giovedì 19 maggio 2022

Un figlio

"Un figlio" (Bik Eneik - Un fils) di Mehdi Barsaoui. Con Sami Bouajila, Najia ben Abdallah, Youssef Khemiri, Slahj Msadek, Mohamed Ali Ben Jemaa, Noomene Hamda e altri. Tunisia, Francia, Libano, Qatar 2019 ★★★★

Gran bel film, soprattutto considerando che si tratta del lungometraggio d'esordio del tunisino Mehdi Barsaoui, peraltro pluripremiato assieme al suo interprete, principale Sami Bouajila, che giganteggia nella parte di Farès agiato dirigente che a lungo ha vissuto in Francia, che con la moglie Meriem, a sua volta arrivata a un incarico prestigioso, e il figlio di 10 anni Aziz, di ritorno da una gita nel Sud del Paese si trova coinvolto in una sparatoria tra estremisti islamici ed esercito regolare, in cui il ragazzo viene ferito al fegato. Ricoverato nell'ospedale locale, la sua sopravvivenza dipende da un trapianto dell'organo in questione, ma la legge, per motivi religiosi, pone molteplici limiti e la lista d'attesa è lunga; in più, la madre è incompatibile e le analisi del sangue di Farès escludono che possa essere il padre biologico: imbarazzo totale da parte dei medici e dramma nel dramma per il disvelamento di un segreto dei più pesanti in una coppia che non solo si trova ad affrontare lo sgradevole "equivoco" in un momento così delicato, cosa difficile per quanto progressista ed evoluta possa essere, ma si trova pure davanti agli ostacoli opposti da una normativa ingarbugliata. Mentre la situazione diventa sempre più critica e occorre decidere con urgenza il da farsi e Meriem cerca disperatamente di contattare il padre naturale, di cui ha perso le tracce prima ancora che nascesse Aziz, perché si sottoponga al test del DNA (per obbligarlo sarebbe necessario che Farès la ripudiasse) e nella speranza che accetti di sottoporsi a un trapianto parziale del fegato, Farès riceve l'offerta di aggirare l'ostacolo da parte di un individuo ambiguo, proprietario di una clinica privata che si rivela un trafficante di fornitori organi, ossia bambini, di cui va a rifornirsi nella vicina Libia, dove infuria (siamo nel 2011) la guerra civile: coi tempi che stringono, gli avvenimenti si susseguono sempre più freneticamente e la situazione si fa vieppiù più drammatica. Non aggiungo altro per evitare di svelare il finale, quel che va sottolineato è la sicurezza del regista nel raccontare con sufficiente chiarezza una vicenda intricata e dalle molteplici implicazioni che si svolge su più piani seppure compressa in un arco di tempo limitato: ci sono i risvolti personali, di coppia e famigliari; la paternità; le contraddizioni della società tunisina, tra povertà e ricchezza, tradizionalismo religioso e modernità; la sottovalutazione dell'integralismo islamico; la guerra e il traffico di esseri umani, tema raramente affrontato, salvo rare eccezioni, dal cinema e dal giornalismo, meno che mai dalla politica e perfino dagli organismi internazionali che vi sarebbero preposti. Bravissimi gli interpreti, ottima la fotografia, anche grazie ai panorami mozzafiato dei dintorni di Tatouine (scelti, non a caso, da George Lucas per girare Guerre Stellari), un plauso a questo talento che di certo ha ben presente la lezione di un maestro come Asghar Farhadi.

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