"L'uomo che comprò la Luna" di Paolo Zucca. Con Jacopo Cullin, Stefano Fresi, Francesco Pannofino, Benito Urgu, Lazar Ristovski, Angela Molina. Italia, 2018 ★★★★½
Film volutamente “etnico”, surreale, a tratti stralunato, in questo sulla linea del precedente lavoro di Paolo Zucca, L’arbitro, dove comprimario di un ottimo Stefano Accorsi era Jacopo Cullin nei panni di un campione argentino rientrato in Sardegna e qui invece protagonista assoluto in quelli di Gavino Zoccheddu, un giovane parà che ha rinnegato le proprie origini nascondendosi dietro all’alias di Kevin Pinelli, e a un marcato accento milanese, che viene ingaggiato, dietro il ricatto di svelare il misfatto, da due funzionari di una fantomatica Agenzia Atlantica, per scoprire l'identità dell'uomo che, dalla Sardegna, risulta aver acquisito il diritto di proprietà di buona parte della Lunca, di cui gli USA ritenevano avere l'esclusiva dopo lo storico sbarco di Armstrong e Aldrin sul satellite il 20 luglio del 1969, e che per questo motivo avevano immediatamente fatto pressioni sul governo italiano, succube e servile come sempre. Per compiere la missione Kevin/Gavino deve fare una full immersion di sardità per potersi infiltrare, non notato, nell'ambiente isolano e risalire all'identità di chi, carte alla mano, dimostra di avere a tempo debito rivendicato un diritto di usucapione sulla Luna, e incaricato di addestrarlo è Badore, un sardo riparato in Continente a fare l'artiere ippico dopo una disavventura occorsagli sull'Isola, interpretato da un superbo Benito Urgu, che anche ne L'arbitro aveva interpretato l'allenatore, in quell'occasione di calcio, benché cieco. Qui invece si cura della preparazione del giovane rinnegato fino a fargli recuperate tutte le stigmate del vero sardo "balente": lo spasso è assicurato. Il film, che si avvale del contributo di Lucia Alberti e Geppi Cucciari alla sceneggiatura, che accentua il lato comico di questa commedia assurda, gioca sugli stereotipi che colpiscono i sardi che, a dispetto della loro asserita permalosità, dimostrano di sapere non soltanto ridere di sé stessi, autorappresentandosi, ma di ribaltarli; ma non lo fa, come ha spiegato lo stesso regista che mercoledì ha presentato il film assieme a Cullin al Centrale di Udine e poi al CinemaZero di Pordenone, alla maniera tipica della commedia all'italiana in cui comico e tragico viaggiano sullo stesso binario, ma con una brusca alternanza di toni di ispirazione shakespeariana, per cui alla farsa più sguaiata segue, all'improvviso e inaspettata, una parte drammatica che crea un corto circuito e fa inevitabilmente riflettere. Non mancano nemmeno il lato poetico e quello politico, anche questo trattato in tono tra il giocoso e il sognante, né i richiami simbolici e le metafore. Forse meno visionario e più "leggero" de L'Arbitro, alla fine anche L'uomo che comprò la Luna non è soltanto una dichiarazione d'amore del regista alla sua Sardegna (dove l'accoglienza del film è stata trionfale: una volta sbarcato sul continente, una decina di giorni fa, come media spettatori/copie per sala ha superato perfino Avengers grazie al passaparola e sta avendo l'inaspettato ma meritato successo anche nei festival esteri a cui si è presentato) ma anche la rivendicazione dell'identità culturale e del forte carattere di una terra ingiustamente bistrattata quanto orgogliosa e bellissima, abitata da un popolo fiero, forte, onesto e determinato. Aiutano anche la fotografia, eccellente, e l'ambientazione. Ne raccomando caldamente la visione: meritano: il film, i sardi e la Sardegna.
Film volutamente “etnico”, surreale, a tratti stralunato, in questo sulla linea del precedente lavoro di Paolo Zucca, L’arbitro, dove comprimario di un ottimo Stefano Accorsi era Jacopo Cullin nei panni di un campione argentino rientrato in Sardegna e qui invece protagonista assoluto in quelli di Gavino Zoccheddu, un giovane parà che ha rinnegato le proprie origini nascondendosi dietro all’alias di Kevin Pinelli, e a un marcato accento milanese, che viene ingaggiato, dietro il ricatto di svelare il misfatto, da due funzionari di una fantomatica Agenzia Atlantica, per scoprire l'identità dell'uomo che, dalla Sardegna, risulta aver acquisito il diritto di proprietà di buona parte della Lunca, di cui gli USA ritenevano avere l'esclusiva dopo lo storico sbarco di Armstrong e Aldrin sul satellite il 20 luglio del 1969, e che per questo motivo avevano immediatamente fatto pressioni sul governo italiano, succube e servile come sempre. Per compiere la missione Kevin/Gavino deve fare una full immersion di sardità per potersi infiltrare, non notato, nell'ambiente isolano e risalire all'identità di chi, carte alla mano, dimostra di avere a tempo debito rivendicato un diritto di usucapione sulla Luna, e incaricato di addestrarlo è Badore, un sardo riparato in Continente a fare l'artiere ippico dopo una disavventura occorsagli sull'Isola, interpretato da un superbo Benito Urgu, che anche ne L'arbitro aveva interpretato l'allenatore, in quell'occasione di calcio, benché cieco. Qui invece si cura della preparazione del giovane rinnegato fino a fargli recuperate tutte le stigmate del vero sardo "balente": lo spasso è assicurato. Il film, che si avvale del contributo di Lucia Alberti e Geppi Cucciari alla sceneggiatura, che accentua il lato comico di questa commedia assurda, gioca sugli stereotipi che colpiscono i sardi che, a dispetto della loro asserita permalosità, dimostrano di sapere non soltanto ridere di sé stessi, autorappresentandosi, ma di ribaltarli; ma non lo fa, come ha spiegato lo stesso regista che mercoledì ha presentato il film assieme a Cullin al Centrale di Udine e poi al CinemaZero di Pordenone, alla maniera tipica della commedia all'italiana in cui comico e tragico viaggiano sullo stesso binario, ma con una brusca alternanza di toni di ispirazione shakespeariana, per cui alla farsa più sguaiata segue, all'improvviso e inaspettata, una parte drammatica che crea un corto circuito e fa inevitabilmente riflettere. Non mancano nemmeno il lato poetico e quello politico, anche questo trattato in tono tra il giocoso e il sognante, né i richiami simbolici e le metafore. Forse meno visionario e più "leggero" de L'Arbitro, alla fine anche L'uomo che comprò la Luna non è soltanto una dichiarazione d'amore del regista alla sua Sardegna (dove l'accoglienza del film è stata trionfale: una volta sbarcato sul continente, una decina di giorni fa, come media spettatori/copie per sala ha superato perfino Avengers grazie al passaparola e sta avendo l'inaspettato ma meritato successo anche nei festival esteri a cui si è presentato) ma anche la rivendicazione dell'identità culturale e del forte carattere di una terra ingiustamente bistrattata quanto orgogliosa e bellissima, abitata da un popolo fiero, forte, onesto e determinato. Aiutano anche la fotografia, eccellente, e l'ambientazione. Ne raccomando caldamente la visione: meritano: il film, i sardi e la Sardegna.
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