"I fratelli Sisters" (The Sisters Brothers) di Jacques Audiard. Con John C. Reilly, Joaquin Phoenix, Jake Gyllenhaal, Riz Ahmed, Jóhannes Haukur Jóhanneson, Rebecca Root, Carole Kane e altri. Francia, Spagna, Romania, Belgio USA 2018 ★★★★+
Un sorprendente western metafisico e umanista quello confezionato da Jacques Audiard, già apprezzato per Il Profeta e Deephan, che conferma originalità, capacità di utilizzare i canoni del genere più hollywoodiano di tutti per toccare corde più profonde e parlare di temi universali e, dunque, attuali, felice adattamento del romanzo omonimo del canadese Patrick deWitt. I Sister Brothers (un ossimoro che dà vita a un corto circuito già nel titolo) Eli e Charlie, rispettivamente il bravissimo John C. Reilly, finalmente protagonista principale, e Charlie (un ottimo Joaquin Phoenix che ben si adatta al ruolo di comprimario), il fratello minore ubriacone, violento e problematico, sono due efferati quanto efficaci sicari incaricati da Commodore di mettersi sulla tracce di Herman Warm (Riz Ahmed), un chimico che ha inventato una formula per fare apparire l'oro in mezzo agli altri minerali rendendolo più facile da individuare, il quale a sua volta è inseguito da John Morris (Jake Gyllenhaal), uno strano e colto investigatore che a sua volta è stato incaricato dal Commodore di farsi amico lo scienziato e fermarlo finché i due killer non lo avranno tra le mani per estorcergli il segreto, consegnare la scoperta al capo e accoppare il poveraccio: siamo nel 1851 in Oregon, in piena corsa all'oro verso la California (poi verrà la volta dell'Alaska) e una marea umana eterogenea di immigrati, illusi, avidi, imbroglioni è in transumanza verso Ovest attratta dal miraggio del prezioso metallo. Il viaggio è lungo e, sparatorie a parte, che avvengono generalmente al buio e sono soltanto un aspetto secondario della vicenda, di cose ne succedono molte e le cose cambiano, anche di prospettiva, e questo cambiamento lo vediamo man mano maturare attraverso i colloqui tra i due fratelli, le loro riflessioni, la loro quotidianità: vittime di un padre orco, da cui Charlie ha preso parte del carattere violento e la passione per la bottiglia, tocca a Eli, il maggiore, il ruolo di quello riflessivo, che infatti sogna di formarsi una famiglia, smetterla con il sicariato e di aprire un emporio; inoltre si sente in colpa ne confronti di Charile perché è stato quest'ultimo a uccidere il padre violento e da allora non è più stato lo stesso, compito che sarebbe toccato a lui, in quanto più vecchio. Lo stesso cambiamento avviene anche nel rapporto fra il detective Morris e il chimico Warm, un sognatore utopista che, coi proventi dell'oro trovato grazie alla sua formula, vuole costruire, con altri immigrati europei, una sorta di comunità ideale a Dallas, in Texas (il che è tutto dire...). Alla fine tutti e quattro si ritroveranno sulla stessa sponda, ma non racconto i dettagli, tranne che per i fratelli tutto si risolverà, per il meglio, "in famiglia". E' proprio nei colloqui quasi filosofici tra i due fratelli, adusi a occuparsi l'uno dell'altro anche fisicamente (tagliandosi i capelli a vicenda, curando l'altro quando infortunato o malato), ma anche tra gli altri due compagni di ventura che invece imparano a conoscersi fino a diventare soci in affari e compagni di ideale, la forza del film, che da un lato usa un'ironia leggera ma arguta per raccontare l'avidità che sta alla base di una nazione già aberrante fin dalla sua nascita, dall'altro sottolinea l'importanza dei rapporti famigliari e d'amicizia per tenere a bada e correggere gli "spiriti animali" che dominano la società USA. Una gran bella sorpresa per un western anomalo, una conferma per Audiard e gli attori che ha scelto come protagonisti, una fotografia perfetta e una colonna sonora inconsueta ma efficace: funziona tutto.
