"Elvis & Nixon di Liza Johnson. Con Michael Shannon, Kevin Spacey, Colin Hanks, Johnny Knoxville, Evan Peters, Alex Pettyfer, Sky Ferreira, Suzan Stadner e altri. USA 2016 ★★★★+
Un'autentica chicca, questo breve ma intenso ed esilarante film che prende spunto da una visita di Elvis Presley alla Casa Bianca, presidente Richard Nixon, realmente avvenuta nel dicembre del 1970 e documentata soltanto da una foto (peraltro la più richiesta agli US National Archives) immaginandone retroscena e svolgimento nello Studio Ovale. The King, ai tempi trentacinquenne e in una fase di transizione da mito assoluto, soppiantato da una più giovane e per di più prevalentemente britannica e progressista generazione di rocker, all'imbolsito fenomeno da circo che sarebbe tristemente diventato da lì alla sua morte sette anni dopo, vede il suo amato Paese sotto la stessa minaccia, tra hippies, Black Panthers, radicali e contestatori della guerra in Vietnam, e crede che sia giunto il momento di mettere il suo carisma al servizio della nazione proponendosi alla nomina come agente federale sotto copertura: in altri termini è alla caccia di un distintivo, e per ottenerlo chiede un incontro urgente al presidente Nixon recandosi direttamente alla Casa Bianca assieme a Jerry Shilling, amico intimo e membro del suo staff: Nixon in un primo momento non ne vuole sapere, benché i suoi consiglieri gli suggeriscano di accettare, ritenendo che un incontro con l'idolo di milioni di americani possa rialzare la sua popolarità, decisamente in ribasso dopo due anni di mandato, specie tra i giovani, però cede di fronte alle pressioni della figlia prediletta, Julie, fan di Elvis, e accetta concedergli l'investitura in cambio di una foto (quella di cui sopra) e di un autografo per la ragazza. E' una pellicola di fantasia, di pura invenzione, in cui nemmeno gli interpreti assomigliano fisicamente ai personaggi reali, ma li rendono con una profondità ed immedesimazione tale da renderli perfino più plausibili di quelli ritratti in qull'unica foto ricodo in bianco e nero, sola testimonianza dell'incontro di due uomini-simbolo degli USA in un momento di cambiamenti a cui entrambi non riescono a stare dietro; un divertissement intelligente per la brava regista ma anche per gli attori: sulla bravura di Kevin Spacey, ormai così immedesimato nel ruolo presidenziale, dopo le formidabili prestazioni in House of Cards, da essere un candidato più credibile e affidabile di quelli attuali in carne e ossa, c'è poco da aggiungere: è più Nixon di Nixon stesso; da sottolineare la magnifica prova di Michael Shannon, che ho trovato sorprendente per la sensibilità con cui ha saputo rendere un personaggio contraddittorio, confuso, cosciente della sua dimensione di mito distaccato dalla realtà ma al contempo legato alle sue umili origini di uomo del Sud, come dimostra il fatto di essersi sempre circondato dalla Memphis Mafia, composta da suoi amici di gioventù. Un film sorprendente, acuto, capace di catturare e riproporre lo "spirito del tempo" e dei suoi protagonisti: immagino però che questo valga per chi abbia vissuto quei tempi, o ne abbia memoria mentre per chi ne ha solo sentito parlare il valore è più o meno quello di un reperto archeologico. Prezioso, però, e non solo per i suoi esiti musicali (di Elvis, per motivi di autorizzazioni mancate, non c'è traccia: paradossalmente l'epoca dei Fifthies viene espressa da storici brani blues e gospel, pressoché tutti di autori e interpreti afroaemericani: del resto anche il Rock & Roll, così "bianco" nella versione di Elvis, aveva e ha un cuore nero, quello che Presley faceva fatica ad ammettere.
Un'autentica chicca, questo breve ma intenso ed esilarante film che prende spunto da una visita di Elvis Presley alla Casa Bianca, presidente Richard Nixon, realmente avvenuta nel dicembre del 1970 e documentata soltanto da una foto (peraltro la più richiesta agli US National Archives) immaginandone retroscena e svolgimento nello Studio Ovale. The King, ai tempi trentacinquenne e in una fase di transizione da mito assoluto, soppiantato da una più giovane e per di più prevalentemente britannica e progressista generazione di rocker, all'imbolsito fenomeno da circo che sarebbe tristemente diventato da lì alla sua morte sette anni dopo, vede il suo amato Paese sotto la stessa minaccia, tra hippies, Black Panthers, radicali e contestatori della guerra in Vietnam, e crede che sia giunto il momento di mettere il suo carisma al servizio della nazione proponendosi alla nomina come agente federale sotto copertura: in altri termini è alla caccia di un distintivo, e per ottenerlo chiede un incontro urgente al presidente Nixon recandosi direttamente alla Casa Bianca assieme a Jerry Shilling, amico intimo e membro del suo staff: Nixon in un primo momento non ne vuole sapere, benché i suoi consiglieri gli suggeriscano di accettare, ritenendo che un incontro con l'idolo di milioni di americani possa rialzare la sua popolarità, decisamente in ribasso dopo due anni di mandato, specie tra i giovani, però cede di fronte alle pressioni della figlia prediletta, Julie, fan di Elvis, e accetta concedergli l'investitura in cambio di una foto (quella di cui sopra) e di un autografo per la ragazza. E' una pellicola di fantasia, di pura invenzione, in cui nemmeno gli interpreti assomigliano fisicamente ai personaggi reali, ma li rendono con una profondità ed immedesimazione tale da renderli perfino più plausibili di quelli ritratti in qull'unica foto ricodo in bianco e nero, sola testimonianza dell'incontro di due uomini-simbolo degli USA in un momento di cambiamenti a cui entrambi non riescono a stare dietro; un divertissement intelligente per la brava regista ma anche per gli attori: sulla bravura di Kevin Spacey, ormai così immedesimato nel ruolo presidenziale, dopo le formidabili prestazioni in House of Cards, da essere un candidato più credibile e affidabile di quelli attuali in carne e ossa, c'è poco da aggiungere: è più Nixon di Nixon stesso; da sottolineare la magnifica prova di Michael Shannon, che ho trovato sorprendente per la sensibilità con cui ha saputo rendere un personaggio contraddittorio, confuso, cosciente della sua dimensione di mito distaccato dalla realtà ma al contempo legato alle sue umili origini di uomo del Sud, come dimostra il fatto di essersi sempre circondato dalla Memphis Mafia, composta da suoi amici di gioventù. Un film sorprendente, acuto, capace di catturare e riproporre lo "spirito del tempo" e dei suoi protagonisti: immagino però che questo valga per chi abbia vissuto quei tempi, o ne abbia memoria mentre per chi ne ha solo sentito parlare il valore è più o meno quello di un reperto archeologico. Prezioso, però, e non solo per i suoi esiti musicali (di Elvis, per motivi di autorizzazioni mancate, non c'è traccia: paradossalmente l'epoca dei Fifthies viene espressa da storici brani blues e gospel, pressoché tutti di autori e interpreti afroaemericani: del resto anche il Rock & Roll, così "bianco" nella versione di Elvis, aveva e ha un cuore nero, quello che Presley faceva fatica ad ammettere.
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