Aspettando Godot di Samuel Beckett. Regia di Jurij Ferrini, traduzione di Carlo Fruttero. Con Natalino Balasso, Jurij Ferrini, Angelo Tronca, Michele Schiano di Cola. Scenografia di Samuel Beckett; costumi di Michela Pagano. Produzione U.R.T.-Teatria. Ultimo spettacolo al Teatro Elfo/Puccini di Milano oggi pomeriggio alle 16, prossimamente alcune date nel Triveneto e tra fine gennaio e inizio febbraio a Torino, tournée in via di definizione
Che la coppia Balasso-Ferrini funzionasse perfettamente lo si era visto nell'allestimento de "I rusteghi" di Gabriele Vacis per il CRT di Torino portato un tournée con grande successo due stagioni fa, tanto da indurre i due attori a continuare la loro collaborazione sul registro comico-assurdo che li vede sempre più affiatati portando in scena il capolavoro di Beckett, per la regia dello stesso Jurij Ferrini. Scenografia senza fronzoli, secondo le indicazioni dello stesso drammaturgo irlandese, con un solo, scarno albero lungo un sentiero di campagna sotto il quale si ritrovano ogni giorno, verso il tramonto, Didi e Gogo, ossia Vladimiro ed Estragone, i due clochard-clown in perenne attesa dell'arrivo del fantomatico Godot, con cui hanno preso un appuntamento delle cui cause hanno ormai perso memoria, come pure dell'identità stessa del personaggio, e per ammazzare il tempo intrecciano un duello dialettico fatto di dialoghi tanto surreali quanto esilaranti. Uniche variazioni sul tema, le apparizioni, altrettanto puntuali, di Pozzo e Lucky, un padrone che tiene a guinzaglio il suo servo tiranneggiandolo senza pietà, diretti a una meta altrettanto imprecisata, e un ragazzo che, al termine di ogni giornata, viene ad annunciare che, per questa volta, Godot non potrà venire ma che l'indomani, senz'altro, giungerà all'appuntamento. Allestimento fedele all'originale, due attori bene assortiti ed entusiasti supportati da altri due all'altezza per un classico moderno sulla circolarità e l'insensatezza dell'esistenza umana, e sulla perseverante coltivazione dell'arte dell'attesa di un futuro che si ritiene, chissà perché, migliore del presente: si esce dallo spettacolo più leggeri e con la confortante consapevolezza di non essere soli in questa gabbia di matti che è il mondo.
Che la coppia Balasso-Ferrini funzionasse perfettamente lo si era visto nell'allestimento de "I rusteghi" di Gabriele Vacis per il CRT di Torino portato un tournée con grande successo due stagioni fa, tanto da indurre i due attori a continuare la loro collaborazione sul registro comico-assurdo che li vede sempre più affiatati portando in scena il capolavoro di Beckett, per la regia dello stesso Jurij Ferrini. Scenografia senza fronzoli, secondo le indicazioni dello stesso drammaturgo irlandese, con un solo, scarno albero lungo un sentiero di campagna sotto il quale si ritrovano ogni giorno, verso il tramonto, Didi e Gogo, ossia Vladimiro ed Estragone, i due clochard-clown in perenne attesa dell'arrivo del fantomatico Godot, con cui hanno preso un appuntamento delle cui cause hanno ormai perso memoria, come pure dell'identità stessa del personaggio, e per ammazzare il tempo intrecciano un duello dialettico fatto di dialoghi tanto surreali quanto esilaranti. Uniche variazioni sul tema, le apparizioni, altrettanto puntuali, di Pozzo e Lucky, un padrone che tiene a guinzaglio il suo servo tiranneggiandolo senza pietà, diretti a una meta altrettanto imprecisata, e un ragazzo che, al termine di ogni giornata, viene ad annunciare che, per questa volta, Godot non potrà venire ma che l'indomani, senz'altro, giungerà all'appuntamento. Allestimento fedele all'originale, due attori bene assortiti ed entusiasti supportati da altri due all'altezza per un classico moderno sulla circolarità e l'insensatezza dell'esistenza umana, e sulla perseverante coltivazione dell'arte dell'attesa di un futuro che si ritiene, chissà perché, migliore del presente: si esce dallo spettacolo più leggeri e con la confortante consapevolezza di non essere soli in questa gabbia di matti che è il mondo.
Nessun commento:
Posta un commento