"Molière in bicicletta" (Alceste à bicyclette) di Philippe Le Guay. Con Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa, Laurie Bardesoules, Stephane Wojtowicz, Camille Japy, Anne Mercier e altri. Francia 2013 ★★★¾
Tutto secondo le previsioni: da un'idea di Fabrice Luchini, uno dei migliori attori europei, la sceneggiatura di Le Guay ("Le donne del sesto piano"), un cast all'altezza e un'ambientazione adeguata (L'Île d Ré,sulla costa atlantica, al largo di La Rochelle), non poteva che nascere una commedia intelligente, frizzante, divertente e alo stesso tempo amarognola, che utilizza un classico come "Il misantropo" di Molière per parlare non soltanto di teatro, della vanità e fragilità degli attori, della vacuità del successo ma anche di amicizia, sentimenti, tradimenti, realtà: perché il teatro è vita, anche quando è trasposto cinematograficamente, come dimostra del resto anche la "Venere in pelliccia" di Roman Polanski, cui questo "Molière in bicicletta" inevitabilmente rimanda, pur essendo più "facile", e però mai banale. Gauthier, un vanesio attore televisivo che deve la sua notorietà al personaggio di una serie "medical", e che per riscattarsi professionalmente intende mettere in scena "Il misantropo", va a stanare Serge, ritiratosi da anni sull'isola, disgustato dall'ambiente, per coinvolgerlo nell'impresa. Questi, un misantropo autentico, ne è lusingato ma si lascia desiderare e costringe Gauthier a una settimana di prove sul testo, alternandosi le parti di Alceste e Filinto, in un duetto che renderebbe al massimo se goduto nella versione originale ma che conserva un suo perché anche doppiato in italiano. A complicare le cose, ingarbugliando un'amicizia che sta riprendendo slancio e inceppando sia il rinato entusiasmo di Serge sia l'esordio teatrale di Gauthier nella parte a lui non consona di Alceste, la comparsa di Francesca (Maya Sansa), un'italiana brusca e complicata, appena reduce da un divorzio, dietro alla quale si intravede la Celimene dell'originale di Molière. Campione di incassi e di pubblico in patria, in Italia lo è Checco Zalone: con tutto il rispetto, è la differenza che passa tra lo stato, comatoso, del cinema - e del pubblico - nostrano e quello francese. Triste ma vero. E per quanto "Molière in bicicletta" sia un ottimo film, non siamo, né pretendeva di esserlo, alle vette assolute del cinema d'Oltralpe.
Tutto secondo le previsioni: da un'idea di Fabrice Luchini, uno dei migliori attori europei, la sceneggiatura di Le Guay ("Le donne del sesto piano"), un cast all'altezza e un'ambientazione adeguata (L'Île d Ré,sulla costa atlantica, al largo di La Rochelle), non poteva che nascere una commedia intelligente, frizzante, divertente e alo stesso tempo amarognola, che utilizza un classico come "Il misantropo" di Molière per parlare non soltanto di teatro, della vanità e fragilità degli attori, della vacuità del successo ma anche di amicizia, sentimenti, tradimenti, realtà: perché il teatro è vita, anche quando è trasposto cinematograficamente, come dimostra del resto anche la "Venere in pelliccia" di Roman Polanski, cui questo "Molière in bicicletta" inevitabilmente rimanda, pur essendo più "facile", e però mai banale. Gauthier, un vanesio attore televisivo che deve la sua notorietà al personaggio di una serie "medical", e che per riscattarsi professionalmente intende mettere in scena "Il misantropo", va a stanare Serge, ritiratosi da anni sull'isola, disgustato dall'ambiente, per coinvolgerlo nell'impresa. Questi, un misantropo autentico, ne è lusingato ma si lascia desiderare e costringe Gauthier a una settimana di prove sul testo, alternandosi le parti di Alceste e Filinto, in un duetto che renderebbe al massimo se goduto nella versione originale ma che conserva un suo perché anche doppiato in italiano. A complicare le cose, ingarbugliando un'amicizia che sta riprendendo slancio e inceppando sia il rinato entusiasmo di Serge sia l'esordio teatrale di Gauthier nella parte a lui non consona di Alceste, la comparsa di Francesca (Maya Sansa), un'italiana brusca e complicata, appena reduce da un divorzio, dietro alla quale si intravede la Celimene dell'originale di Molière. Campione di incassi e di pubblico in patria, in Italia lo è Checco Zalone: con tutto il rispetto, è la differenza che passa tra lo stato, comatoso, del cinema - e del pubblico - nostrano e quello francese. Triste ma vero. E per quanto "Molière in bicicletta" sia un ottimo film, non siamo, né pretendeva di esserlo, alle vette assolute del cinema d'Oltralpe.
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