"La faida" (The Forgiveness of Blood) di Joshua Marston. Con Tristan Halilaj, Sindi Laçei, Refet Abazi, Cun Lajçi, llire Vinca Cilai, Zana Hasaj. USA, Albania, Italia, Danimarca 2011 ★★★★
A sette anni del grande successo ottenuto con "Maria Full of Grace" torna in pista il regista californiano Joshua Marston e lo fa con un bel film che è albanese per la ambientazione, storia e interpreti, uno più bravo dell'altro. In un paesino di campagna nel Nord-Ovest dell'Albania, vicino a Scutari, per una questione di diritti di passaggio su una proprietà gli uomini di due famiglie confinanti vengono a conflitto e ci scappa il morto. Il padre di Nik, all'ultimo anno di superiori e che progetta ddi aprire un internet café, scappa, mentre lo zio finisce in galera. Secondo il "kanun", le legge non scritta in vigore dal medioevo (in Italia quello che si chiama "codice d'onore"), la famiglia rivale ha diritto ad uccidere un giglio maschio, per cui Nik e il fratello minore finiscono blindati in casa e l'attività di famiglia, consistente nella vendita di pane e altre derrate porta a porta per mezzo di un carretto trainato dal fedele cavallo Krizman, viene presa in mano dalla diligente e matura Rudina, quindicenne studentessa che sogna di fare l'università, mentre la madre lavora già di suo in una fabbrica. Oltre che concentrarsi sul tema, caro al regista sceneggiatore, dell'infanzia e della gioventù negata, il film rende in maniera estremamente efficace sia il momento di cambiamento che sta attraversando la tradizionale società albanese, con una gioventù pienamente connessa col mondo esterno e per nulla diversa da quella nostrana, sia l'eterno, e doveroso contrasto con la figura genitoriale che inevitabilmente, e giustamente, ne segna la crescita. La pellicola lo fa senza dare giudizi ma al contempo seguendo con affetto e partecipazione ciò che si muove nella testa e nelle viscere dei ragazzi, che troveranno il modo, anche se pieno di sofferenza, per uscire dalla trappola di regole ancestrali (ma che covano pur sempre nel sottofondo anche delle società "moderne", con la differenza che non riusciamo più a riconoscerle) ma anche di crescere. Lo farà Nik, dopo aver affrontato i maschi della famiglia rivale ed essersi offerto come vittima volontaria pur di uscire da una situazione claustrofibica e guadagnare la sua libertà, ottenendo una tregua di 24 ore, una sorta di salvacondotto temporale per andarsene per sempre dal paese sottraendosi così alla faida, e lo farà dopo un conciliabolo con la famiglia, padre compreso, e su incitamento di Rudina, il personaggio più vero e riuscito della pellicola. Un film che chiede e ottiene partecipazione e che ricambia con emozioni. Da vedere.
A sette anni del grande successo ottenuto con "Maria Full of Grace" torna in pista il regista californiano Joshua Marston e lo fa con un bel film che è albanese per la ambientazione, storia e interpreti, uno più bravo dell'altro. In un paesino di campagna nel Nord-Ovest dell'Albania, vicino a Scutari, per una questione di diritti di passaggio su una proprietà gli uomini di due famiglie confinanti vengono a conflitto e ci scappa il morto. Il padre di Nik, all'ultimo anno di superiori e che progetta ddi aprire un internet café, scappa, mentre lo zio finisce in galera. Secondo il "kanun", le legge non scritta in vigore dal medioevo (in Italia quello che si chiama "codice d'onore"), la famiglia rivale ha diritto ad uccidere un giglio maschio, per cui Nik e il fratello minore finiscono blindati in casa e l'attività di famiglia, consistente nella vendita di pane e altre derrate porta a porta per mezzo di un carretto trainato dal fedele cavallo Krizman, viene presa in mano dalla diligente e matura Rudina, quindicenne studentessa che sogna di fare l'università, mentre la madre lavora già di suo in una fabbrica. Oltre che concentrarsi sul tema, caro al regista sceneggiatore, dell'infanzia e della gioventù negata, il film rende in maniera estremamente efficace sia il momento di cambiamento che sta attraversando la tradizionale società albanese, con una gioventù pienamente connessa col mondo esterno e per nulla diversa da quella nostrana, sia l'eterno, e doveroso contrasto con la figura genitoriale che inevitabilmente, e giustamente, ne segna la crescita. La pellicola lo fa senza dare giudizi ma al contempo seguendo con affetto e partecipazione ciò che si muove nella testa e nelle viscere dei ragazzi, che troveranno il modo, anche se pieno di sofferenza, per uscire dalla trappola di regole ancestrali (ma che covano pur sempre nel sottofondo anche delle società "moderne", con la differenza che non riusciamo più a riconoscerle) ma anche di crescere. Lo farà Nik, dopo aver affrontato i maschi della famiglia rivale ed essersi offerto come vittima volontaria pur di uscire da una situazione claustrofibica e guadagnare la sua libertà, ottenendo una tregua di 24 ore, una sorta di salvacondotto temporale per andarsene per sempre dal paese sottraendosi così alla faida, e lo farà dopo un conciliabolo con la famiglia, padre compreso, e su incitamento di Rudina, il personaggio più vero e riuscito della pellicola. Un film che chiede e ottiene partecipazione e che ricambia con emozioni. Da vedere.
Nessun commento:
Posta un commento