"Miss Violence" di Alexandros Avranas. Con Themis Panou, Eleni Roussinou, Rena Pittaki, Sissi Toumasi, Kalliopi Zontanou, Constantinos Athanasiades, Chloe Bolota e altri. Grecia 2013 ★★★★
E' fuori di dubbio che una giuria meno accomodante con il familismo italiota di quella presieduta da Sua Eminenza Bernardo Bertolucci, altra icona sbiadita del progressismo e "laicismo" cinematografato nazionale, avrebbe assegnato il Leone d'Oro all'ultima rassegna veneziana a questo film o, ancora meglio, a Via Castellana Bandiera di Emma Dante, e invece quest'ottima seconda pellicola del giovane greco Alexandros Avranas ha dovuto accontentarsi del Leone d'Argento e l'eccellente Themis Panou del premio come migliore attore: a entrambi il film, gli unici che avesser qualcosa da dire del decaduto festival lagunare, è stato preferito l'insulso e pretenzioso finto documentario Sacro GRA. Atene, interno giorno in un appartamento piccolo borghese decoroso, asettico, adornato di agghiaccianti quadri tratti da puzzle che rappresentano paesaggi alpini: in salotto, con tanti di cappellini, cotillons e torta, la famiglia sta festeggiando il genetliaco della undicenne Angeliki che, mentre i parenti sono distratti, con fredda determinazione, scavalca il parapetto e si precipita nel vuoto. Il tutto senza motivazioni apparenti, le quelli emergono però man mano col procedere della pellicola. La famiglia ha infatti delle reazioni sconcertanti e, sotto a direzione del "capo", il nonno, un personaggio all'apparenza mite e irreprensibile, improntate alla rimozione dell'accaduto, a cominciare dai vestiti e dagli oggetti appartenuti ad Angeliki, in nome della normalità. Sono perplessi gli insegnanti della scuola, e ancora di più i funzionari dei servizi sociali che affiancano la polizia nelle indagini di rito, i quali tengono d'occhio la situazione e cercano di capire cosa c'è sotto. La normalità, appunto, di una famiglia malata dove dietro a un'apparenza di pulizia, perbenismo, ordine si nascondono vicende inconfessabili, violenze, forse incesti, comportamenti aberranti e colpevole complicità delle vittime, i cui ruoli si riescono a capire solo col procedere della pellicola, e nemmeno del tutto perché in fondo è di secondaria importanza definirli, in un universo chiuso fatto di squallore, morbosità, reticenza: Angeliki si uccide quando Myrto, la quattordicenne figlia del nonno e sua zia, le rivela le consuetudini di famiglia e dunque l'avvenire che l'aspetta. Tutto questo verminaio viene fatto emergere senza che occorrano spiegazioni, e alcuna scena truculenta, solo attraverso le immagini, le espressioni e soprattutto i silenzi (la figlia maggiore Heleni, madre di Angeliki e di due suoi fratelli e nuovamente incinta di ignoto padre - forse il nonno - è emblematica): per questo servono un regista di alto livello, e Avranas, sulla scie di Heineke e Seidl lo è; e degli interpreti in gamba e tutto il cast, adolescenti bravissimi a parte, di estrazione teatrale, lo è anch'esso. Themis Panou, poi, è un mostro di bravura, almeno quanto mostruoso è il personaggio che interpreta nel film: scomodo, e per questo fastidioso e perturbante in un Paese fondato sul mammismo.
E' fuori di dubbio che una giuria meno accomodante con il familismo italiota di quella presieduta da Sua Eminenza Bernardo Bertolucci, altra icona sbiadita del progressismo e "laicismo" cinematografato nazionale, avrebbe assegnato il Leone d'Oro all'ultima rassegna veneziana a questo film o, ancora meglio, a Via Castellana Bandiera di Emma Dante, e invece quest'ottima seconda pellicola del giovane greco Alexandros Avranas ha dovuto accontentarsi del Leone d'Argento e l'eccellente Themis Panou del premio come migliore attore: a entrambi il film, gli unici che avesser qualcosa da dire del decaduto festival lagunare, è stato preferito l'insulso e pretenzioso finto documentario Sacro GRA. Atene, interno giorno in un appartamento piccolo borghese decoroso, asettico, adornato di agghiaccianti quadri tratti da puzzle che rappresentano paesaggi alpini: in salotto, con tanti di cappellini, cotillons e torta, la famiglia sta festeggiando il genetliaco della undicenne Angeliki che, mentre i parenti sono distratti, con fredda determinazione, scavalca il parapetto e si precipita nel vuoto. Il tutto senza motivazioni apparenti, le quelli emergono però man mano col procedere della pellicola. La famiglia ha infatti delle reazioni sconcertanti e, sotto a direzione del "capo", il nonno, un personaggio all'apparenza mite e irreprensibile, improntate alla rimozione dell'accaduto, a cominciare dai vestiti e dagli oggetti appartenuti ad Angeliki, in nome della normalità. Sono perplessi gli insegnanti della scuola, e ancora di più i funzionari dei servizi sociali che affiancano la polizia nelle indagini di rito, i quali tengono d'occhio la situazione e cercano di capire cosa c'è sotto. La normalità, appunto, di una famiglia malata dove dietro a un'apparenza di pulizia, perbenismo, ordine si nascondono vicende inconfessabili, violenze, forse incesti, comportamenti aberranti e colpevole complicità delle vittime, i cui ruoli si riescono a capire solo col procedere della pellicola, e nemmeno del tutto perché in fondo è di secondaria importanza definirli, in un universo chiuso fatto di squallore, morbosità, reticenza: Angeliki si uccide quando Myrto, la quattordicenne figlia del nonno e sua zia, le rivela le consuetudini di famiglia e dunque l'avvenire che l'aspetta. Tutto questo verminaio viene fatto emergere senza che occorrano spiegazioni, e alcuna scena truculenta, solo attraverso le immagini, le espressioni e soprattutto i silenzi (la figlia maggiore Heleni, madre di Angeliki e di due suoi fratelli e nuovamente incinta di ignoto padre - forse il nonno - è emblematica): per questo servono un regista di alto livello, e Avranas, sulla scie di Heineke e Seidl lo è; e degli interpreti in gamba e tutto il cast, adolescenti bravissimi a parte, di estrazione teatrale, lo è anch'esso. Themis Panou, poi, è un mostro di bravura, almeno quanto mostruoso è il personaggio che interpreta nel film: scomodo, e per questo fastidioso e perturbante in un Paese fondato sul mammismo.
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