domenica 19 settembre 2021

Corto circuito


Faccio mie le considerazioni di Nicola Forcignanò, vecchia conoscenza ed ex corrierista, giornalista di lungo corso e mente libera e ormai lontano, anche geograficamente, dalle miserie di quella un tempo onorevole professione, sulle recenti esternazioni di Barbara Palombelli, che possono sorprendere soltanto chi non è consapevole dei meccanismi delle attuali forme di comunicazione, e quindi è pronto a cadere nella rete di quella che è pura e semplice pubblicità travestita da informazione, con la complicità di chi dovrebbe proporne una corretta e professionale: 
Barbara Palombelli e Michela Murgia, due donne sicuramente non stupide che dicono volutamente cose stupide. Per stupire e guadagnare di più, in ascolti e soldi. La chiave di lettura è tutta qui. Facile facile. Il grande circo mediatico ha fame di polemica, della quale si nutre per rimanere in vita. La regola è scatenare discussioni, provocare valanghe di insulti, generare se occorre perfino odio. Questa è l'alternativa a pensieri profondi. La soluzione è abbassare il livello, posizionare l'asticella più in basso, se nessuno è in grado di far volare in alto idee che possano aiutare a capire i fatti del mondo, che possano fornire nuove e sorprendenti chiavi di lettura della nostra società. E promuovere sul campo a pensatori/pensatrici personaggi che non hanno i requisiti fondamentali per interpretare il difficile ruolo di pensatore/pensatrice non può portare ad altro che a questo: studiare a tavolino frasi ad effetto da gettare come petardi di Capodanno nel circo mediatico. E, poi, come diceva Jannacci, stare a vedere l'effetto che fa. A nessuno può venire di getto che in un Paese democratico davanti a un'uniforme non si sente sicuro (Murgia) o che le vittime di femminicidio hanno peccato di aggressività (Palombelli). No, queste sono bestialità programmate, studiate per far parlare di sé e di un programma televisivo che in assenza di una polemica non avrebbe un perché per diventare il fatto del giorno. E rendere più popolari e discusse due donne che finora non avevano dimostrato altre qualità per essere al centro dell'attenzione. Di mio aggiungo che, tra carta stampata, TV e social network, il circolo vizioso è completo. Già negli anni Settanta Montanelli, che pure era un personaggio che bucava il video, ammoniva i colleghi della carta stampata sull'errore suicida dei giornali di fare da megafono alla TV, il loro nemico mortale, mettendo all'ordine del giorno quel che vi accadeva, amplificandone la portata, invece di passare alla controffensiva puntando, anziché sull'immediatezza, terreno sul quale non avrebbe avuto senso mettersi in competizione, sull'approfondimento, la qualità e il confronto: profeta inascoltato, con l'avvento della televisione commerciale e, in Italia, di Berlusconi e del suo impero mediatico-pubblicitario, di cui lo stesso Montanelli fu una delle vittime più illustri, le sue previsioni si avverarono e la merdificazione dell'informazione proseguì inarrestabile. Poi sono arrivati i cosiddetti social che, dietro la parvenza di strumenti di libera ed egualitaria espressione di pensiero, sono divenuti il più recente mezzo di controllo, sfogo e rincoglionimento generalizzato, palestra ideale per dare sfogo agli umori più repressi delle masse, e cosa fanno a loro volta le TV e le radio, oltre a quel poco che rimane della carta stampata? Li assumono come fonte primaria delle proprie notizie, perché è lì, disponibile a tutti, il terreno "reale" in cui si tasta il polso della situazione. Geniale: il cane che si morde la coda. Questo lo stato dell'arte.

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