Un sorprendente western metafisico e umanista quello confezionato da Jacques Audiard, già apprezzato per Il Profeta e Deephan, che conferma originalità, capacità di utilizzare i canoni del genere più hollywoodiano di tutti per toccare corde più profonde e parlare di temi universali e, dunque, attuali, felice adattamento del romanzo omonimo del canadese Patrick deWitt. I Sister Brothers (un ossimoro che dà vita a un corto circuito già nel titolo) Eli e Charlie, rispettivamente il bravissimo John C. Reilly, finalmente protagonista principale, e Charlie (un ottimo Joaquin Phoenix che ben si adatta al ruolo di comprimario), il fratello minore ubriacone, violento e problematico, sono due efferati quanto efficaci sicari incaricati da Commodore di mettersi sulla tracce di Herman Warm (Riz Ahmed), un chimico che ha inventato una formula per fare apparire l'oro in mezzo agli altri minerali rendendolo più facile da individuare, il quale a sua volta è inseguito da John Morris (Jake Gyllenhaal), uno strano e colto investigatore che a sua volta è stato incaricato dal Commodore di farsi amico lo scienziato e fermarlo finché i due killer non lo avranno tra le mani per estorcergli il segreto, consegnare la scoperta al capo e accoppare il poveraccio: siamo nel 1851 in Oregon, in piena corsa all'oro verso la California (poi verrà la volta dell'Alaska) e una marea umana eterogenea di immigrati, illusi, avidi, imbroglioni è in transumanza verso Ovest attratta dal miraggio del prezioso metallo. Il viaggio è lungo e, sparatorie a parte, che avvengono generalmente al buio e sono soltanto un aspetto secondario della vicenda, di cose ne succedono molte e le cose cambiano, anche di prospettiva, e questo cambiamento lo vediamo man mano maturare attraverso i colloqui tra i due fratelli, le loro riflessioni, la loro quotidianità: vittime di un padre orco, da cui Charlie ha preso parte del carattere violento e la passione per la bottiglia, tocca a Eli, il maggiore, il ruolo di quello riflessivo, che infatti sogna di formarsi una famiglia, smetterla con il sicariato e di aprire un emporio; inoltre si sente in colpa ne confronti di Charile perché è stato quest'ultimo a uccidere il padre violento e da allora non è più stato lo stesso, compito che sarebbe toccato a lui, in quanto più vecchio. Lo stesso cambiamento avviene anche nel rapporto fra il detective Morris e il chimico Warm, un sognatore utopista che, coi proventi dell'oro trovato grazie alla sua formula, vuole costruire, con altri immigrati europei, una sorta di comunità ideale a Dallas, in Texas (il che è tutto dire...). Alla fine tutti e quattro si ritroveranno sulla stessa sponda, ma non racconto i dettagli, tranne che per i fratelli tutto si risolverà, per il meglio, "in famiglia". E' proprio nei colloqui quasi filosofici tra i due fratelli, adusi a occuparsi l'uno dell'altro anche fisicamente (tagliandosi i capelli a vicenda, curando l'altro quando infortunato o malato), ma anche tra gli altri due compagni di ventura che invece imparano a conoscersi fino a diventare soci in affari e compagni di ideale, la forza del film, che da un lato usa un'ironia leggera ma arguta per raccontare l'avidità che sta alla base di una nazione già aberrante fin dalla sua nascita, dall'altro sottolinea l'importanza dei rapporti famigliari e d'amicizia per tenere a bada e correggere gli "spiriti animali" che dominano la società USA. Una gran bella sorpresa per un western anomalo, una conferma per Audiard e gli attori che ha scelto come protagonisti, una fotografia perfetta e una colonna sonora inconsueta ma efficace: funziona tutto.
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