se i propositi del regista islandese erano probabilmente più ambizioni. Si tratta del viaggio immaginario di Lucas, un giovane prete luterano danese inviato nella seconda metà dell'Ottocento dai suoi superiori a documentare fotograficamente la "terra malformata", termine con cui veniva definita l'Islanda, questa la traduzione del titolo originale Vanskabte Land, che non viene reso dal più banale Godland adottato per la versione internazionale, nonché a costruire la chiesa, ma soprattutto, secondo l'intento dei suoi capi, di adattarsi alla popolazione locale, così diversa da quella "metropolitana". Cosa quest'ultima, premessa per una vera evangelizzazione, che per l'appunto Lucas non fa, anzi: tutto il contrario. Trascinato dalla sua ossessione documentaristica, sbarca in un luogo selvaggio e lontano dalla sua vera meta mettendo a rischio la vita dei suoi accompagnatori (il paziente interprete che invano prova a insegnargli l'idioma locale ci lascia le penne) che tratta né più né meno come degli sherpa a suo servizio, mettendosi, e non si capisce perché, da subito in contrasto con Ragnar, la guida (nonché proprietario dei cavalli con cui il convoglio viaggia portandosi appresso l'ingombrante bagaglio del prete) interpretato dal grande Ingvar Eggert Sigurosson, già protagonista di A White, White Day: un uomo duro ma schietto, che capisce il danese ma mette in chiaro che non è la sua lingua ma quella che viene parlata solo la domenica, nelle occasioni ufficiali. E', insomma, l'idioma della lontana madrepatria, che considera l'isola una colonia, senza nulla sapere delle condizioni di vita dell'esigua popolazione locale, peraltro non facili considerata la natura selvaggia che domina pressoché incontrastata e a cui tocca adeguarsi. Cosa che Lucas si incaponisce a non fare, precipitando in un vortice di egocentrismo velleitario che lo porta lontano dalla missione e dai suoi propositi anche solo teorici: benché Ragnar lo porti, più morto che vivo, alla destinazione finale, ricoverandolo nella magione di Carl, padre di due figlie, proprietario terriero dove verrà costruita la chiesa, e dove verrà amorevolmente curato e assistito, non gli sarà grato, si rifiuterà perfino di sposare una coppia regolare finché la chiesa non sarà completamente terminata, non proverà mai a parlare ma nemmeno a capire la lingua, in compenso comincerà una tresca con la maggiore delle figlie di Carl e affronterà definitivamente Ragnar, diventato per lui una vera e propria ossessione, infine scapperà vigliaccamente durante la celebrazione della messa d'inaugurazione. Finirà, giustamente, male per lui. Ora, dopo quasi due ore e mezzo di proiezione e di sottofondo musicale piuttosto angosciante, il pieno di immagini suggestive ma tutto sommato non così spettacolari come mi sarei aspettato, la domanda che mi sono posto assieme a chi era con me a vedere il film è stata: e con ciò? Dove ha voluto andare a parare il buon Palmason? Cos'è, un film sullo spirito colonialista della Danimarca? E va bene. Sulla natura umana divisa tra istinti animali e fede? Se sì, quale fede poteva avere un personaggio così odioso e scostante come Lucas? Cosa credevano, lui e la chiesa che lo ha mandato, di poter divulgare e dare al prossimo? Cosa voleva significare la storia, l'ennesima riproposizione del "cuore di tenebra"? E poi l'abuso di simbolismi, la pesantezza: difficile non rimanere perplessi, a tratti infastiditi, anche di fronte a un'ottima fotografia e delle interpretazioni decisamente convincenti ma non basta. Vero che un film non deve essere per forza divertente o spettacolare, ci mancherebbe; bene stimolare la riflessione, ma una traccia per arrivare da qualche parte bisogna pur darla. Io non l'ho vista e non sono stato il solo. In compenso ero in buona compagnia. 

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