"Un padre, una figlia" (Bacalaureat) di Cristian Mungiu. Con Adrian Titieni, Maria Victoria Dragus, Lia Bugnar, Malina Manovici, Vlad Ivanov, Rares Andrici, Petre Ciubotaru. Romania, Francia, Belgio 2016 ★★★★+
Altro successo per il regista rumeno, premiato per questo suo più recente lavoro con la Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes, e ancora una volta, oltre a raccontare attraverso piccole storie emblematiche la realtà del suo Paese, al centro del suo film sono le conseguenze di una scelta, e anche delle non-scelte: una scelta, a ben vedere, anche questa. Si tratta di quelle di Romeo, un medico di mezza età in una cittadina della Transilvania che, rientrato in patria assieme alla moglie Magda dopo la caduta del regime comunista con la convinzione di poter cambiare il Paese, si è adeguato man mano alla situazione e a una vita il più possibile onesta in un contesto corrotto come e più di prima, cercando di trasmettere i propri principi all'amata figlia Eliza, e riversando su di essa le proprie speranze deluse. La ragazza ha appena compiuto i 18 ed è una studentessa modello che ha già vinto una borsa di studio per un'università inglese: manca solo la formalità dell'esame di maturità, da superare con la media del 9. Non un problema, per Eliza, salvo che il giorno prima dell'esame viene aggredita vicino a scuola e le viene ingessato un braccio, il che potrebbe costituire un impedimento per la prova scritta. Il padre fa di tutto per evitarle intoppi e consentirle di superare comunque la prova, cedendo per una volta anche a dei compromessi, ma dovrà fare i conti con sé stesso oltre che con dei giudici che stanno svolgendo delle indagini proprio sul personaggio che aveva in qualche modo agevolato in cambio di un "occhio di riguardo": nel giro di pochi giorni, in un'atmosfera di tensione crescente tipica di un thriller, la vita di Romeo cambia senso e la situazione si evolve in modo tale da costringerlo ad affrontare anche una serie di altre ambiguità di cui è fatta la sua esistenza, al di là delle buone intenzioni, a cominciare dal rapporto con la moglie Magda, inesistente al di là di una finzione di famiglia per amore della figlia, e da quello con Sandra, l'amante che è anche un'insegnante al liceo frequentato da Elisa, ma centrale è proprio quello con la figlia, indagato da Mongiu con grande delicatezza e credibilità: fino a che punto può un padre influenzare, fosse anche per le migliori ragioni, le scelte di una figlia maggiorenne? Il regista, al solito, non giudica le persone, le cui ragioni sono complesse e dettate da una miriade di varianti, ma parla chiaro rispetto alla Romania e alla "falsa rivoluzione" del 1989, in realtà un autogolpe da parte dei componenti della cricca al potere dal Dopoguerra che, eliminando fisicamente Ceausescu e la moglie, fatti passare come unici responsabili delle nefandezze del regime, si sono di fatto riciclati perpetuando il loro potere di fatto: questa la triste realtà che il bene intenzionato medico voleva evitare alla figlia, salvo farsi coinvolgere anche lui proprio nelle camarille che aveva sempre evitato. Un bel film, scritto come si deve, ben girato e interpretato da tutto il cast con menzione speciale per Adrian Titieni, meno pesante di quel che si possa temere anche se non certo allegro e piacevole, e Mongiu ormai una certezza.
Altro successo per il regista rumeno, premiato per questo suo più recente lavoro con la Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes, e ancora una volta, oltre a raccontare attraverso piccole storie emblematiche la realtà del suo Paese, al centro del suo film sono le conseguenze di una scelta, e anche delle non-scelte: una scelta, a ben vedere, anche questa. Si tratta di quelle di Romeo, un medico di mezza età in una cittadina della Transilvania che, rientrato in patria assieme alla moglie Magda dopo la caduta del regime comunista con la convinzione di poter cambiare il Paese, si è adeguato man mano alla situazione e a una vita il più possibile onesta in un contesto corrotto come e più di prima, cercando di trasmettere i propri principi all'amata figlia Eliza, e riversando su di essa le proprie speranze deluse. La ragazza ha appena compiuto i 18 ed è una studentessa modello che ha già vinto una borsa di studio per un'università inglese: manca solo la formalità dell'esame di maturità, da superare con la media del 9. Non un problema, per Eliza, salvo che il giorno prima dell'esame viene aggredita vicino a scuola e le viene ingessato un braccio, il che potrebbe costituire un impedimento per la prova scritta. Il padre fa di tutto per evitarle intoppi e consentirle di superare comunque la prova, cedendo per una volta anche a dei compromessi, ma dovrà fare i conti con sé stesso oltre che con dei giudici che stanno svolgendo delle indagini proprio sul personaggio che aveva in qualche modo agevolato in cambio di un "occhio di riguardo": nel giro di pochi giorni, in un'atmosfera di tensione crescente tipica di un thriller, la vita di Romeo cambia senso e la situazione si evolve in modo tale da costringerlo ad affrontare anche una serie di altre ambiguità di cui è fatta la sua esistenza, al di là delle buone intenzioni, a cominciare dal rapporto con la moglie Magda, inesistente al di là di una finzione di famiglia per amore della figlia, e da quello con Sandra, l'amante che è anche un'insegnante al liceo frequentato da Elisa, ma centrale è proprio quello con la figlia, indagato da Mongiu con grande delicatezza e credibilità: fino a che punto può un padre influenzare, fosse anche per le migliori ragioni, le scelte di una figlia maggiorenne? Il regista, al solito, non giudica le persone, le cui ragioni sono complesse e dettate da una miriade di varianti, ma parla chiaro rispetto alla Romania e alla "falsa rivoluzione" del 1989, in realtà un autogolpe da parte dei componenti della cricca al potere dal Dopoguerra che, eliminando fisicamente Ceausescu e la moglie, fatti passare come unici responsabili delle nefandezze del regime, si sono di fatto riciclati perpetuando il loro potere di fatto: questa la triste realtà che il bene intenzionato medico voleva evitare alla figlia, salvo farsi coinvolgere anche lui proprio nelle camarille che aveva sempre evitato. Un bel film, scritto come si deve, ben girato e interpretato da tutto il cast con menzione speciale per Adrian Titieni, meno pesante di quel che si possa temere anche se non certo allegro e piacevole, e Mongiu ormai una certezza.
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