sabato 15 settembre 2012

Pietà

"Pietà" (Pieta)  di Kim Ki-Duk. Con Lee Jung-Jin, Jo Min-Su. Corea del sud, 2012 
Nomen omen, verrebbe voglia di dire, se non fosse per la bravura degli interpreti questa osannata pellicola a mio parere è prossima al livello di "vaccata invereconda".  Un film che fa pietà, quello che ha vinto il "Leone d'Oro" alla 69ª edizione del Festival di Venezia appena concluso. Torbido, malsano, morboso, frutto delle turbe mentali del regista, delle cui origini ci si può facilmente fare un'idea nell'arco dell'ora e tre quarti che dura la proiezione. Keng-do opera nel settore "recupero crediti" di uno strozzino in un degradato quartiere di piccole officine meccaniche in una grande e squallida città coreana. Lo fa da vero malvagio, azzoppando e mutilando chi non può pagare interessi del 1000% in tre mesi per intascarne il danaro dall'assicurazione contro gli infortuni. La madre di uno di questi disgraziati che, disperato, si è impiccato si vendica, appalesandosi a questo grandissimo figlio di puttana come la madre che non ha mai avuto. Facendogli sentire il calore di una famiglia che gli è sempre mancato lo rende affettivamente dipendente redimendolo ma a questo punto scatta la trappola e si uccide. Fine del film, tra alti lai, lacrime, sporcizia. Morale: 1) l'amore della mamma è più forte di ogni cosa e rimedia tutto (detto altrimenti: la mamma è sempre una santa, anzi: una Madonna: chi nasce senza rischia di diventare, per l'appunto, un figlio di puttana); 2) ogni scarrafone è bello a mamma sua; 3) il denaro è lo sterco del diavolo. Si sa che il regista ha avuto problemi psichici di varia natura: spiacenti per lui, ma non si vede perché, oltre produrgli delle pellicole, permettendogli di rendere di dominio pubblico le proprie tare mentali, occorra anche premiarlo a conclusione di quello che un tempo era il più prestigioso festival del cinema italiano. Viene in mente un altro film di merda visto nella stagione scorsa e tanto osannato: "La guerra è dichiarata". Questo non è altrettanto inguardabile, ma ci andiamo vicino. L'unica stellina "al merito" che assegno è dovuta alla bravura degli interpreti, con una Jo Min-Su da Oscar. Per il resto penoso, malsano e incestuoso.

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